III. Hobi e TaeTae

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La terza volta che si ritrovò a casa di Jimin (una volta conosciuto il suo nome non avrebbe mai smesso di usarlo) era passato diverso tempo dalla seconda. Era un mercoledì sera e lui si trovava alla stazione, facendo qualche flessione giusto per passare il tempo, e per questo motivo rispose al telefono squillante dopo alcuni secondi, alzatosi da terra e sedutosi alla sedia.

Snocciolò le parole di rito, prima di venir bloccato dal proprio interlocutore. 

«Jungkook-ssi, sei tu?»

E quella era proprio la voce del ragazzo per cui aveva sviluppato un’insensata e immediata cotta. Era la prima volta che rispondeva alla sua chiamata, e questo gli permise di concentrarsi più sul tono di Jimin che sul suo corpo. Era alto, quasi femminile, ma per Jungkook era come miele che accarezzava le sue orecchie. 

«Sì, Jimin-ssi. È successo qualcosa con Yoon o Joonie?»

«Ehm, no. Hobi e TaeTae sono rimasti incastrati sotto il divano.» In sottofondo si sentì un intenso vociare e il ragazzo sospirò. «Ho organizzato una piccola festa, ma non pensavo fossero così sensibili alla confusione e cercassero in tutti i modi di scappare o nascondersi. Sono davvero piccoli. Sono molto preoccupato, perché non riesco a tirarli fuori.»

«Calmo. Arrivo in un batter d’occhio. L’unica cosa che ti chiedo è di creare un ambiente in cui io possa agire agevolmente.»

Per qualche secondo non si sentì molto, se non dei sussurri e dei miagolii preoccupati, e Jungkook intuì che Jimin avesse coperto il telefono con una mano per parlare con altre persone. 

«Certo. I miei gatti sono molto più importanti di una stupida festa» gli fece sapere. «Ora che sono solo cerco di prenderli, ma non sono abbastanza forte da riuscire ad alzare il divano. Ti prego, Jungkook-ssi, arriva presto.»

Si salutarono velocemente. Poi, il più grande corse alla macchina di servizio, iniziando a guidare come faceva solo nelle emergenze più gravi, sebbene non avesse alcuna intenzione di oltrepassare i limiti di velocità. Stava pensando ai due gatti incastrati, però anche alla festa di Jimin. E se avesse un fidanzato? Che possibilità aveva lui con quella specie di angelo caduto dal paradiso in un’insignificante cittadina di periferia con i suoi sei gatti? 

Parcheggiando al solito posto, mentre contemporaneamente vedeva una macchina andare via, si passò una mano sugli occhi, inculcando nella propria mente che si trattava di lavoro e non doveva farsi distrarre da nulla. 

Questa volta, Jimin, sempre con l’Esotico a pelo corto (il cui nome, a quanto ricordava, era Jinnie) che gli penzolava tra le braccia, corse fuori dalla casa venendogli incontro preoccupato. 

«Scusa se ti ho disturbato ancora, Jungkook-ssi. Di solito non accade nulla del genere. Sono davvero agitato per Hobi e TaeTae.»

Jungkook gli mise entrambe le mani sulle spalle, massaggiandogliele dolcemente e guardandolo con un grande sorriso sul volto, per ispirargli tranquillità. Gli sembrava ancora più bello, illuminato solo dal naturale e prezioso riflesso del sole sulla luna.

«Non c’è motivo di agitarsi. Ora sistemeremo tutto» gli promise, mentre gli faceva segno di guidarlo nel luogo che necessitava un suo intervento. 

Fu portato in una stanza che non aveva ancora visitato, spaziosa e minimalista, con un divano a tre posti coperto da un lenzuolo sfilacciato probabilmente opera di tutti quei micetti. Si aspettava un ambiente più disordinato e reduce da una festa, invece tutto era estremamente pulito e ordinato. 

«Hobi e TaeTae sono qui sotto?” domandò Jungkook quasi sottovoce, mentre un siamese entrava nella stanza e si strusciava contro le pareti. Aveva paura di fare confusione con tutti i nomi, perciò si stupì quando Jimin annuì con convinzione. 

