5. L'espresso per Hogwarts

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01 settembre 1989, Inghilterra, Londra, Kennington Rd 295

Melisandre McLaughlin POV

«Melisandre!» sbottò sua madre sull'ingresso del bagno accanto alla camera sua e di Carol. «Non penserai di andare a scuola arruffata in questo modo?»

La fissò di rimando, con l'asciugamano ancora sulla bocca dopo essersi lavata i denti. Se avesse risposto sinceramente, avrebbe detto di . A giudicare dall'occhiata della donna, però, non sembrava una buona idea dare una risposta affermativa. I suoi amorevoli genitori sembravano molto nervosi quella mattina, oltre ad avere l'aria di due persone con una notte insonne sulle spalle e non sembrava una buona idea contraddire nessuno dei due... Così si avvicinò mesta e si accomodò sulla sedia davanti allo specchio senza emettere un fiato.

Se c'era una cosa a cui sua madre teneva, soprattutto in quelle occasioni, era che i suoi figli — quindi lei inclusa — fossero sempre in ordine e ben pettinati. Sembrava quasi che i capelli andassero a costituire l'ottanta percento del pacchetto.

In quei giorni il nervosismo generale era aumentato ma nessuno sembrava agitato come loro: nemmeno Elizabeth la quale continuava a sgattaiolare nella camera sua e di Carol e prenderle il cappello per girare con quello in testa per la casa, dicendo che travestendosi sarebbe andata anche a lei a fare le magie o Carol che voleva passare le nottate a chiacchierare senza che i genitori le scoprissero.

I suoi avevano controllato non meno di quindici volte il baule per assicurarsi che tutto fosse pronto: i vestiti piegati e stirati, le boccette ben sigillate e chiuse in una scatola comprata appositamente, le piume da una parte in modo che non si sciupassero, il telescopio e il calderone puliti a lucido; tutto era stato meticolosamente stipato e ricordava che quando Richard aveva fatto notare che trascinando il baule tutto si sarebbe ammucchiato si era guadagnato un'occhiata tale da sua madre che non aveva più emesso un fiato sino a sera.

Probabilmente sarebbe stata la studentessa con il baule meglio organizzato della storia; addirittura le era stato infilato dentro un piccolo kit del pronto soccorso, con cui non aveva nemmeno ben capito che fare ma che suo padre aveva insistito per infilare in mezzo al resto aggiungendo che non era certo nella sua scuola ci fosse qualcosa come il disinfettante. Quella fissazione gli era venuta dopo il loro ultimo giro a Diagon Alley, quando un bambino era caduto a dieci metri da loro e la madre aveva semplicemente puntato la bacchetta contro il ginocchio scorticato senza fare altro, chiudendo la ferita ma lasciandola un po' sporca.

Si lasciò pettinare con calma, godendosi le setole tra le ciocche. Quella notte non aveva quasi chiuso occhi e lei e i fratelli avevano passato la mezzanotte a chiacchierare nella camera di Richard fino a quando non era apparta la figura di suo padre a intimargli di andare tutti a letto, dato che quella mattina si sarebbero dovuti svegliare presto e non era il caso di fare tardi. Aveva provato a domandargli cosa ci facesse sveglio lui, ma suo padre non sembrava in vena di rispondere a certe domande e da come li aveva guardati tutti, lei inclusa, avevano capito senza altre discussioni che protestare non fosse un'opzione.

Tuttavia, lei e Carol erano rimaste a chiacchierare fino alle due quando entrambe erano crollate vinte dal sonno.

«Faccio una treccia alla francese, che dici?» le domandò sua madre riportandola al presente. «Così non ti ricadono sugli occhi» aggiunse, sfiorando le ciocche scure.

«Va bene mamma» rispose, soffocando uno sbadiglio e stropicciandosi gli occhi. Forse avrebbe dovuto dormire di più...

Incrociò gli occhi scuri della donna per la seconda volta, poi lei sorrise appena.

«Sei nervosa?» le chiese, riprendendo a pettinarla con gentilezza.

Deglutì: fino a quel momento l'idea della scuola di magia era stata quasi alla stregua di un sogno, nonostante fosse tornata più volte a Diagon Alley e avesse dovuto reimparare a scrivere con le penne e la boccetta di inchiostro o avesse sfogliato i suoi libri. E per quando la lettera del professor Silente rendesse vicino il momento della partenza, la vera ansia era arrivata solo allo scoccare della mezzanotte.

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