Ricordi

66 3 5
                                        

Entrai, così, nel caldo ed accogliente bar ''Hasu''*. La caffetteria era davvero molto rinomata, in primis per l'ambiente così particolare che la caratterizzava: piante rampicanti discendevano leggere dal tetto, luci fioche e rilassanti illuminavano il lungo bancone ed una larga finestra completava il quadro, perfettamente naturale ed ospitale. Mi recai subito nelle stanze dietro il bancone per indossare la mia divisa da cameriera e posai il resto delle mie cose nell'armadietto. Ero pronta per iniziare una nuova e monotona giornata della mia vita. L'unica cosa che rendeva il tutto meno pesante era l'ambiente che mi circondava e la presenza del mio capo, Akane. Una donna sulla cinquantina, alta, bionda e sempre pronta a regalare un sorriso a tutti i suoi clienti e dipendenti, compresa me. Fin da quando mi ha assunta si era accorta della mia anima spenta e, così ha sempre cercato di instaurare un rapporto con la sottoscritta, cercando di far illuminare il mio volto, incorniciato da lunghi capelli neri e splendenti, ma vuoti, occhi verde smeraldo.
Appena uscita dalla stanza dietro il bancone, ecco che Akane mi corse incontro abbracciandomi: ''Ehy, buongiorno piccola Hiky, come andiamo oggi? Sei riuscita a muovere le labbra all'insù oppure devo sempre vederti con quella faccia? Fa splendere i tuoi occhi!''. Si, come avete capito Akane era una specie di personal trainer per il sorriso. Mi capitava spesso di leggere frasi come le sue sui social: ''dai il meglio di te'', ''la vita è una sola'', ''sorridi e poi schiatta''. L'ultima, personalmente inventata, era come mi risuonavano alla mente queste affermazioni. Però, non potevo evitare di accennare un sorriso alla luce che emanava quella donna. Vorrei davvero provare ad essere felice, seguire i suoi consigli, ma non ci riesco, non ne trovo il motivo. In fondo chi sono io? Davvero esisto? Troppo sforzo, troppe domande senza risposta. Le risposi semplicemente con: ''Buongiorno anche a te, dovresti aprire una pagina su Instagram e scrivere stronzate del genere'', trattenendo un ghigno. Lei, a questa mia affermazione, scoppiò in una fragorosa risata, allontanandosi e dicendo: ''Sempre la solita, piccola Hiky''.
Nonostante potesse sembrare strano, ero davvero affezionata a quella donna. Ricordo ancora il nostro primo incontro.
***
Faceva freddo, mi ritrovai sola, vicino la riva di un fiume. Stesa sull'erba morbida osservando le stelle. La brezza leggera faceva oscillare i miei capelli e tutto ciò che riuscivo a sentire era lo scorrere dell'acqua. Come sono arrivata qui?
In quel momento non importava.
Ero incantata.
Quella notte il firmamento si mostrava così luminoso che, per un attimo, potei sentire la luce di quelle stelle colpirmi in pieno nell'anima e la Luna riflettersi nei miei occhi.
Era una sensazione piacevole: mi sentivo come
Viva?
Tutto, però, fu interrotto da un forte dolore alla testa, provai ad alzarmi ma le fitte allo stomaco me lo impedivano.
Alzai le mie braccia e notai profondi tagli e bruciature dappertutto.
Iniziai a piangere.
Ma non per il dolore.
Ma perché, per la prima volta da quando ne ho memoria, mi ero sentita viva e quello spettacolo e scoppio di emozioni era stato interrotto dal caldo sangue che scendeva per tutto il mio corpo.
Mi addormentai.
E sognai il mio inferno blu.
Buio totale.
Mi ritrovai sul ciglio di una strada.
Come ci ero arrivata?
Vidi una forte luce e quasi rimasi accecata.
Finalmente sono morta? È questo l'aldilà?
Ma mi sbagliavo. Ciò che mi fece rinsavire fu un rumore metallico e assordante di un qualcosa che frenava.
