2. Ricorrenze

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25 novembre 1988, Leicestershire, Casa Fawley.

Hector Fawley POV

Erano già trascorsi sette anni da quando aveva lasciato sua nipote a Londra facendo in modo che la trovassero le persone giuste al momento giusto. E ancora, a distanza di tempo, si tormentava all'idea di aver fatto o meno la cosa migliore.

Dopotutto, si era detto innumerevoli volte per confortarsi, non l'aveva abbandonata in mezzo al niente. Si era accertato che la trovassero le persone giuste, che fosse in un luogo sicuro, al caldo e accudita come ogni bambina di nemmeno quattro anni dovrebbe essere.

In quei giorni di fine novembre aveva lottato con il senso di colpa per un bel po', alternandolo alla mancanza della sua famiglia. In quei momenti avrebbe dato una mano persino per veder nuotare oziosamente il pesciolino rosso di Audrey e guardarlo piroettare quando la bambina passava davanti alla sua vasca incantata. Il desiderio di riabbracciare le sue bambine e la sua compagna era tanto forte da togliergli il sonno. Poi però immaginava Audrey, Cornelia e Pauline al caldo, accudite, amate e protette da Millicent e quell'immagine confortante si sovrapponeva a quella della bambina che aveva lasciato: smagrita, infreddolita, terrorizzata persino dalla sua ombra e si sentiva una persona orrenda. Così si era accertato che tutto filasse liscio, prima di andarsene. Era talmente stravolto che il giorno in cui aveva deciso che era il momento di tornarsene a casa, per la prima volta da quando Voldemort era caduto, aveva pianto di sollievo, di dolore, di gioia e per mille altre cose tutte insieme e gli ci erano volute quasi tre ore per calmarsi. Gli si era torto lo stomaco guardando la nipote che non poteva allevare e per poco — per un barlume di lucidità — non aveva stregato i Babbani, preso la bambina e si era smaterializzato.

Tuttavia, la sera dell'antivigilia di Natale, quando aveva varcato la soglia di casa di Millicent e aveva sentito gli strilli eccitati della bambine e l'esultanza della donna dopo che lo avevano visto entrare nel perimetro dell'Incanto fidelius dalla finestra e lo aspettavano sulla porta, tutto ciò che gli aveva dato da pensare si era dileguato, alleggerendo il peso che si trascinava da mesi sulle spalle. Un peso che sentiva da quando Amelia l'aveva voluto incontrare per tendergli un'imboscata a metà settembre e, per poco, non aveva ucciso la sua stessa figlia nello scontro prima di afferrarla malamente per un braccino e smaterializzarsi senza troppi complimenti.

Dal momento in cui era rientrato nella vita della sua famiglia i sensi di colpa avevano iniziato non più a schiacciarlo con pressione costate, come a Londra, ma ad attanagliarlo a intervalli irregolari quando pensava alla nipotina lontana. Passava giorni in cui si sentiva un codardo, un uomo indegno di questo nome e altri in cui si rendeva conto che effettivamente ciò che aveva fatto era la cosa più logica e la migliore per tutti.

In ogni caso, le cose stavano per cambiare: da quel momento ad un mese Melisandre avrebbe ricevuto la sua lettera da Hogwarts e nel giro di poco meno di un anno avrebbe iniziato la scuola.

I suoi genitori adottivi come avrebbero reagito? Le avrebbero permesso di frequentare? Sarebbero stati comprensivi? Se fosse potuta andare vivere con lui quelle domande non sarebbero mai esistite. Invece, ancora, la giovanissima Melisandre non sapeva nemmeno di essere una strega, figurarsi se poteva immaginare cosa l'aspettasse di lì a un mese.

Hector sapeva che per i Nati Babbani veniva sempre inviato un docente con il compito non solo di aiutare il giovane mago o strega, ma anche con quello quasi più delicato di approcciarsi a genitori scettici, spaventati o sconvolti. Per quanto riguardava Melisandre sperava che quel compito se lo assumesse il preside. Non che non gli piacessero gli altri, ma se doveva andare qualcuno come Severus Piton...

Scrollò la testa.

No, Silente non avrebbe delegato in quella circostanza... e se lo avesse fatto si sarebbe proposto come sostituto anche se non era una cosa proprio regolamentare. Era l'unico parente magico rimasto e inoltre, in quel modo, avrebbe potuto verificare che la famiglia in cui era finita fosse effettivamente buona come aveva pensato nelle poche volte in cui si era azzardato ad avvicinarsi.

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