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LA CASSETTA
1955 circa
In nessun luogo

LA CASSETTA1955 circaIn nessun luogo

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Narratore interno

A ogni passo, l'edificio sembrava crescere davanti a me, come se le sue mura circolari si stessero dilatando. Il suo profilo imponente, che ormai riconoscevo come un posto da chiamare casa, quel giorno si presentava diverso, quasi come una macchia bianca pronta a risucchiarmi al suo interno.

Non avrei mai potuto immaginare che un'assenza di dieci giorni, per lo più passati in convegno, mi avrebbe scaturito questo effetto, osservandolo solo da fuori. Ero quasi stranita.

Una parte di me pretendeva di ricevere un'accoglienza degna del mio ruolo, un ben tornata appena varcato l'ingresso, l'altra parte non vedeva l'ora che la giornata finisse per spegnere i miei pensieri e le mie responsabilità.

E se quel posto era per me casa, da qualche tempo una strana inquietudine mi scivolava dentro, come se quel palazzo fosse a conoscenza di qualcosa che io non sapevo, come se stesse preparando una sorpresa di cui ignoravo la natura.

Ma quel solleticante senso di inquietudine si bloccò in gola quando ne varcai la soglia, "Abbiamo un problema." poiché niente era cambiato di una singola virgola.
Neanche Herb, il quale mi accolse in maniera alquanto nervosa e frettolosa.

"Ben trovato anche tu, Herb."

Quel piccolo uomo era l'unico superstite della massa uniforme e monotona degli operai sottomessa alla Commissione; l'organizzazione, per eccellenza, incaricata di mantenere l'equilibrio temporale.

Gli operai erano delle macchine pronte a ricevere comandi e istruzioni per servire al meglio la Commissione, la quale era al centro di ogni cosa.
Chiunque di loro era una rotella di un grande macchinario dittatoriale.

L'ordine, il controllo.

Herb mi fece segno di seguirlo e mi condusse al quinto piano del palazzo, lì dove solo pochi e selezionati operai erano liberi di accedervi, ovvero gli appartenenti al settore ospitato su quel piano specifico.

Difatti, il lungo corridoio era completamente deserto.
Dopo averlo superato, ci fermammo di fronte alla porta numero duemilacinquecento ottantanove, la stanza del Centralino dell'Infinito.

Esso era considerato tra i reparti più significanti per la Commissione, e la sua totale gestione era stata data a Herb, quindi capo di altri tre colleghi che erano autorizzati a entrarvi.

A differenza degli altri uffici, ampi e luminosi, quella del Centralino dell'Infinito dava volutamente l'impressione di essere uno stanzino per le scope.

Herb, senza tante cerimonie, prese a cimentarsi con dei fili colorati che andavano intuitivamente collegati al server generale che controllava ogni monitor lì presente. Poi, girò una rotella per cercare di ricreare su uno dei numerosi televisori una scena in particolare.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Nov 03 ⏰

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