Terzo atto

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Entrarono nella scuola, era immensa, bianca e rosa antico, i corridoi erano interminabili. Un uomo stava trascinando un carrello pieno di scope e stracci, aveva un aspetto smunto ed abbastanza vecchio per la barbetta ricca di sfumature nere e grigie.

"Stiamo cercando il professor Trakis", disse Simone; l'uomo lo osservò attentamente, poi spostò lo sguardo su Alessio ed infine indicò un punto lontano nel corridoio. Abbassò la mano e si allontanò con il suo carrellino molto lentamente.

Si incamminarono e Simone, che non era certamente coraggioso come Alessio, era preoccupato per la situazione estremamente strana e perciò gli chiese "Riusciremo mai a tornare a casa?". Alessio gli mise una mano sulla spalla "Certo che riusciremo a tornare, dobbiamo avere forza e coraggio", la sua voce era ferma e rasserenò Simone ma la sua mente non poteva evitare di pensare e confessò "Siamo gli unici bambini scappati dalla piazza, gli altri sono stati presi dai ballerini, tutti sono stati presi...Alessio io ho paura!". Alessio, si fermò e guardò il compagno negli occhi "Di cosa hai paura?". Simone non riusciva a sostenere lo sguardo intenso del compagno, ma alla fine disse: "Questo posto, l'ignoto, è pieno di cose strane, niente ha senso, questo posto non può esistere, non ha alcun senso". Anche se erano coetanei Alessio era molto più maturo di Simone, e di tutti gli altri bambini della loro età. Simone era sensibile, aveva bisogno di essere consolato e l'unico che poteva farlo era Alessio che gli disse: "La sensatezza è una cosa impossibile da trovare, a differenza della paura che è ovunque, anche nelle cose più piccole e insignificanti. Sarò sincero con te, anche io ho paura, tutti hanno paura, è normale. "Mi stai prendendo in giro" disse Simone "Hai un sacco di coraggio". Appena finì la frase dall'occhio sinistro scese una lacrima. Alessio gliela asciugò con un pollice gli disse un segreto importantissimo "Io non sono coraggioso. Non esistono persone coraggiose, il coraggio sta in quello che facciamo, e hai fatto cose che pochi che avrebbero fatto, nessun adulto avrebbe fatto quello che hai fatto tu oggi". Si abbracciarono, e tutto passò. "Ora, Simone, andiamo, non c'è tempo da perdere, il professor Trakis è in fondo a questo corridoio"

Dopo un lungo tragitto, arrivarono in fondo al corridoio e, appena svoltato l'angolo, cominciarono a sentire una voce piuttosto squillante uscire da un'aula e si affacciarono. Sulla destra c'era una lunga lavagna verde scuro piena di calcoli matematici e dalla parte opposta gli studenti erano disposti lungo delle scalinate; i loro occhi erano fissi sulla lavagna, o sui loro quaderni. Il professore notò i bambini e sorrise.

"Ecco altri due studenti, accomodatevi pure!... come stavamo dicendo i numeri...

Tornò a spiegare cose che andavano dalla geometria alla matematica in modi estremamente contorti che non vi sto a spiegare, perchè potreste non capire, come i bambini che non riuscivano a decifrare nemmeno una parola; tutto ciò che volevano sapere era come poter tornare a casa, perciò da bravo studente, Alessio, alzò la mano, ma mentre lo faceva si accorse che l'aula era vuota, gli studenti non erano altro che bambole, o meglio dei manichini tutti uguali senza volto o espressione. Allora a Simone venne naturale dire: "Ma ci siamo solo noi, a chi sta spiegando?"

Il professore si immobilizzò, irritato spezzò il gessetto bianco che teneva tra le dita, e ribatté dicendo: "Come osate interrompere la mia spiegazione? Venite fuori con me dove potremo avere un po' di riservatezza".

Uscì con i due bambini dicendo ai manichini che avrebbe impiegato poco meno di un minuto. Entrarono in una stanza molto più piccola e il professore si sedette alla cattedra appoggiando le mani sopra la pancia sporgente.

"Sedetevi qui davanti a me e spiegatemi qual è il vostro problema", disse.

Alessio e Simone gli spiegarono la loro vicenda, dal come fossero arrivati lì, al mostro senz'occhi, al bar e all'incontro con il Creatore, e gli chiesero come potessero salvare Riccardo e tornare a casa.

"Quindi è stato l'artista a portarvi qui da me?", domandò il professore. " Quel Creatore non lo sopporto" disse, interrompendo Alessio e guardandosi in giro. "Ha la passione per l'orto e coltiva un sacco di cavolate, tra cui le fave che mi disgustano. E poi passa le giornate con quel suo pennellino a modificare un creato già perfetto. Va dicendo che quella è la vernice con cui è creato il tutto, ma non è così. Voi sicuramente non lo saprete ma l'universo è fatto di numeri; è così perfetto!"

"Come fa ad esserne così sicuro?", chiese Alessio. L'insegnante lo fulminò con lo sguardo:

"Chi sei tu per contraddire me? Io sono un professore e quello che dico è per forza vero!". Era tutto rosso dalla rabbia ma improvvisamente si tranquillizzò e lentamente comparve sul suo volto un inquietante ed ampio sorriso. Continuò: "Se volete, ve lo posso dimostrare".

Nascose le mani che prima erano appoggiate sulla cattedra, lontano dalla vista dei bambini. Cominciò a frugare muovendo un sacco di cianfrusaglie finché non estrasse una pesante accetta che conficcò sul tavolo. L'uomo passò l'indice sul filo della lama con fare soddisfatto.

"Ecco ragazzi, ora vi spiego. Vedete questo strumento molto pericoloso?" disse. I bambini annuirono, tremando anche se Alessio non voleva darlo a vedere, voleva sembrare il più coraggioso possibile. "Bene, questo è composto da linee e le linee sono composte a loro volta da punti, e i punti sono alla fine numeri... ora mi spiego meglio". Si alzò in piedi e tentò di colpire uno dei due bambini, ma per fortuna lo mancò.

"Ma cosa sta cercando di fare?!?" chiesero ad una voce i bambini.

"Ora vi taglierò in tanti pezzi, finché finalmente non vedrò i numeri che vi compongono". Diede un altro colpo ma fallì nuovamente. Questa volta l'accetta si era saldamente incastrata nel tavolo e i bambini sfruttarono il momento per scappare.

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