𝐒𝐭𝐨𝐜𝐤𝐡𝐨𝐥𝐦 𝐬𝐲𝐧𝐝𝐫𝐨𝐦𝐞 [ᴋɪᴍ ᴛᴀᴇʜʏᴜɴɢ]

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Y/N's POV

Ormai sono giorni che sono rinchiusa in questa stanza senza alcuna spiegazione. Il mio rapitore? Non ho idea di come sia fatto, se è un uomo sulla quarantina d'anni, se è alto o basso, se è magro o robusto. Non so nulla. Gli unici volti che conosco sono quelli di due ragazzi, uno dai capelli neri e uno biondo, che si alternano nel portarmi qualcosa da mangiare e bere, anche se in questa situazione di fame ne ho poca, non riesco nemmeno più a piangere a causa delle lacrime versate i primi giorni rinchiusa qui dentro.

Qualcuno bussa alla porta. Come al solito sarà uno dei due ragazzi.

«Che bussi a fare se le chiavi le avete comunque voi?» dico al ragazzo senza nemmeno guardarlo in faccia.

Lo sento avvicinarsi e appoggiare il piatto sul tavolo.

«Il capo ti vuole in forma per stasera.» mi annuncia il corvino.

«Stasera?» domando. Cosa succede stasera?

«Ti spiegherà tutto lui, adesso mangia e dopo indossa quel vestito.» e se ne va chiudendo di nuovo la porta a chiave.

L'ansia sale sempre di più, in primis perché sono all'oscuro di ciò che mi accadrà stasera e poi perché finalmente conoscerò colui che mi ha strappato dalla mia vita, dai miei amici, dalla mia famiglia. Gliela farò pagare. Non riesco ad immaginare mio padre, preoccupato per la mia sorte e distrutto per la mia scomparsa. Mia madre nemmeno la ricordo. Mi hanno detto che ha lasciato me e mio padre dopo avermi fatta nascere.

Guardo fuori l'unica finestra di questa piccola stanza, ovviamente bloccata in modo da non farmi scappare e osservo il sole calare. Questa casa si trova davvero in mezzo al niente, nessuno riuscirebbe a trovarci. Astuto il signor rapitore. Se solo avessi il mio telefono avrei potuto contattare il mio migliore amico dato che ricordo il numero a memoria, ma anche quello mi è stato sequestrato e probabilmente avranno cancellato tutto.

La luce esterna scompare completamente e ciò vuol dire che presto guarderò negli occhi della mia rovina. Infatti, dopo poco, il ragazzo dai capelli chiari e molto alto viene a prendermi. Mi lascio trascinare in un'altra stanza senza fiatare, osservando bene il luogo. È una casa abbastanza grande, con molte stanze. Vengo portata nell'ultima e la porta è già semiaperta.

«Ti sta aspettando.» si posizionano alle mie spalle i due per evitare una mia eventuale fuga.

Faccio un passo avanti entrando nella stanza, mentre la porta si chiude. Credo sia la più spaziosa in questa struttura. I miei occhi percorrono i vari metri della camera fino a fermarsi sulla schiena di un uomo girato di spalle.

«Siediti.» parla.

Ha una voce molto profonda, ma non sembrerebbe essere un uomo sui 40 anni, anzi.

«Non prendo ordini da nessuno, soprattutto da uno come te.»

Come osa trattarmi in questo modo?

«Non credo tu abbia altre scelte.» detto ciò si gira.

Per un attimo spalanco gli occhi.
È un ragazzo, capelli scuri non troppo corti, occhi taglienti e labbra con una forma simile ad un cuore, vestito con un completo di giacca e cravatta. Avrà poco più di 20 anni.

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