capitolo 4

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I don't know what you been told
See I am not your enemy
Sulle prime note di "dead to me" esco dal garage della casa affittata e seguo il navigatore fino ad arrivare all'UCLA.
La mia testa è pesante, ho già preso il primo caffè della giornata; in quella tazzina ho riposto tutte le mie speranze, come se un caffè avrebbe mai potuto aiutarmi a risolvere quel caos che governava la mia vita.
"You're dead to me" canticchio nel mentre che aspetto che l'ultimo semaforo si faccia verde.
Mi sembra come se il tempo passasse più lentamente, questo è il risultato di tanto sonno e poca volontà.
Ieri sera non ho dormito molto, non avevo troppo sonno e risento ancora del jet-lag.
Vedo sullo schermo della macchina apparire una chiamata e noto il nome di mio padre.
La chiamata mi risveglia da quel breve stato di trance e dopo aver accelerato e continuato a raggiungere l'università, accetto la chiamata.
"Papà" dico io continuando a seguire la strada.
"Amore, ciao, non ti fai sentire da quando sei atterrata" mi dice.
"Si beh, sono stata occupata tra una cosa e l'altra, ora sto andando all'orientamento" dico girando a destra e ritrovandomi il grande parcheggio dell'UCLA.
"Bene, ne sono contento, vedrai che ti piacerà" percepisco il suo tono compiaciuto.
"Ne sono sicura" dico io ironica forse a voce troppo alta.
"Ne abbiamo parlato più volte Eva, a chi potrei lasciare tutto il mio lavoro se non a te?" dice questa volta più serio.
Sbuffo.
Nel frattempo spengo la macchina e rimango al suo interno, vedo l'orario e noto che sono in perfetto orario.
"Okay papà, comunque devo lasciarti perché sono già in ritardo" mento.
"Oh cara, vai non badare a me e se vedi il rettore Meyer salutamelo pure" dice lui attaccando poi.
Il rettore Meyer era un conoscente di papà, grazie a cui è venuto a sapere della facoltà e grazie a cui è nata la mia condanna.
Sbuffo di nuovo, mio padre non mi aveva neppure salutata.
Scendo dalla macchina e sbatto pesantemente la portiera, metto la borsa sulle spalle e guardo di fronte l'imponente edificio che da lì a qualche mese sarebbe diventato il mio incubo
peggiore.
Comincio a cercare l'entrata e tramite le varie indicazioni riesco facilmente a raggiungerla.
Tutt'intorno ci sono grandi spazi verdi ed il sole di oggi rende il tutto più bello. Sicuramente sulla struttura non potevo obiettare nulla.
Le porte scorrevoli si aprono di fronte a me e vedo dei ragazzi sparpagliati all'entrata; probabilmente come me erano qui per il corso.
Non riesco ad avere il tempo per pensare a qualcosa che subito un ragazzo spunta all'improvviso di fianco a me.
"Ciao, sei qui per l'orientamento?" mi chiede con un gran sorriso.
Ha dei capelli mori un po' lunghi che mettono in risalto i suoi occhi azzurrissimi.
Noto che indossa al collo un badge, sarà sicuramente parte dello stuff.
"Sì" rispondo sforzandomi di mostrare un sorriso.
Odio queste situazioni in cui la gente viene e comincia a parlarti, sono più una persona a cui piace stare nel suo mondo di tranquillità.
"Beh io sono Zack e vi assisterò in questo incontro, se dovessi avere bisogno di qualsiasi cosa potrai rivolgerti a me" continua a dire con un grande sorriso in volto.
Guardo un attimo dietro di lui per notare un grande orologio; mancano ancora trenta minuti all'inizio del corso e non ho minimamente voglia di andare dalle altre persone e presentarmi.
Mi viene allora un'idea in mente.
Ritorno subito a guardare verso di lui e faccio un piccolo sorriso, portandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro.
"In realtà avrei una domanda" comincio a dire moderando il mio tono rispetto a prima.
"Dimmi pure" disse deglutendo.
Bah, ragazzi.
È così facile manovrarli.
"Avresti una sigaretta per caso?" chiedo.
In realtà le ho anch'io, solo che in macchina e non ho voglia di percorrere di nuovo quel vialetto.
"Mh in realtà sì" mi risponde tirando fuori dalla tasca un pacchetto di sigarette.
"Mio dio grazie, sei un angelo" rispondo disgustata mentalmente delle mie stesse parole.
Lui mi sorride, noto di nuovo i suoi occhi chiarissimi e quel sorriso che non ha smesso di rimanere sul suo viso.
Probabilmente sarà una brava persona, potevo anche non prenderlo in giro.
È difficile per me però presentarmi per quello che sono realmente e non come una scorbutica che al massimo ti sfrutta per una sigaretta.
"Di niente" mi dice.
Si guarda un momento in giro, per poi ritornare con lo sguardo su di me.
"Posso unirmi a te e farti compagnia?" mi chiede.
Il mio cuore perde un battito, è da tanto in realtà che non ho l'opportunità di parlare da sola con un ragazzo dato l'isolamento in cui mi sono messa messa io stessa ormai da anni.
Mi servono dei secondi per cercare di elaborare una risposta e vedo lui corrucciare le sopracciglia.
"Mi hai sentito?" mi chiede lui.
"Ehm si, scusami mi è venuta in mente un'altra cosa; comunque sì, mi farebbe piacere" dico.
Wow, allora non mi ero dimenticata come si faceva ad essere gentili con l'altro.
Lui mi rivolge un sorriso veloce e poi si volta, andando verso le porte scorrevoli e io comincio a seguirlo.

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