ATTO II, SCENA I: Congetture

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"War has gone past this door. It hasn't broken it in, nor ripped it from its hinges. It has left our door standing, accidentally; an oversight."

Wolfgang Borchert, The Man Outside

Draco

A Draco piaceva vincere, lo aveva sempre fatto. Primo della classe, primo del suo campo, di fatto proprietario della migliore aula di Serpeverde. Chiunque insistesse nel dire che non preferisse immensamente vincere piuttosto che perdere aveva chiaramente qualcosa da dimostrare: come l'umiltà, o la modestia, o altre simili assurdità inventate per far sentire meglio le persone che non ottengono ciò che vogliono.

Ed è ciò che rendeva l'e-mail che lo fissava dallo schermo del suo computer così eccezionalmente esasperante.

Era stato messo in copia in una corrispondenza tra il capo del suo dipartimento e una certa McGonagall, che Draco poteva solo supporre fosse il capo del dipartimento di quella donna – di Hermione. Qualcosa sulla capacità delle classi e sul numero di iscritti.

Le avevano restituito l'aula. Era stato il vincitore per meno di quarantotto ore prima che la sua vincita gli venisse strappata da sotto i piedi. Le sue frustrazioni ribollenti per quella serie di eventi rendevano quasi impossibile concentrarsi sulla pianificazione della sua inutile lezione, soprattutto perché teneva la porta del suo ufficio aperta nella speranza di vederla andare o tornare dal suo ufficio. Questo significava che ogni volta che qualcuno faceva un passo nel corridoio il suo sguardo scattava in alto, immediatamente deluso e distratto. Non si era reso conto di quante persone si aggirassero al quinto piano dei Laboratori di Serpeverde in un giorno qualsiasi.

Il suo piano della lezione era stato fottuto dal momento in cui aveva letto la mail di riassegnazione della stanza. Gemette, rilasciando un profondo sospiro infastidito mentre chiudeva il portatile con uno scatto deciso. Quando rialzò lo sguardo, intravide dei riccioli castani che giravano l'angolo e scomparivano dalla vista.

«Merda,» mormorò, facendo scivolare indietro la sedia e alzandosi in piedi. Con la dignità più composta possibile, Draco chiuse rapidamente la porta del suo ufficio e si affrettò a percorrere il corridoio con l'intenzione di raggiungerla agli ascensori.

Ma lei non si trovava da nessuna parte. Perplesso, Draco si guardò intorno, passandosi una mano tra i capelli per assicurarsi che rimanessero tirati all'indietro e lontano dal viso, nonostante la sua camminata affannosa.

La sua attenzione si fermò sulla porta della tromba delle scale. Quasi sgranò gli occhi; di certo non avrebbe messo in dubbio che lei fosse il tipo di persona che usava esclusivamente le scale invece degli ascensori. Al diavolo la comodità.

Mentre entrava nella tromba delle scale, si chiese se il Dipartimento di Grifondoro avesse anche gli ascensori. Non si sarebbe sorpreso se quei maledetti tipi di scienze sociali fossero vissuti e morti e fossero stati martirizzati da mille passi.

Scrutò oltre la ringhiera per sbirciare tra i piani. Un lampo di marrone color castagno un paio di pianerottoli più in basso confermò i suoi sospetti.

«Hermione,» parlò nella tromba delle scale, il suono della sua voce che rimbalzava sulle pareti strette e riecheggiava giù per le scale nella sua direzione.

Lei si fermò, la testa inclinata in un momento di confusione prima che il resto della sua massa di riccioli venisse alla vista, prima sbirciando giù oltre la ringhiera, poi girandosi per guardare in alto.

«Oh,» sorrise. «Sei tu.»

Forse se lo meritava.

«Aspetta solo un secondo,» disse lui, staccandosi dalla ringhiera e lanciandosi giù per le scale con passi rapidi mentre recuperava la distanza tra loro.

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