Capitolo 3.

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"Mirtha se non sei pronta entro dieci minuti giuro che vado via senza te!" La voce acuta e autoritaria di Mary mi arrivò dritta alle tempie scatenando velocemente in me una reazione di odio.

Ignorandola continuai a truccarmi gli occhi cercando di dare al mio sguardo un accenno di profondità. Una volta soddisfatta passai all'altro occhio e finito anche quello diedi volume ai miei capelli lasciando la testa penzolare tra le ginocchia.

Raccolsi poi dal mio borsellino nero un rossetto color prugna che da poco avevo comprato e senza pensarci due volte lo strofinai delicatamente sulle labbra.

"Mirtha!" Ancora un altro urlo e sarei scoppiata in un attacco isterico.

"Ho finito" Mentì.

Senza farmi vedere raggiunsi correndo di soppiatto la mia grande e luminosa stanza dalla quale rubai il vestito nero e i tacchi che avevo preparato precedentemente sul letto e fuggì via.

Indossai l'indumento velocemente e specchiandomi abbassai l'orlo di quest'ultimo preoccupandomi di aver forse esagerato con le lunghezze.

"Eccomi, eccomi." Dissi a Mary presentandomi nella sala principale dove l'avevo lasciata.

"Finalmente, ci hai messo tantissimo." Mi rimproverò sorridendomi.

Presi tutto il necessario conservandolo in una borsa nera di dimensioni medie e raggiungendo l'ingresso raccolsi anche le chiavi che conservavamo nel grande mobile nero.

"Ehi signorina! Dove crede di andare?" Una voce, una che non avrei potuto dimenticare.

"Mamma sto uscendo, non si nota?" Le spiegai facendole il verso.

Mary con il suo solito ingenuo sorriso salutò la strega al mio fianco con imbarazzo sperando di togliersi velocemente da quella situazione.

"Tua sorella è già a letto, perché non prendi esempio da lei? Dove vai a quest'ora?" Sputò come al solito il suo acido velenoso come una serpe.

"Smettila di far finta che te ne fotta davvero qualcosa di me solo perché abbiamo ospiti."

Feci cenno con la testa alla mia amica i fuggire via da lì e lei assecondo i miei piani. Presi la giacca nera dall'appendiabiti e chiusi la porta di casa con tutta la forza che avrei voluto scatenare su mia madre.

Scendendo le scale potei sentirla ancora urlare e lamentarsi. Un sorriso mi spuntò in viso al pensiero di averle rovinato anche per un solo momento l'immagine che lei voleva dare di finta perfezione agli altri, quando poi Mary conosceva la strega anche forse meglio di me.

"Vuoi che guidi io?" Mi aveva chiesto Mary preoccupata che potessi sfogare ancora una volta la mia rabbia sulla velocità.

"No, non preoccuparti. Non supererò i cento chilometri orari." Le sorrisi rassicurandola.

Dopo la prima manovra il cellulare sul cruscotto iniziò a suonare e superata la curva del vialetto di casa risposi poggiando l'oggetto tra la spalla e l'orecchio destro.

"David sono quasi sotto da te, inizia a scendere." Gli ordinai.

Un attimo preoccupante di silenzio colpì il mio orecchio.

"David, sei tu?" Improvvisamente mi preoccupai di aver interpretato male il destinatario della telefonata e controllando lo schermo mi rilassai vedendo di non essere in errore.

"Si sono io amore." Dalla sua voce capì che qualcosa non andava, non mi chiamava mai con nomignoli romantici e sdolcinati se non per innervosirmi o per farsi perdonare qualcosa.

"C'è qualcosa che devi dirmi? Perché io sono praticamente sotto casa tua." Gli spiegai fermando la macchina in un parcheggio trovato per puro caso davanti quella che era l'abitazione in cui mi ero rifugiata dalle accuse di mia madre negli ultimi mesi.

"Io non credo che verrò questa sera.."

"Cosa vuol dire che non verrai?" Spalancai gli occhi dedicando uno sguardo confuso a Mary che percepì quello che stavo provando.

"Ho tanto da studiare, comprendimi lunedì ho un test con il Signor Wilden e sai quanto può essere rompicoglioni." Accennò una lieve risata per rompere il ghiaccio tra noi.

"Ma è sabato sera, non puoi studiare! Dai vieni, hai tutta la giornata di domani per approfondire." Cercai di trattenere il nervosismo che mi creava il suo atteggiamento.

"Sai che non posso." Disse solamente.

"David è il terzo sabato sera che mi molli così, non credi sia il caso di smettere di studiare?" Stanca delle sue inutili scuse alzai di una tonalità la mia voce.

"Il mio futuro è importante Mirtha, non posso rinunciare."

Sbuffai più volte a quella affermazione e rifiutando di voler perdere altro tempo da dedicare alla mia serata decidi di terminare questa stupida telefonata.

"Allora non farlo." Dissi infine buttando il telefonino sul sedile posteriore frantumando lo schermo in numerosi pezzi.

Lo sguardo di Mary era ricco di preoccupazione e compassione. La sua mano candida e delicata raggiunse la mia spalla accarezzandola per pochi minuti.

"Lui non verrà ed io non voglio sprecare la mia serata"

Così facendo accesi nuovamente il motore della mia auto e andammo via da lì. Una grande festa mi stava aspettando.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 09, 2015 ⏰

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