Primo Erede

103 17 4
                                    

Andarono in uno spiazzale vuoto, il suo posto preferito.

Si sedettero su un muretto.

Kit non glielo voleva dire. Non per un capriccio né perché non si fidava di Ty; il vero motivo era che voleva dimostrare a sé stesso di essere capace di resistergli.

Sapeva fin dall'inizio che sarebbe stata una battaglia persa.

< Vuoi la versione lunga o la versione corta? > gli chiese

< Visto quello che è successo oggi, penso che prima facciamo, meglio è > rispose.

< Benissimo > Kit fece un respiro profondo. Non avrebbe usato giri di parole. < Sono il discendente di una fata chiamata Primo Erede. Penso tu sappia chi fosse. >

Ecco, era fatta. Come quando togli un cerotto: più in fretta lo togli, meno fa male.

Cercò di guardare Ty restando calmo. Dal canto suo, Tiberius era impallidito.

< Avevo ragione > mormorò fissando Kit come se non lo avesse mai visto prima.

Kit registrò solo dopo qualche secondo quello che era appena stato detto.

< No, aspetta, in che senso "avevi ragione"? >

Non era possibile. Ty non poteva saperlo.

< Io... io lo sospettavo > disse l'altro. < Mi ricordo quando quel Cavaliere di Mannan a Londra ha detto che ti aveva già visto. Avevo letto in un libro che il Re Unseelie aveva ordinato loro di trovare e uccidere il suo erede perduto, quello che aveva avuto con la Regina, ma pensavo si fosse sbagliato... che ti avesse solo visto male. Però durante la battaglia dei Campi Immortali sei sparito all'improvviso. Ti vedevo solo a tratti. Prima eri con Emma, poi c'è stata una luce bianca e poi ho visto Jem Carstairs che ti portava via svenuto. Pensavo fossi ferito, ma quando tutto è finito Dru mi ha detto che ti aveva visto e non che non le era parso fossi ferito; solo incosciente. Da lì non ti ho più potuto parlare, ma alla Scholomance ho fatto delle ricerche e sono venuto anche a sapere che si diceva che l'artefice dell'esplosione bianca fosse stato Ragnor Fell, il che è stupido perché la sua magia non è di quel colore. Ho seguito segretamente la pista del Primo Erede. Non l'ho detto nemmeno a Livvy. E ho pensato... lo sospettavo... > I suoi occhi brillavano come quando risolveva un mistero.

Kit era troppo stupito per parlare. Ty lo aveva scoperto e lo aveva fatto praticamente da solo. Davvero degno di Sherlock Holmes.

< È per questo che la Regina Seelie ti vuole parlare, vero? Ed è per questo che Ash Morgenstern, suo figlio, ti ha attaccato con quel tale, Janus. Ho ragione? >

Kit annuì, gli occhi sbarrati. < Tecnicamente Ash mi stava seguendo. Io l'ho attaccato e Janus ha attaccato me. Però sì, il punto è lo stesso. >

Sul viso di Ty all'improvviso spuntò un sorriso. Kit non era preparato. Ty che sorrideva era un qualcosa di unico, meraviglioso. Dovette distogliere lo sguardo per non lasciar trapelare quello che provava.

Si riprese. Perché doveva sorridere, poi? Non c'era niente da ridere.

< Ora però sappiamo cosa vogliono: te. E... >

< Non essere così eccitato > disse Kit senza guardarlo. < Essere attaccato due volte nello stesso giorno non succede sempre. Anzi, non succede da almeno tre anni. >

< Si, ma ora possiamo fare qualcosa. Possiamo... >

< No, Ty, non possiamo fare assolutamente niente > disse Kit. Si accorse che tutto quello che era successo in quel pomeriggio gli pesava più di quanto pensasse. < A me questa cosa non piace. Io... io non voglio essere nessuno! Non voglio essere attaccato dalle fate malvagie. So da tre anni che prima o poi succederà e non ne ho paura, anzi: non mi tirerò indietro, se non avrò altra scelta. Solo che questo non significa che io sia d'accordo.> guardò Ty. < Non sopporto questa cosa. Non voglio che quello che devo o non devo fare mi sia dettato dagli altri. Non voglio che la gente riponga in me delle aspettative di cui non sono in grado di farmi carico. Tutto solo per colpa del mio stupido sangue!> Si rese conto di respirare affannosamente. <Io non sono pronto per questa cosa! Mi sono impegnato, mi sono allenato. Ci ho provato. Ma oggi, quando Janus mi ha attaccato, solo Ash gli ha impedito di soffocarmi. Io non ce l'avrei fatta a liberarmi, Ty! E se non fossi arrivato tu, probabilmente ora sarei legato a una sedia chissà dove! Posso anche provarci, ma non riuscirei a fare nulla! Chi voglio prendere in giro? Fino a tre anni fa ero solo un mondano che poltriva sul divano tutti i giorni. E ora ci si aspetta che debba fronteggiare qualcuno che magari si prepara da anni per una cosa del genere?!>

Provò ad alzarsi in piedi, ma era ancora lievemente stordito e tornò a sedersi.