Una donna, preoccupata scese dalla sua macchina e mi portò con sè.
Svenni, ritrovandomi direttamente in un caldo e grande letto, con la donna che mi aveva salvato accanto.
Confusa e spaventata, appena sveglia feci un veloce movimento per mettermi a sedere.
La donna, però, mi rassicurò, dicendo che ci sarebbe stata lei ad aiutarmi.
La mia vista era ancora appannata e, nonostante sentissi le sue parole come ovattate a causa del mio forte mal di testa, pensai subito di potermi fidare. Una sensazione che mi trasmisero subito quei profondi occhi azzurri che mi guardavano come una mamma guarda un figlio malato.
Ma io non ero ferita.
Il mio corpo era completamente guarito.
Com'era possibile?
Quella notte, però, ero troppo stanca e rimandai questa conversazione con me stessa al giorno dopo.
***
Da quella notte, Akane si è sempre presa cura di me. Nonostante non fosse d'accordo con la mia scelta di andare a vivere in un mio appartamento, io avevo insistito perché di certo non potevo approfittare così tanto della sua gentilezza.
Allora facemmo un patto: sarei andata a lavorare nel suo lussuoso bar, in modo tale da potermi inserire nella società e provare a vivere una vita normale in sua compagnia in modo tale che avrebbe potuto mantenere la sua promessa di starmi sempre accanto e aiutarmi nel momento del bisogno.
Akane era l'unica àncora in questo mondo così scuro.
Mi raccontò di non essere stata lei a curarmi, mi trovò semplicemente accasciata sul ciglio della strada con solo un misero panno addosso color porpora. I miei occhi quella notte erano così spenti e bianchi che all'inizio pensava fossi cieca.
Per lei, ero come una figlia. Entrambe sole al mondo, ci eravamo trovate.
Akane, però, a differenza mia, la tristezza la sapeva nascondere bene e prendeva la vita con spensieratezza. Probabilmente per via della sua esperienza.
Ma io, ero diversa. Ero una ragazza di diciassette anni senza passato, catapultata nel presente e con un futuro sempre incerto.
Una ragazza che aveva dentro di sè un qualcosa che non riusciva a comprendere.
Qualcosa di davvero distruttivo.
A questi pensieri, iniziai a tremare. Ma cosa mi prendeva? Devo calmarmi o finirà male.
Per fortuna, il tutto fu interrotto dall'entrata di una comitiva di ragazzi.
Li osservai attentamente, avevano la divisa di una scuola e sembravano davvero contenti, nonostante fossero le sette e mezza di mattina. Tutti, tranne uno. Aveva l'aria accigliata e scocciata e la sua incredibile somiglianza con la sottoscritta mi strappò una leggera risatina.
Pensai tante volte di voler andare a scuola, anche Akane insisteva tanto. Ma io mi sentivo troppo pericolosa per gli altri. E poi, non avevo nulla da offrire. Se mi avessero ignorata e messa disparte mi sarei sentita solamente più sola.
Andava bene così.
I ragazzi presero posto ed io sfilai velocemente il libretto delle ordinazioni da un cassetto sotto il bancone e mi diressi verso di loro.
Nascosi le cicatrici sulle mie braccia sotto le maniche del mio vestito e arrivai al loro tavolo.
Non so perchè lo feci, in fondo non mi era mai importato di nascondere delle cicatrici che non ricordavo nemmeno da dove provenissero.
''Buongiorno, avete già in mente cosa ordinare?''
Finita la frase, i ragazzi si girarono verso di me e avrei giurato di vedere un'espressione di stupore in tutti loro, compreso quello dallo sguardo accigliato.


Ehyyyyy, ecco qui la svolta. Come sarà l'incontro fra la nostra protagonista e i ragazzi che sicuramente avrete già riconosciuto.
Siete curiosi del passato di Hikari?
*Hasu in giapponese significa loto

Riscaldami il cuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora