Capitolo 3

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*CINQUE MESI DOPO*
Sono stati cinque mesi strazianti ma mi sono ripresa, non posso dire di essermi abituata perché non ci si abitua mai.
Con mia grande sorpresa, molte persone sono venute al suo funerale. Mi ha fatto piacere, in un certo senso, sapere che a qualcuno importava di lui o di me.
Ma oggi, il giorno del mio ventitreesimo compleanno, ho finalmente deciso di ascoltare Gwen e prendermi una paura da tutto. Ma non andrò al mare. Ho deciso di trasferirmi dalle strade di New York a Londra. Voglio cambiare completamente aria, Stato, continente.
Mi piacciono gli inglesi, più o meno. Poi il capo del negozio di dischi in cui lavoro mi ha trovato un posto a Londra. Parlando di musica, ne sono sempre stata appassionata sin da piccola. Quando ero un'adolescente ascoltavo di tutto e di più, ma c'era un gruppo di ragazzi che mi faceva impazzire, come la maggior parte delle ragazzine della mia età. Erano gli One Direction. Purtroppo si sono sciolti da cinque o sei anni, sono poche le persone che si ricordano ancora di loro. Molte si erano arrabbiate talmente tanto quando che strapparono tutti i poster, buttato via i cd, cancellato Twitter. Io rimasi delusa, molte parlavano di amore platonico, in realtà li ascoltavano solo perché erano belli, lo sono anche ora. Eh beh. Ovviamente non fangirlo come prima, forse...
Però alcune canzoni le ascolto ancora.
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Vado da Gwen per "festeggiare": una torta al cioccolato e una bottiglia di vino, niente di che ma ci basta, considerato che abbiamo una torta in due.
Sono dimagrita parecchio in questo ultimo periodo e mi sto tenendo ancora a reggimento, non per depressione o altro, ma perché sono dimagrita e mi piaccio di più.
Però...
Ventitré anni non si compiono tutti i giorni, quindi oggi la torta me la mangio.
Mentre esco di casa mi guardo intorno e vedo gli scatoloni, la ditta di trasporti li passerà a prendere più tardi.
Salgo in macchina e quando arrivo davanti alla casa della mia amica, non faccio in tempo a suonare il campanello che apre la porta e mi salta addosso abbracciandomi. Come farò senza di lei? Sinceramente non lo so.
"Auguri!"urla, letteralmente.
"Grazie" rido.
Appena entro noto gli striscioni con le scritte "BUON COMOLEANNO!" e "Buon viaggio". Come se non bastasse ci sono palloncini colorati ovunque e un mazzo di peonie enorme.
"O mamma, che cos'hai in testa? Non dovevi disturbarti così tanto!"
"Sì che dovevo." Dice orgogliosa.
"E questa?"chiedo indicando una busta sul tavolo della cucina.
"Oh, quella è per te, un mio regalo speciale. Aprila quando sei sull'aereo."
All'inizio sono curiosa, ma poi lascio correre, se vuole che la apra sull'aereo è perché è importante.
La curiosità è troppo forte però...
Si gira e mi avvicino lentamente, dai che non mi vede... Sbircio e vedo qualcosa di rosso.
"Nono!" Mi toglie la busta di mano. Cazzo, no.
"Uffì, fammi vedere, fammi vedere!"sembro una bambina ma non mi interessa.
"Sempre la solita ficcanaso, ho detto di leggerla dopo!" S'imbroncia e la nasconde.
"Va bene..."sospiro rassegnata.
Passiamo tutto il giorno a chiacchierare e ordiniamo il cinese per pranzo.
Accende le ventitré candeline sulla torta, perché prendere quella con il numero è troppo normale...
Spegne la luce, fa almeno dieci foto, spengo le candeline, fa altre foto in ogni angolazione possibile ed immaginabile. Mi canta pure la canzoncina di buon compleanno e non posso fare a meno di ridere perché cerca di imitare Marilyn Monroe mentre fa le foto e non ci riesce tanto bene.
Alla fine della giornata abbiamo finito la torta, il vino e cambiato una ventina d rullini. Abbiamo fatto così tante foto che ci vorranno degli anni solo per vederle tutte. Quando arriva il momento dei saluti piangiamo come disperate.
"Mi m-man-n-cherai tan-t-to" singhiozza. Amore.
"Anche tu mi mancherai, ci vedremo. Ti chiamerò appena arrivo."
"Me lo prometti?"mi guarda con gli occhi da cucciolo.
"Sì, te lo prometto." Dico intenerita.
L'abbraccio e entro nel taxi che avevo chiamato precedentemente.
La vedo che entra in casa ma poi corre improvvisamente fuori.
"LA BUSTAAAA!" Urla come una disperata.
Il tassista la sente e aspetta un attimo a partire.
Sembra che Gwen abbia appena avuto un attacco di cuore, è bianca come un cencio.
"Gwen, tranquilla. So che ci tieni, ma quello che c'è scritto avresti potuto dirmelo al telefono."cerco di rassicurarla; prende sempre le cose troppo sul serio.
"Uhm, beh, sì... A dir la verità no, però.."biascica insicura, lei non biascica mai, mai. La guardo male.
Si ricompone e mi porge la lettera. Ci salutiamo un ultima volta.
"Possiamo andare ora?" Chiede il tassista con gentilezza.
"Sì, certo." Gli sorrido.

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