< Non riesco nemmeno a riconoscere le minacce > mormorò affranto.

< Nemmeno io ho pensato che quel tè fosse drogato, Kit. > disse Ty, che era tornato serio. < Non puoi fartene una colpa.>

< Sarà. Questo però non cambia il resto. Io... io non sono pronto. Ho bisogno di tempo che ho la sensazione di non avere>

Sentì lo sguardo di Ty su di sé. Quasi non ci fece caso. Quelle parole le aveva tenute dentro tanto tempo. Aveva sempre pensato di non essere abbastanza. Non era mai stato abbastanza. Ci aveva provato, ma niente da fare.

Si sentì come quei primi giorni all'Istituto di Los Angeles, quando tutti avevano grandi aspettative su di lui solo perché era un Herondale.

Jem e Tessa lo guardavano fiduciosi. La piccola Min lo guardava fiduciosa. Ora anche Ty forse l'avrebbe fatto. Lui voleva solo urlare di smetterla. Voleva urlare che tanto non ce l'avrebbe fatta. Quel giorno ne era la prova. Non era stato abbastanza prudente, non era stato abbastanza forte... 

 Ash e Janus tramavano qualcosa, lo aveva capito subito. Lui... lui chi era per ostacolare i loro piani? Aveva sempre cercato di pensare positivo, ma l'incontro con loro era stato la prova che non era abbastanza. Come sempre.

< Kit > disse Ty dopo un po'. < Penso di aver capito. Tu credi... credi di non potercela fare. Io però penso che puoi. Ricorda che Clary Fairchild quando ha affrontato suo fratello sapeva di essere una Shadowhunter da poco, eppure ce l'ha fatta. Se lei ci è riuscita, ce la farai anche tu. L'unica persona che deve iniziare a crederci sei tu, Kit. Se perdi la speranza, perdi in partenza. E non devi per forza fare tutto da solo. Non devi per forza utilizzare qualcosa che ancora non padroneggi. E per riuscirci, se vuoi... > esitò. < Se vuoi ti posso aiutare anche io. >

Kit lo guardò. Ty non aveva un'espressione fiduciosa. Era ferma. Decisa. Era come avrebbe dovuto essere la sua.

Fece un respiro profondo. Basta con l'autocommiserazione. Si obbligò a riflettere.

Avrebbe giocato le carte che aveva. Doveva giocare le carte che aveva. Ty aveva ragione. Non era obbligato a basarsi solo su quello che ancora non gli veniva bene come veniva agli altri. Gli tornò in mente il mito greco di Odisseo-Ulisse o come si chiamava; lui era un uomo che giocava d'astuzia.

A livello fisico Kit aveva ancora del lavoro da fare, nonostante fosse già abbastanza avanti. Si sarebbe impegnato fino a quando glielo si sarebbe concesso. Per il resto, capì che non avrebbe dovuto usare solo l'eredità di sua madre. Avrebbe usato anche gli insegnamenti di suo padre, i trucchi e gli inganni che gli aveva insegnato.

No. Non si sarebbe arreso. Non prima di aver iniziato la partita.

< Grazie Ty. Mi serviva. >

Ty si sporse e abbracciò Kit come se volesse farlo da tutto il giorno. Lui si concesse di affondargli il viso nell'incavo del collo e di respirare il suo odore, dopo tanto tempo.

Non aveva dimenticato quello che era successo tra loro tre anni prima. Ora, però, non era il momento di pensarci. Era cresciuto. Entrambi erano cresciuti. Non erano più quindicenni. Avrebbero risolto i problemi personali quando avrebbero avuto tempo. Fino ad allora, avrebbero pensato al problema più imminente: aiutare Christopher Herondale a combattere meglio e a saper usare al meglio ciò che era in suo potere.

Dopo un po' Kit parlò.

< Per quanto riguarda l'attività demoniaca sospetta, confesso che è colpa mia. Sto convocando un esercito di demoni per distruggere il mondo, niente di grave. Magari di' al Conclave che non è niente, così posso lavorare indisturbato >

Ty si sciolse dall'abbraccio e lo guardò per un momento.

< Stai scherzando, vero? > Il suo viso era allarmato e sospettoso allo stesso tempo, come se temesse che Kit lo stesse prendendo in giro, come effettivamente era.

Lui cercò di rimanere serio, ma alla fine gli scappò la risata. Ty lo imitò, poi tornò a guardarlo.

< Era uno scherzo, giusto? >

Kit gli guardò gli occhi. Gli era sempre piaciuto il loro colore grigio, color pugnale.

< Si, Ty, era uno scherzo. >

Risero ancora.

Autrice: no, gente, non è finita. Vi pare che vi lascio senza un bacio Kitty?

Color lama di coltelloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora