Tommaso era sorpreso.
Sorpreso di quanto un attimo potesse durare un'eternità e portarsi con sé ogni tipo di emozione.
Al tempo stesso era sorpreso di quanto velocemente cambiassero le cose, in un istante o poco meno.
Tommaso era attonito.
Certe volte il flusso di eventi che lo circondavano era stato di suo interesse e certe volte non l'aveva capito e aveva lasciato che tutto scorresse per trovare il tempo di chiarire ogni cosa nella sua testa.
Ed ancora, Tommaso era incredulo.
Non che conoscesse poi così bene la vita all'età che aveva, ma aveva pensato di poterla sfidare in una lunga battaglia e che vinca il migliore, e adesso si era ritrovato così.
Perso.
Perdersi è un concetto grande, si diceva Tommaso.
Poteva significare perdere una persona, ma in quel caso non gli era mai successo.
Perdersi poteva significare farlo nel tentativo di cercare e rincorrere qualcosa che non vuole saperne di fermarsi, ma nemmeno questo gli era capitato.
E poi perdersi poteva significare perdersi. Non ritrovarsi più, non conoscersi né riconoscersi allo specchio, credere di essere sempre lo stesso e non esserlo più, perdere la propria essenza.
Lasciarla a qualcosa, o a qualcuno.
Girare in un labirinto senza via d'uscita, al buio, sapendo che la sola luce esistente si era spenta.
Tommaso era esagerato.
Le emozioni scorrevano diverse e incontrollate, la sua testa volava sulle nuvole e si sedeva su di esse la maggior parte del tempo, e l'ordine cosmico influenzava la sua luna al mattino.
Era incredibile pensare che, in soli diciannove anni di vita, le cose fossero già così criptiche.
Ed era incredibile pensare, si diceva il ballerino, che in una settimana fossero cambiate tantissime cose.
5 giorni,
432.000 secondi.
Troppi, si diceva Tommaso, se li avesse contati solo dal punto di vista matematico.
E troppo pochi se avesse saputo cosa sarebbe successo dalla sera del suo compleanno, da quella dei guanti di sfida, da quella della sala prove a quel giovedì notte, o forse venerdì mattina.
Avrebbe fermato le lancette dell'orologio, la sabbia nelle clessidre e il tempo in una gabbia se avesse saputo che questo correva troppo velocemente.
Se l'avesse potuto fare, si ripeteva, l'avrebbe fatto senza dubbio.
Ma non si può, i suoi genitori glielo avevano insegnato.
Non si può tornare indietro quando si fa una scelta, non si possono riallacciare i rapporti se non si mette da parte l'orgoglio, non si può volere qualcosa quando l'abbiamo lasciata alle spalle, e nemmeno il tempo si poteva fermare se non si aveva la consapevolezza che scorreva inesorabile, e nessuno poteva nulla contro di lui.
E ora quel tempo Tommaso voleva scorresse.
Voleva che fosse così tanto veloce da non avere pietà, da trascinarlo e fare di lui qualsiasi cosa.
Perchè diciamocelo, senza Leonardo era inutile.
Tommaso lo sapeva.Non avrebbe retto neanche un secondo, perchè se c'era una cosa che Leonardo faceva senza accorgersene era farlo andare avanti.
Non avrebbe retto neanche una giornata senza sfiorare le sue labbra e non andare oltre mai, senza abbracciarlo, senza cucinare con lui (o più propriamente senza dargli fastidio), senza chiacchierare di musica fuori sulla panchina e senza quel bellissimo mondo che era Leonardo, e che lui aveva avuto la possibilità di vivere.
Senza Leonardo era inutile perchè era inutile svegliarsi al mattino senza l'odore di americano che non poteva fare nient'altro se non fare arrabbiare un barese DOC, né tornare da lezioni pesanti e ritrovare la leggerezza in un piccolo gesto, in una mongolfiera attaccata al suo borsone e un paio di frasette dialettali divertenti dette da un discutibile finto duro e romantico fino al vomito.
Era inutile provare a ballare col pensiero a lui, perchè il maestro Montesso l'aveva fermato tantissime volte fino a rimandarlo in casetta, dicendo che non era nelle condizioni di affrontare nessun tipo di impegno.
Ed era inutile che Martina, Luca, Enula o Alessandro provassero a tirarlo su. L'unico che aveva la capacità di tirare Tommaso era Leonardo.
Tirarlo su quando la Celentano era troppo severa per un ragazzo di quell'età.
Tirare giù e avvicinarlo a lui, quando il pomeriggio alle 17 si ritagliavano quella fetta di tempo per loro e basta.
E poi tirare avanti, perchè l'aveva fatto solo per lui.
E ora che Leonardo era probabilmente in una stanza d'hotel, senza il suo cellulare e fuori dal mondo, Tommaso non sapeva cosa fare. Non sapeva se urlare, stare zitto, lavorare, distrarsi, non sapeva quale fosse un aiuto concreto per uscire da quell'apatia, se provare a parlare con qualcuno, se semplicemente dormire, danzare, piangere.
Era bloccato, e il tempo passava.
Erano tante le cose che avrebbe voluto dire a Leonardo.
Avrebbe voluto dirgli che non aveva apito niente di quello che c'era tra di loro, ma era bellissimo così incasinato.
Avrebbe voluto dirgli che non c'era mai stato niente di così fottutamente forte nella sua vita, e che aveva paura. Avrebbe voluto anche dirgli che era lecito e normale avere paura, che poteva permetterselo.
Avrebbe voluto dirgli che doveva amarsi, perchè nessun chilo in più avrebbe fermato lui dal farlo.
Avrebbe dovuto dirgli che non fa male alle volte tornare bambini, lasciarsi andare e vivere veramente.
Avrebbe voluto dirgli che era contento di essere l'unico capace di tramutare quella solita espressione austera che aveva su in un sorriso, che lo faceva anche lui, che non ne aveva mai abbastanza.
Avrebbe voluto dirgli che aveva tantissimo coraggio, perchè non aveva buttato via tutto né davanti a gente che non comprava i suoi dischi, né davanti a gente che gli dava del frocio, perchè aveva paura.
Avrebbe voluto dirgli che in casetta ora cucinava Luca e puliva Tancredi, che quei due erano diventati amici e che il riccio aveva avuto paura che il biondo potesse uscire; che Rosa aveva ricevuto l'ennesimo guanto di sfida dalla Celentano, e aveva reagito allo stesso modo che lui odiava tanto.
Ma non poteva. Non poteva perché Leonardo era stato eliminato dal programma, e ora la sua domenica la passava da solo.
E non solo la sua domenica, in realtà.
Alle 17 non c'era più nessuno ad aspettarlo per parlare, perché Leonardo era uscito.
Aveva detto che non era una fine questa, e forse aveva ragione.
Tommaso si stava disperando inutilmente, l'avrebbe rivisto presto, l'avrebbe portato a conoscere il suo mondo, a vedere e fargli vedere la sua città sotto un'altra luce, e non quella che gli ricordava Orione.
Avrebbe avuto la possibilità di recuperare il tempo che avevano perso, e costruire.
Avrebbe avuto tempo, si diceva, perché se l'avesse rivisto, quest'ultimo si sarebbe fermato senza dubbio.
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17 | tommaleo
Fanfiction"C'è qualcos'altro che canta oggi Leo". Appoggiò la testa sul petto di Leonardo, dalla parte del cuore.