L'officium e la linfa

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Riemergere dai mondi vitrei fu come essere trafitta dalla lancetta dell'orologio, ma per quanto doloroso fosse mi sentivo di aver assistito a qualcosa di meraviglioso. Tutto l'orrore che avevo toccato con mano me l'aveva in un certo senso purificate, mi sentivo turbata ma elevata, come alla fine di un viaggio dell'orrore causato da sostanze allucinogene. In quella dimensione alternativa io non scappavo mai, non provavo alcun tipo di biasimo o senso di colpa, tutto era la manifestazione e il riflesso del mio singulto vitale; io soffro di una miopia molto accentuata, quasi al limite della cecità, in entrambi i bulbi oculari, perciò potrebbe sembrare paradossare affermare che c'era il sinistro che ne godeva narcisisticamente e si compiaceva di possedere un mondo tutto fatto ad hoc, in cui tra l'altro la distruzione era un pinzimonio obbligato. Egocentrico e stupido il destro!, da non rendersi conto che già di per sé il mondo materiale era manifestazione di Ginevra solo per il fatto di farne parte, e che godere della propria autodistruzione è... non posso affermare che sia malsano, è lecito e ambiguamente affascinante, non riuscirò mai a rinunciare a quell'ora ultima di piacere. Il sinistro, gemello eterozigota alla radice, non riusciva mai a sostenere il contatto visivo quando si rispecchiava nel pozzo in cui si muovevano pesantemente le frazioni di corpuscoli luminosi. C'è da conservare come un acchiappasogni benedetto che il vetro non riflette alla stessa maniera di uno specchio: le immagini sono infatti meno nitide e quindi nascondersi nelle sfumature è sicuramente molto rassicurante, in quanto vedere con la coda dell'occhio è una mezza verità, una madre che ti culla anche se non ti bacia prima di addormentarti. Quella sensazione era paragonabile alla calma inquietudine di cui mi armavo la notte: tutto era quietato e silenzioso, perciò riuscivo a sentire flebile la voce dei poltergeist nelle mie cervella, ma a differenza del giorno non c'era alcuna frenesia che m'ubriacava. Il buio era il mio complice, il mio battesimo quotidiano alla speranza teorica, il presupposto per non morire: la notte è l'assoluzione dei ladroni sulla croce.

La descrizione artistica esplicita era per me volgare e talvolta ingrata, e tentavo di concedermi il lusso di estraniarla ed elevarla da una vita già intrinsecamente corrotta; in questo caso è criptico e contronatura raffinare un pezzo di fango, ma in verità, visto che il principio attivo della mia purga per il mondo era la paura, mi sento una truffatrice mortificata... e rinunzio. Dunque, riguardo il mio destino ho detestato fino all'abulia nevrotica qualsiasi cosa al di fuori dell'autobiografia: dopo il comunicato di deportazione forzata in un centro di recupero per le mie, santo cielo che vergogna!, dipendenze stupefacenti, sono fuggita alla ricerca di quella che era l'Excalibur (preciso che non ho mai digerito i protagonisti a causa del mio illegittimo senso d'inferiorità, a tal proposito non fui mai Artù): l'ultima botta. E seppur miscredente, io avevo una scelta; ma chi fa le leggi d'un disadattato? L'etica di un individuo che se ne lava le mani della stessa, ma fa un bocchino a Barabba una volta liberato, è l'unica etica che avrà mai un capo e una coda per lui. E finché l'autoflagellazione, l'annichilimento su misura, pizzicava le corde dell'arpa strimpellante, allora esso era il mio protetto contro il silenzio! Difatti l'indifferenza che ogni giorno tagliava sempre più la dose, il filo del rasoio sempre più vicino a quella vena fondamentale, mi faceva cagare addosso. La stessa indifferenza di un uomo che davanti alle tue lacrime ti ficca comunque il cazzo in bocca, quella che lo possiede tremenda pacatezza nell'offrire una moca dopo che ti ha appena seminata controsenso al consenso. Non tremavo da anni, non mi ero mai sentita così prostrata ai piedi della vita da quando, quasi supina sui mosaici a pavimento, avevo offerto la mia preghiera alla Madonna Nera di Loreto. E chissà se, come minacciato, mi avessero deflorata gli altri otto primitivi al piano superiore? Pretendeva fregi, il senza volto, per l'officium caramellato... ma solo sventrando una foglia t'umetti della sua linfa, e quindi solo nel tribolo si stiracchia quell'istinto di sopravvivenza che è la pace. Mi sa che mi stia masturbando con la sofistica; fatto sta che ero riuscita a sgraffignare un coltello per autodifesa, ma senza utilitarismo alcuno... ero solo un impostore se pensavo di poter andare contro il determinismo degli astri, unici profiler della vita che riconoscevo. E presi una scelta a carte scoperte, la scelta di continuare la fuga dalla redenzione, poiché volevo rendere il fuggire qualcosa che mi appartenesse di diritto proprio come il fardello karmico: alla fine consisteva nel giocare a nascondino coi raggi x. In ogni caso, perdere la speranza è stata la mia libertà e mi ha sollevato da tutti i doveri in quanto essere umano. M'ero disfatta di quella benedizione maledetta che erano le emozioni, non fui mai in grado di farci l'amore poiché le deprivai della loro verginità in maniera brutale, come un frutto acerbo che in un raptus famelico avevo ingurgitato.

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