6.Il Cappello Parlante

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Melisandre McLaughlin POV

Il binario in pietra su cui scesero era tenuamente illuminato da delle lanterne; poco distante s'indovinavano i contorni del profilo di alcune case, ma non ebbe il tempo di aguzzare la vista per via della calca. Il marciapiede era in totale fermento: tutti gli occupanti appena scesi indossavano una tunica simile alla sua e il caos regnava sovrano, simile a quello trovato alla partenza.

I ragazzi della sua età si riconoscevano perché erano tutti spaesati, intenti a guardarsi intorno senza sapere bene cosa o come farlo. Bastet miagolò nella sua gabbietta, ma in quel momento le si avvicinò un ragazzo più grande con una spilla con una 'C' su uno sfondo blu e bronzo.

Lo guardò per qualche istante, in allerta. Che voleva da lei?

«Devi lasciarla sul treno» le disse, indicando la gabbietta.

«Cosa? Perché?» domandò.

Il ragazzo sorrise appena. «Non preoccuparti, troverai gabbietta e gatto nel dormitorio dopo lo smistamento» disse in quello che doveva essere un tono rassicurante. «I ragazzi del primo anno non possono raggiungere la scuola con gli animali, dato che...»

«Sulla lettera c'era scritto che potevamo. Un gatto, un gufo oppure un rospo» lo interruppe, nervosa all'idea di lasciare la sua gatta. E se avessero sbagliato dormitorio? Se si fosse persa o se, peggio ancora, l'avessero persa?

I suoi genitori erano stati chiari: la responsabilità di Bastet, quando era lì, era sua e basta e per quello doveva fare ancora più attenzione.

Lui sembrò comprensivo. «No, no, intendo che non puoi portarla con te adesso! Vedi quelle carrozze lì, in fondo alla fila?» le chiese, indicando una lunga coda di carrozze senza cavalli su cui i ragazzi più grandi stavano salendo, tutti senza bauli ma per la maggior parte con gabbiette contenenti civette o qualche gatto miagolante.

«Sì» bofonchiò a disagio.

«Tutti gli animali vengono caricati lì dentro e...»

«Ma è impossibile! Come fanno a entrarci?» sbottò. «Saranno tutti ammucchiati!»

Il ragazzo sospirò. «Con un incantesimo estensivo irriconoscibile... serve ad ampliare gli spazi» le spiegò.

Strinse la gabbietta, affatto convinta. «E come farete a sapere dove verremo smistati?» domandò sospettosa. Sulla sua gabbietta c'era scritto nome e cognome, ma non si fidava granché e il pensiero di separarsi dalla micia le metteva più ansia del previsto. Il baule con il pupazzo era rimasto sul treno — non lo avrebbero aperto, vero? — e non voleva separarsi anche da Bastet.

Cercò una buona scusa in fretta, senza riuscire a trovarla fintanto Cornelia non le sfiorò una spalla.

«Audrey mi ha detto che tutte le nostre cose andranno dritte nei dormitori, è sempre stato fatto così...» disse, piano. «Vedrai che starà bene! Sennò aspetta...» e sventolò una mano in direzione di qualcuno.

Il ragazzo venne raggiunto dalla sorella di Cornelia che le squadrò entrambe. «Cosa c'è?» domandò.

Cornelia indicò la gabbietta. «La puoi prendere tu, se non hai niente da fare? Melisandre è un po' preoccupata per la sua gattina» disse, senza vergogna mentre lei sentiva le guance scaldarsi.

Audrey si piegò per guardare dentro la gabbietta. «Va bene, ma non fatevi vedere perché altrimenti ci ritroveremo con tutti gli animali degli altri primini» mormorò, mentre le allungava la gabbietta.

Cornelia le rivolse un gran sorriso e Bastet uno miagolio vibrante, affatto entusiasta.

«Grazie» mormorò, cauta ma più tranquilla. «Sopra comunque c'è scritto nome e cognome se... se serve».

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