Pioveva così tanto da rendere difficile vedere attraverso quello spesso velo di gocce. I palazzi si stagliavano come stalagmiti luminose nel cielo di Tokyo, rischiarando il buio della notte e mettendo in risalto gli angoli nascosti della città. Le strade erano trafficate nonostante l'ora tarda, file di veicoli procedevano a passo d'uomo, i rumori dei clacson e la cacofonia di voci umane riempiva l'aria come il più monotono dei sottofondi musicali. Le persone che passavano per le vie erano indistinte, senza volto, come ombre proiettate su un muro.
Tutto sembrava confondersi in un'unica, gigantesca, massa di luci e tenebre, da cui era difficile distinguere cosa fosse vivo, cosa non lo fosse e cosa invece stesse per divenire l'uno o l'altro.
Una figura scura camminava placida e tranquilla. Un'ombra in mezzo ad altre ombre. L'unica differenza era che quella particolare tenebra aveva uno scopo ben più importante che confondersi.
Svoltò fra gli intricati viali di Tokyo, alzando raramente la testa e non incrociando mai lo sguardo di nessuno. Appariva quasi come una pantera, rilassata e sinuosa, pronta a balzare alla gola di chi si fosse messo sul suo cammino.
La figura continuò ad avanzare, insinuandosi sempre di più nelle parti più infide della città, dove poche persone rispettabili avrebbero messo piede a meno che non avessero bisogno di un favore. Tutti sapevano cosa si annidava in quegli sgangherati vicoli periferici, fra quei cassetti della spazzatura maleodoranti, fra quei palazzi decadenti e locali malridotti. Là ci stavano i miserabili, gli occhi e le orecchie di quell'enorme creatura che era la città. Erano come una colonia di piccoli topi, che zampettavano dove nessuno andava mai, che sentivano cose che nessuno udiva. Erano spie, ladri, informatori, assassini. Una colonia dei più piccoli componenti di quella inafferrabile bestia che tutti temevano: la mafia.
L'ombra continuò il suo viaggio, fermandosi solo quando si ritrovò davanti alla sua meta: un piccolo locale le cui luci al neon lampeggianti si spegnevano e si accendevano come in preda agli spasmi. Era un edificio basso, rozzo, con la vernice rossa delle pareti che cadeva a pezzi sull'asfalto della strada ed i muri crepati. Le porte in legno del posto erano scheggiate, ma ciò che importava era che il simbolo era ben visibile. Come un diamante che si confonde nel vetro, chiunque avrebbe potuto prendere quel raffinato disegno come l'opera di un qualche malvivente amante dell'arte. Ma non l'ombra, lei sapeva cos'era.
Si avvicinò, e toccò con le punte delle dita le linee di inchiostro che marchiavano il legno. Poi si sfilò dall'interno della giacca un pacchetto avvolto in carta da pacco e strettamente legato da una corda. Lo appoggiò con cura davanti alla porta, alzando poi la mano destra e piegando il pollice, l'indice ed il medio, rivolgendo un segnale a chiunque lo osservasse nelle tenebre. Poi si voltò e se andò, con un sorriso sinistro che gli si formava sul volto.
Sulla porta scheggiata, il simbolo di un drago che si attorcigliava su se stesso sembrò osservare il pacco con fierezza, come se sapesse che all'interno vi era la testa di uno dei suoi peggiori nemici.
La prova che la mafia aveva vinto, di nuovo.
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I made a promise: Sakuatsu
FanfictionSono i comandanti di due differenti aree della mafia. Il loro lavoro li accomuna, ma i loro principi e le loro morali li rendono gli opposti perfetti. Atsumu Miya è una spia che non ha mai ucciso in vita sua. Sakusa Kyoomi è un assassino che non co...