Si inginocchiò, per guardare meglio sotto al divano. Scorse due ombre raggomitolate su se stesse e fece qualche tenue verso per attirare la loro attenzione. Poi allungò un braccio, per tentare di afferrarli, tuttavia abbracciò solo aria. 

«Io alzo e tu li prendi, va bene?» chiese al padrone di casa, che immediatamente posò Jin per terra per avere le mani libere. 

Sollevare il divano non si rivelò troppo difficile; si era confrontato con oggetti molto più pesanti. Vedendo i due cuccioli liberi, Jimin si sbrigò a prenderli tra le proprie braccia, premurandosi di pulirli dalla polvere; si sedette poco distante da lui, sul tappeto che si estendeva davanti al sofà e iniziò a coccolarli. 

Jungkook appoggiò delicatamente i piedini del mobile sul pavimento, osservando la scena con due cuoricini rossi al posto degli occhi. Più lo guardava più pensava che fosse un angelo. Magari quello era il paradiso. O forse morì nell’esatto momento in cui Jimin gli rivolse il più accecante e grato del sorrisi, quello in cui i suoi occhi quasi scomparivano. 

«Non puoi capire quanto ti sia riconoscente!» gli disse, la preoccupazione di prima scomparsa e sostituita dalla felicità di poter riabbracciare i suoi gattini, che, arrampicatasi sul suo petto, gli leccavano ostinatamente la guancia. «Oggi riuscirai a mangiare la mia favolosa torta alle pesche? Se vuoi dalla festa è avanzato anche del the alla pesca.»

E, davvero, quel ragazzo viveva solo di pesche? Avvicinandosi e facendoci caso si accorse che anche il suo profumo era legato a quel frutto. Ma, d’altronde, poteva anche solo immaginare a qualcosa di più adatto a lui?

«Sarei in servizio, ma alla stazione ci sono altri due colleghi, e tutto sembra tranquillo» sussurrò, sperando di non gufarsela. 

Presero posto a un piccolo tavolo nel patio dietro alla casa, il cui lato era ricoperto da adorabili lanterne illuminate. I gatti continuavano a gironzolare attorno a loro, in cerca di coccole e attenzioni, ma quelle di Jimin erano rivolte solo ai due cuccioli e al ragazzo che aveva davanti. E viceversa. 

«Hanno più o meno la stessa età» disse a un certo punto, riferendosi ai gattini che teneva in grembo. «Non credo, però, siano fratelli. Li ho trovati in una cesta davanti a un centro commerciale. Come per tutti gli altri, ho svolto delle ricerche, per capire se avessero dei padroni. Non ho trovato nulla, così li ho portati qui. Sono due monelli senza speranza, ma li adoro davvero tanto.»

«Si vede da come li guardi, da come guardi tutti i tuoi gatti. Hai intenzione di tenerli sempre con te?»

«Sì. E se il mio partner non accetterà il mio amore per questi animali, allora non lo vorrò.»

«A volte sono più fedeli loro degli esseri umani» insinuò Jungkook, che ricordava il suo rapporto con il suo cane, deceduto qualche anno prima. Non aveva mai cercato di “rimpiazzarlo”, perché temeva di affezionarsi troppo e soffrire ancora. 

Dopo quella sua affermazione il suo telefono vibrò rumorosamente, distruggendo anche quella volta l’atmosfera. 

«Il dovere chiama!» esclamò, felice di essere riuscito a trascorrere con l’altro ragazzo almeno qualche minuto. 

Quello nascose un piccolo broncio dietro una mano, poi si alzò a sua volta per accompagnarlo alla porta, e lo salutò con un delicato bacio sulla guancia. 

«Ci vediamo presto, Jungkook-ah» sussurrò e scomparve in un secondo in casa, con le guance rosse.

Il pompiere si sfiorò la guancia, sorridendo come un adolescente alla sua prima cotta.

Did you see my cats? | JikookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora