00.01

295 15 7
                                    


TACCHI ROSSI

Nel mirino scorgeva la figura slanciata di una donna avvolta in un vaporoso cappotto scuro

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Nel mirino scorgeva la figura slanciata di una donna avvolta in un vaporoso cappotto scuro. Il viso pallido era incorniciato da ondulati boccoli di un bianco lucente, tra i quali erano impigliati un paio di occhiali da sole. Un rosso intenso e provocante le impiastricciava le labbra, intonate ai tacchi a spillo, le quali mostravano un ampio sorriso.
Con una mano trasportava una ventiquattr'ore, con l'altra a mezz'aria salutava cortesemente.

Era surreale, e il silenzio tombale tra le rovine di pietra rendeva l'aria ancor più pesante di quello che era.

Numero Cinque strizzò ripetutamente le palpebre, incredulo di star avendo un simile contatto con una persona, dopo talmente tanti anni di isolamento e solitudine. Ma una sensazione - scatenata forse da una lattina di legumi scaduta da mesi - gli suggeriva che quella donna non fosse un miraggio o una fantasticheria, ma che era realmente lì, di fronte a lui.

"Chi diavolo sei?" chiese scuotendo la canna del fucile che le stava puntando contro per incitarla a parlare e a identificarsi.

Il sorriso perfetto della donna non vacillò neanche per un'istante, "Sono qui per aiutarti." scendendo per le rovine di pietra senza alcuna evidente fatica dovuta all'altezza dei tacchi e, un passo dopo l'altro, entrando nel cerchio di mura ormai ridotto alle fondamenta.
Secondo le sue ricerche, sarebbe dovuto essere una biblioteca.

Saltando con l'occhio di qua e di là, concluse che Numero Cinque l'aveva trasformata in un vero e proprio rifugio. Innumerevoli scritte, numeri e calcoli erano incisi con mozziconi di gesso sulle parti delle pareti restanti. Libri, una marea di libri sparsi ovunque. Bottiglie vuote, coperte usurate e, infine, il busto di un manichino seduto su una sedia di paglia sfilacciata.

Nel tempo in cui l'ignota donna studiava l'intera area, gli occhi verdi di Numero Cinque non persero neanche la sua più piccola e innocente mossa, mediante il mirino del fucile sostenuto e puntato ancora verso di lei.

"Vengo per darti un'opportunità."
La donna, sapendo fin troppo bene che la cosa avrebbe potuto prendere una brutta e affrettata piega, preferì tenersi a debita distanza.

Si accese una sigaretta, "Sono a capo di un'organizzazione chiamata La Commissione. Ci occupiamo di preservare il continuum spazio-temporale, eliminando problemi e..." buttando fuori una nuvola di fumo, "minacce."

Il ragazzo raddrizzò il fucile e lo strinse fino a far diventare bianchi i polpastrelli e le nocche delle mani.

"Mon dieu, Numero Cinque, mi hai fraintesa." ridacchiò con voce tintinnante lei, "Non sei un bersaglio; certo, se accetterai la mia proposta. Vedi, la tua presenza non è gradita in questo arco temporale. Sono ben tredici anni che ti stiamo osservando, anche e soprattutto per le tue abilità di saltare e spostarti nello spazio e nel tempo."

Lui allentò la presa sull'arma, "Voi non mi volete qui? Stai dicendo che... ho modo di tornare indietro?" finalmente guardandola negli occhi.

Le parole rotolarono sulla sua lingua in maniera talmente spontanea da pentirsi subito dopo di esse stesse.

Erano pensieri personali e speranze profondamente personali e a cui aveva rinunciato anni addietro. Si era imposto di andare avanti, di continuare la sua vita in un posto senza anime, senza casa e senza famiglia.
Erano beni che possedeva ormai un giovane e lontano ragazzo che, al tempo, non era riuscito a dare il giusto valore a quello che lo circondava.

"In cambio di cinque anni di servizio, certo. Una volta scaduto il contratto, potrai tornare nel tempo e nello spazio che desideri con un piano pensionistico, per giunta."

Numero Cinque diede un'occhiata al busto di donna dietro di lui, "Se potete alterare il tempo, perché non impedite che tutto questo accada?"

La donna non tentò minimamente di celare un ghigno compiaciuto per la sua pungente curiosità, perché dall'altra faccia della medaglia c'era un tranello innocente quanto intelligente. E lo apprezzava per questo.

"Era destinato ad accadere. È solo..." sospirò, "la fine di qualcosa."

Lui abbassò finalmente il fucile e si voltò nuovamente verso il manichino. Sembrava le stesse chiedendo consiglio.

"Abbiamo un accordo?" chiese la donna, facendo qualche passo in avanti, per poi schiacciare con la suola del tacco la sigaretta consumata. Gli regalò un altro sorriso di un rosso smagliante e gli tese la mano affabilmente, aspettando una risposta.

Lì, la confusione e la logica si trovarono in comunione, perché quella stretta di mano sarebbe stata l'unico modo per abbandonare quel deserto di cenere, solitudine e monotonia; macerie e polvere.

Quella stretta di mano era l'unico modo per salvare la piccola parte di lui ancora sana e capace di ragionare, mentre restare voleva dire essere un bersaglio.

Quando si voltò verso la donna, ella teneva ancora la mano a mezz'aria. Fece qualche passo in avanti e gliela strinse con vigore.

"Puoi chiamarmi Handler."

𝔭𝔞𝔯𝔞𝔫𝔬𝔦𝔞Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora