capitolo quattordici

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Furono due settimane interminabili. Da quando avevo parlato con Lou erano passati ormai quattordici giorni e la mia voglia di vivere era pari a zero. Si stava avvicinando il Natale e, con esso, il mio compleanno. Odio il mio compleanno. Spero che dicembre finisca in fretta e che torni il caldo e l'estate, la parte migliore dell'anno. Dicendo questo posso passare per la solita ragazza che ama l'estate per le feste, per l'alcool e cose così. In realtà l'estate è la mia stagione preferita perché c'è meno gente in giro, visto che tutti partono per il mare o per la montagna, e così c'è meno gente che mi fissa quando passo per strada. Tutti conoscono la storia di mia mamma e ogni volta che esco vedo negli sguardi della gente la loro pena per me, a volte si avvicinano per dirmi le solite parole di circostanza che, in fin dei conti, odiano tutti. D'estate ci sono comunque questi sguardi, però sono meno e questo mi aiuta un po'. Purtroppo per me mancano ancora cinque mesi all'estate, quindi è meglio tornare alla realtà. La mia vita è bloccata da due settimane. Come temevo, non sento più nessuna emozione e questa cosa mi dispiace un po', però senza Louis era inevitabile. Temo che non riuscirò mai più a provare qualcosa, visto che sono stata ferita una seconda volta. La mia esistenza è passata di nuovo dal vivere al sopravvivere. Mio padre e mio fratello sono preoccupatissimi, spesso a cena si guardano rassegnati ed non riesco neanche a provare un minimo di compassione per loro. Non parlo con Millie e con Alice da tantissimo tempo. L'unico luogo dove vedo e parlo con qualcuno è a scuola, ma sono comunque distaccata anche lì. La mia vita stava andando a rotoli e io non stavo facendo niente per salvarla. Il suoni della sveglia interrompe i miei pensieri, le 7:00. Ultimamente mi capita sempre più spesso di non riuscire a dormire e si può notare dalle due grandi borse che ho sotto agli occhi. Mi infilo velocemente sotto la doccia e mi insapono, lascio che il getto d'acqua calda mi rilassi la schiena e poi chiudo i rubinetti. Prendo le prime cose che trovo nell'armadio e me le metto: un paio di pantaloni della tuta neri e un maglione attillato bianco. Decido di non truccarmi e mi metto le mie vans nere. Scendo per le scale ed esco dalla porta. Mi incammino verso scuola mentre il vento freddo mi pizzica il naso. Non era stata una grande idea andare a scuola a piedi, però non volevo parlare con Alice, quindi mi toccava. Arrivo nella zona dove Louis mi aveva salvato e un brivido mi percorre la schiena: la paura è uno dei pochi sentimenti che riesco ancora a sentire. Affretto il passo ripensando alle mani sudice di quell'uomo. Finalmente mi ritrovo davanti a scuola e il battito cardiaco inizia a rallentare. Sento dita sottili che racchiudono il mio polso. Alice mi porta in un vicoletto vicino alla scuola e mi fissa con uno sguardo indagatore.

"Dov'eri finita?"

"Sono in ritardo per le lezioni, devo andare"

Cerco di sfuggire al suo interrogatorio ma lei mi riprende il polso e mi tiene una presa salda, in modo che io non possa scappare. Nonostante sia una ragazza esile e minuta ha una forza sovrumana.

"Ora mi dici cosa ti è successo"

"Non mi è successo nulla, sto bene"

Per mia sfortuna, Alice capisce quando mento e quando dico la verità, quindi non si lascia convincere.

"Ti prego"

Non l'avevo mai sentita così preoccupata. Mi stava guardando con degli occhi imploranti.

"Ci sto ricadendo."

"No, non è possibile"

C'era una nota di divertimento nella sua voce ma, vedendo la mia espressione seria, smise di ridere.

"Cosa ti è successo? Eri così felice negli ultimi mesi...Louis ti rende così tanto..."- la voce le morì in gola- "E' colpa sua vero?"

Annui e, per la prima volta dopo tantissimo tempo, la mia guancia viene rigata da una lacrima. Alice rimane esterrefatta e mi abbraccia forte.

"Meg...shh...ci sono qui io, non ti lascio da sola"

Tutto quello che mi ero tenuta dentro in due settimane stava uscendo e, in un certo senso, ne sono felice. Alice continua ad accarezzare la mia schiena e, dopo quasi cinque minuti di pianto continuo, il mio respiro torna ad essere regolare.

"Promettimi che la prossima volta mi avvertirai prima"

"Scusami"

"Non può riaccadere Meg, devi essere forte"

Le braccia sottili di Alice mi cingono forte le spalle e io le sono davvero grata per tutto questo affetto. Di solito odia il contatto fisico, quindi spesso fa fatica a rapportarsi con le persone che stanno male davanti a lei, ma con me è diverso. Ogni volta che ho bisogno di lei c'è, sempre. E' la sorella che non ho mai avuto. Alice scioglie lentamente l'abbraccio e sento che diventa rigida. Cosa sta succedendo?

"Vattene"- la sua voce è secca. Non dirmi che sta succedendo davvero.

"Megan, ti prego"

Mi giro e lo vedo. Lui è qui.



Ciao a tutti!! Eccomi tornata con un nuovo capitolo della storia. Purtroppo vi dico già che nei prossimi giorni farò un po' fatica a scrivere a causa della scuola, che ci sta bombardando di verifiche e di interrogazioni. Spero che il capitolo sia di vostro gradimento<3

-A:)


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