Capitolo V

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Mi svegliai in un letto d'ospedale. La ferita faceva male ma stavo bene.

C'era la Sg. Hudson nella stanza che piangeva.
<Perchè piange?>

<Oh mia cara, finalmente sei sveglia.>
Corse subito verso di me e mi abbracciò con delicatezza per non farmi male.

<Da quanto tempo sono qui?>

<Ormai un giorno. Ti hanno operata verso le 4.30 e sei uscita dalla sala operatoria quasi 2 ore dopo>

<Che ore sono?>

<Le 18.>

<C'è la recita di Rose per l'inizio dell'anno.>

<Non è andata.>

<Cazzo. È colpa mia, mi dispiace.>

<Non dirlo neanche. È stata una sua scelta voler rimanere con te>

<E dov'è adesso?>

<Con John a prendere da mangiare>

<E Sherlock?>

<Sta riposando. È rimasto tutto il tempo con te. Non ti ha lasciata sola per un istante>
Mi faceva piacere sentire quelle parole. Non mi ero mai sentita tanto bene e a mio agio se non con Sherlock. Ero certa che provasse le stesse cose, ma sapevo anche a un uomo con lui, non interessano cose come l'amore.

Sono sempre stata invaghita da uomini impossibili, sorpattutto per una stramba sognatrice come me. Ma Sherlock, lui era diverso. Più impossibile ma più speciale.

Dopo poco un'ora arrivò John con Sherlock e Rose. Avevano portato un'abbondante cena. L'infermiera non era esattamente d'accordo.

<L'orario di visita è finito 2 ore fa.>
Insisteva.
<Mi ascolto bene. Questa donna ha salvato la vita a me e alla mia famiglia. Per me è come una sorella e non pensi che mi faccia piacere stare qui a vedere tanta gente che soffre e soprattutto vedere lei in queste condizioni. Lei c'è stata per noi, adesso è il momento di restituire il favore.>

L'infermiera andava via a testa bassa. Mi faceva bene sentire quelle parole, ma non avrei mai voluto creare tanto disturbo.

Non appena mi ripreso tornai a casa. Mi sarei potuta aspettare una festicciola di ben tornata.. ma ciò che mi aspettava brava oltre ogni aspettativa.

I miei genitori erano venuti dalla Sicilia per ciò che mi era successo.

Rimasi a bocca aperta. Non sapevo se essere felice di vederli o preoccupata per cioè che sarebbe successo in seguito...

<Piccola mia, che ti è successo?>

<Un piccolo incidente di lavoro>

<Piccolo? Potevi morire> replicò mio padre che tentava di frae il duro ma stava per scoppiare in mille lacrime.

<Sto bene. Non è questo quello che conta?>
Corsero ad abbracciarmi e decisero di fermarsi a cena.

Gli raccontai di quei due mesi con Sherlock e gli altri.
Mia madre sembrava perplessa. Non le erano mai piaciute cose come i cadaveri, le armi o il sangue.

<E tu davvero sei venuta a Londra per fare questo?>

<Tornerai a casa con noi>
Interruppe mio padre
<Non puoi rischiare ogni giorno la vita solo per guardare persone morte.>

<Non è questo quello che faccio.>

<E allora cosa fai?>
Alzo il tono

<So che può sembrarvi difficile, ma io sto bene. Mi piace fare quello che faccio. Inoltre mi dà pure la possibilità di laurearmi quest'anno stesso. Se parto come farò con l'università?>

Sherlock• Il caso del cuore parlante•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora