P r i m o

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Uccidetemi. Subito.
Esattamente sotto l'effetto di quale sostanza stupefacente mi trovavo quando alla tenera età di quattordici anni ho detto ai miei genitori di potermi iscrivere al liceo classico? Perché dovevo essere per forza fatta di qualche strana sostanza, o non trovo altra spiegazione a questa scelta da autolesionista.
La prima ora di greco è quasi giunta al termine ed io non ho ascoltato mezza parola della spiegazione se non 'oggi ragazzi parliamo di...'. Non ricordo nemmeno il nome dell'autore in questione, ma si tratta sicuramente di uno storiografo, quindi o Tucidide o Erodoto, dipende dall'ordine che lei ha voluto usare che come al solito è tutto suo personale.
Continuo a fare disegnini sul quaderno per far finta di star prendendo appunti sulla lezione odierna. Mi crede sicuramente considerato che sono sempre molto attenta e precisa con ciò che scrivo mentre ascolto le parole di tutti i professori, sto attenta ad ogni minima parola che l'insegnante pronuncia per poi appuntarmela in modo che se non si comprendono i compiti da loro scritti sul registro, io ho le parole pronunciate in classe stessa.
Il suono della campanella non è mai stato così piacevole alle mie orecchie quanto oggi. Segna finalmente una pausa più lunga da questo strazio che sono le lezioni.
«Aspettate, devo assegnarvi gli argomenti da studiare per domani, sono buona oggi però, non vi lascio nessuna versione da fare» la professoressa si va a rimettere seduta dietro la scrivania, a prendere il computer della scuola per poter scrivere i compiti assegnati direttamente sul registro elettronico mentre li detta  anche a voce a tutti.
Afferro contro voglia il mio diario per scrivere ciò che dice. In meno di un secondo, dopo che ci lascia liberi, prendo la mia merenda dallo zaino giallo lasciato a terra accanto alla sedia, e corro fuori per prendere un po' d'aria. Ci voleva proprio oggi.
«Certo che oggi la prof ha dato il meglio di se» mentre sono già seduta sui gradini di scuola poco dopo sento le voci di alcune mie compagne di classe che si avvicinano a dove mi trovo.
«Ho pensato la stessa cosa, te lo giuro» sorrido confermando le parole di Chiara con le altre.
«Ecco, non sono l'unica matta allora, meno male» si aggiunge anche Rebecca al discorso. Intorno a me le vedo mettersi a cerchio, con anche Giada e Sara. Quest'ultima non capisco perché sia qui, non la sopporto, ho sempre fatto di tutto per rendere palese questa mio ripudio nei suoi confronti, a quanto pare continua imperterrita però.
«Piuttosto, alla prossima ora che abbiamo che non ricordo?» a parlare è stata Giada. So che la domanda, anche se in maniera implicita, è stata rivolta a me, dato che tra tutte quando si tratta di queste cose sono quella più affidabile.
«Fortunatamente dobbiamo far finta di ascoltare la lezione di religione, tanto oggi dobbiamo finire di vedere il film che ci ha fatto iniziare la scorsa volta» parlo non appena riesco a ingoiare l'ultimo pezzo di panino che mia madre ha preparato questa mattina.
«Ottimo, meno male, non ce la faccio più. Ancora non capisco perché ci fanno venire a scuola il sabato» è sempre la stessa storia con questo quesito tanto. C'è chi si lamenta del sabato e dice che potremmo andare tranquillamente un'ora in più tutti i giorni per avere tutto il weekend libero, altri invece sono felici di avere il sabato a disposizione, perché avere tutti i giorni sei ore con uno da sette sarebbe ancora più da suicidio di quanto già non lo sia. Io me ne tiro fuori sempre in ogni caso, poco cambia tanto, sempre studiare dobbiamo.
Durante i restanti quindici minuti di ricreazione stiamo lì a parlare, tranne con Sara, tutte le parole che sento uscire dalla sua bocca non le lascio nemmeno arrivare al mio orecchio, la ignoro in una maniera che più palese non si può.
Quando quel piccolo momento di pace viene interrotto dall'orrendo oltre che odioso suono della campanella, mi ci vuole un po' di tempo per riuscire a rialzare il corpo e tornare tutte in classe dagli altri. Mi rimetto seduta al posto che ormai è mio fino alla fine dell'anno. In quanto il professore non è ancora arrivato in classe, poggio la faccia sulle braccia conserte sul banco e chiudo gli occhi. La musica nelle orecchie mi impedisce di prendere e lanciare qualcosa ai compagni di classe che starebbero bene allo zoo a fare compagnia a tutti gli urli degli animali lì presenti. Nonostante io l'abbia alzata al massimo volume, continuo a sentire gli schiamazzi delle persone intorno a me.
Sbuffo mentre mi alzo dalla sedia, ignorando con la scusa dell'avere le cuffie nelle orecchie la mia compagna di banco che chiede dove io sti andando. Il professore non sembra arrivare ancora, quindi con calma esco dall'aula per raggiungere il bagno, dove so di non rischiare di trovare qualcuno in questo momento. Per il semplice fatto che la ricreazione è appena finita e nessun professore lascia il permesso a qualunque alunno si tratti, di andare in bagno subito dopo la ricreazione, per loro puoi anche morire per una vescica scoppiata.
Vado subito a sedermi, o meglio poggiare, sul termosifone spento di questa stagione ormai, solo perché si trova esattamente sotto la finestra nel bagno delle ragazze, da qui posso vedere il parco qui vicino, dove arriva un uomo con il suo cane. Non ne sono sicura dato che la mia miopia non aiuta quando si tratta di guardare cose lontane, anche peggio se consideriamo che devo anche andare a cambiare le lenti dato che l'ultima visita dall'oculista ha determinato il peggioramento della mia miopia.
«Eccoti finalmente figlia mia! Sei qui allora Caraesy» il suono di una voce mai sentita prima mi fa sussultare e girare con uno scatto, tanto che le cuffie mi cadono fuori dalle orecchie e le riesco a prendere appena in tempo, prima che tocchino terra.
Mi guardo intorno come aspettandomi l'arrivo di un'altra persona da un momento all'altro, ma i suoi occhi restano fissi su di me. L'uomo sorride proprio nella mia direzione lisciandosi la giacca che ha indosso.
«Mi scusi ma prima di tutto, lei come ha fatto ad entrare, questo se non lo ha notato è il bagno delle ragazze, e seconda cosa non è quello il mio nome... qualunque abbia appena pronunciato. Io mi chiamo Cassandra, ha sbagliato persona probabilmente» mi chiedo come sia riuscito un uomo così ben vestito a passare inosservato davanti ad Antonella e Luca, i due bidelli principali nonché custodi della scuola, tra l'altro sposati tra loro. Stanno sempre molto attenti a controllare chiunque arrivi all'ingresso, ne resta uno quando l'altro deve alzarsi per fare altro all'interno della scuola.
«Suppongo di saper ben riconoscere mia figlia quando me la ritrovo davanti no? Dai non c'è molto tempo, meglio se andiamo» ha addirittura il coraggio di entrare proprio dentro il bagno, fino a poco fa si era fermato sull'uscio almeno, ora nemmeno più questo. Faccio un passo indietro di nuovo contro la finestra, l'uomo però invece di continuare verso di me gira e va davanti ai lavandini. Sopra a questi c'è uno specchio che prende tutta la parete in lunghezza, ma anche in altezza non è poi così piccolo, questo bisogna concederlo alla scuola.
Vedo che fuori dalla giacca tira fuori una sorta di orologio da taschino senza però la solita catenella che serve a tenerlo legato al panciotto che si indossa sotto la giacca.
Ora che è concentrato su qualunque cosa ha intenzione di fare davanti lo specchio, posso sfruttarla a mio favore e sfuggire a questa assurdità.
Sembra assurdo perfino a me, ma in questo momento preferirei trovarmi in classe ad ascoltare addirittura la professoressa di chimica che mi interroga. Totalmente disperata.
Mi muovo con passi brevi ma silenziosi per evitare di attirare la sua attenzione su di me, sono praticamente entrata con la schiena nel muro che separa il bagno con la classe qui di fianco. Provare anche solo a battere i pugni sarebbe inutile, visto che la voce del professore coprirebbe i colpi e sarebbe solo un modo per portare l'attenzione su di me da parte di questo pazzo.
Sono quasi arrivata alla porta del bagno quando questo alza lo sguardo alla mia ricerca, mi sorride prima di staccare qualcosa, sembra essere la freccia di un orologio, che attacca sullo specchio. Ormai è andata, inizio a correre verso la mia classe ma non ho mai superato la soglia del bagno di scuola, perché sono inciampata e caduta a terra. Al posto del freddo pavimento blu che ho visto sempre in questi anni, la mia guancia colpisce l'erba di un prato che punge sulla pelle. Sicuramente meglio questo di una mascella spaccata.
Momento. Momento. Momento. Io ero in bagno, a scuola! Come sono arrivata su dell'erba esattamente?
Spalanco gli occhi mentre mi tiro su con uno scatto. Tutt'intorno a me vedo case luminose, i raggi di sole riscaldano la mia pelle nonostante il vento che invece mi fa rabbrividire.
«Dove siamo? Come ci siamo arrivati qui?» mi giro per porre le domande all'uomo pazzo che stava con me in bagno poco prima, il quale trovo a sorridermi dolcemente.
Che cazzo sorride non lo so, ma vedesse di rispondermi. Certo, essere parte di un'avventura fantastica che ho sempre letto nei miei libri preferiti non mi dispiace, sicuramente mi farà sentire un po' più speciale rispetto al sentimento che provo ultimamente a casa mia a Roma.
«Questa è casa tua mia cara, bentornata» allarga le braccia verso tutto quel luogo che ora ci circonda, le persone camminano tranquille senza nemmeno voltarsi nella nostra direzione, come se veder apparire qualcuno dal nulla fosse totalmente normale per la loro realtà.
«Certo, casa mia. Ma sai soffro di perdita di memoria a breve termine, non ho la più pallida idea di che posto sia questo, magari se sei così gentile da dirmelo nuovamente...» dimmi te cosa mi tocca fare per riuscire ad avere delle informazioni in più quando a rapirmi è stato lui.
Non ricevendo risposta nei secondi successivi mi preoccupo, così torno con gli occhi su di lui, per capire il motivo di questa mancanza, ma lo trovo immobile con le braccia incrociate davanti al petto. Ora che ci faccio caso i suoi vestiti in realtà sembrano anche cambiati.
Basta, devo trovare un po' d'ordine in tutto questo o il mio cervello finirà per implodere non abituato a tutto questo caos che ora vige dentro di me.
Forse potrei fare delle foto o dei video, così che una volta tornata nessuno mi potrà prendere per pazza quando racconterò di questo posto.
Porto una mano sulla tasca dei jeans in cui avevo lasciato precedentemente, ci sono caduta sopra, letteralmente. Fantastici sessantacinque kili di roba sopra un telefono non credo sia il massimo. Meglio aspettare per avere il colpo al cuore che mi causerà il vederlo distrutto totalmente. Non voglio nemmeno immaginare quanto complicato e se sarà possibile recuperare tutte le cose importanti che avevo lì sopra.
Noto che i suoi occhi non arrivano fino a me, ma è come se stesse guardando qualcosa dietro di me, forse meglio dire qualcuno.
Non faccio in tempo a girarmi per capire di più su quanto sta succedendo e cosa potesse esserci che improvvisamente arriva un forte colpo alla testa, con questo torno a terra dolorante. Sto per svenire, sono abituata a questi segnali.
Davanti agli occhi vedo puntini neri sempre più numerosi e vicini tra loro, le orecchie iniziano a fischiare così come anche la testa dà la sensazione di girare, fin quando non riesco più a vedere nemmeno un raggio di sole o un colore che non sia l'oscurità, per poi chiudere gli occhi e perdere definitivamente i sensi lì a terra.

GUESS WHO'S BACK?! Si, sono io, questa volta però invece di una fan fiction ho deciso di provare a buttarmi e rendere pubblica una mia storia un po' più seria.
Questo è il primo capitolo, spero di riuscire ad aggiornare una volta a settimana anche perché ne ho già altri pronti, ma la sessione estiva incombe su di me minacciosa 😂.
Fatemi sapere che ne pensate mi farebbe molto piacere.
Al prossimo capitolo,
~Izzy💖

Mysterious fireDove le storie prendono vita. Scoprilo ora