ATTO V

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SCENA I

Erano poche le cose da ricordare quando si partecipava ad un matrimonio, ancora meno se lo si faceva nelle vesti del testimone. Semplici trucchi, come quello di spalmare una goccia di gel in più nel ciuffo ben acconciato per evitare che si appiattisse, quello di evitare qualsiasi accessorio potesse complicare il processo di abbigliamento – nel caso di Louis, per esempio, la cravatta – e quello di aspettare a sistemare il fiore all'occhiello nel tentativo di salvaguardarlo dai possibili colpi ed ammacchi di cui avrebbe altrimenti rischiato di essere vittima. L'abito doveva essere appeso fuori dall'armadio per fare in modo che prendesse aria e non si sgualcisse, le scarpe dovevano essere lucidate, i ciuffi sistemati, il debole accenno di barba rasato. Seguiti questi procedimenti, il castano si era limitato ad indossare la camicia bianca e successivamente il completo blu acciaio e le Oxford marroni, ripetendo tra sé e sé i passaggi del discorso che avrebbe fatto in quanto testimone dello sposo e tentando con ogni fibra del suo essere di non pensare a quanto, in realtà, fosse tutto tremendamente paradossale.

La verità era che quello sarebbe stato il suo ultimo giorno a Villa Paride e, ne era certo, non vi avrebbe mai più fatto ritorno. Louis si stupì quando si rese conto di quanto la tenuta avesse monopolizzato il suo presente senza che se ne fosse accorto nel giro di un paio di giorni, come ogni cosa avesse avuto origine proprio lì, fra quelle mura e quei corridoi, come non vi fosse mondo all'infuori della villa. Si chiese come sarebbe stato tornare nella sua città, alla sua vita monotona e al suo lavoro, al suo Terrace, ai suoi libri, alle sue cose. Pensò non avesse senso. Non voleva separarsi da questa folle realtà parallela nella quale era stato catapultato, perché Villa Paride aveva ora per lui lo stesso valore di un mondo fittizio nel quale sarebbe rimasto per sempre, il frutto elaborato e magnifico del racconto più bello. Si sentì estraneo alla realtà delle cose, perché questa era la verità della villa: un regno nuovo, fantastico e leggendario, lontano da ogni cosa, incredibile al punto da fargli domandare se fosse mai davvero esistito e non fosse altro che un frammento della sua fervida immaginazione.

Pensò che fosse come ascoltare l'armonia del pianoforte, quando la musica arriva a sfiorare la pelle e l'avvolge di tepore e dolcezza, solo per dilaniarla terribilmente non appena il brano giunge alla sua fine, non lasciandosi nulla alle spalle se non un silenzio tremendo, lo stesso che riporta il pubblico al presente assordante, risvegliandolo dal sogno più splendido.

Louis non voleva svegliarsi.

Non solo sarebbe tornato ad una vita senza melodia, banale e prevedibile e per niente stimolante, ma si sarebbe dovuto nuovamente abituare ad un silenzio che, nonostante si fosse assentato per soli due giorni, ora non riconosceva più come suo. Non riuscì nemmeno a concepire come avesse fatto a vivere in un mondo muto fino a così poco tempo prima senza notare l'assenza della musica. I una quotidianità senza alcun suono, inoltre, si sarebbe ritrovato irrimediabilmente solo, tutte le persone conosciute lontane, anche loro tornate in un mondo che, sicuramente, avrebbero rinnegato tanto quanto lui.

Abbozzò un sorriso senza farci caso quando pensò a Robin, la ragazza dai capelli ricci e chiari, il sorriso di gatto e lo sguardo affilato e dolce allo stesso tempo. Con le sue parole pretenziose ed i suoi accessori costosi,  con la sua voce melodiosa e pungente, le sue frasi mirate, sempre spietate, sempre sagge. Robin, che aveva pescato la Distanza e di distante in lei vi era solo la facciata che teneva in piedi per nascondere agli occhi indiscreti quanto fosse, in realtà, buona e dolce e divertente. E poi Niall, con l'armonia della sua voce, ma anche la sua forza e la sua decisione. Con la sua andatura scomposta, come balzasse in avanti spinto dalla furia dei venti, potente ed idilliaco, il sorriso di chi sembrava essere nato ridendo e dava l'impressione di non voler smettere mai. I suoi abbracci possenti, la sua visione quasi fiabesca, come quella del folletto che si stringe intorno alle gambe del protagonista della storia e gli consiglia cosa fare quando non sa che strada prendere. Niall, che aveva pescato l'Imbarazzo e di imbarazzo in lui non vi era nemmeno l'ombra, rimpiazzato da niente di più che una cortesia sconfinata, un affetto amorevole e la promessa di un nuovo, vero amico. E poi... beh.

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