We'll take this way too far.

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Sarei dovuta tornare immediatamente in hotel, a piedi o con un taxi non sarebbe importato.
Probabilmente mi sarei dovuta fare una doccia per poi nascondermi sotto le coperte sperando che il mattino dopo, con il sole invernale che filtrava dalla finestra intiepidendomi il viso, avrei scoperto che era stato tutto un sogno, che il mio ex ragazzo non era mai apparso davanti a me quella sera. Che non avevo sentito le budella torcersi come se fossi stata sulle montagne russe o come se mi fossi lanciata da un elicottero e che tutti i ricordi che mi erano riaffiorati alla mente non facevano così male come avevo pensato, rimanendo solo un’ombra più scura delle altre.

Come vigilia di Natale non c’era male, mi ritrovai a pensare sarcastica. Il fatto che fossi riuscita, dopo mesi, a spegnere le voci che giravano su me e lui e finalmente le fan più accanite avevano lasciato il passo ed avevano preferito prendersela con altre ragazze, non mi consolava affatto e mi sentivo terribilmente in colpa per tutto quello che gli avevo fatto. Erano bastati pochi secondi di sguardi per mettermi a nudo, ancora una volta, in tutta la mia fragilità ed ero corsa via. Pensai tristemente che proprio un anno prima, in quel periodo, eravamo noi due a correre insieme, non sapevamo quale sarebbe stata la nostra meta, ma sapevamo da cosa stavamo scappando… Pensai alla mia nuova canzone, che tanto piaceva ai fan, dove una delle strofe diceva chiaramente ‘they’re the hunters, we’re the foxes, and we run’ e non era sfuggito a nessuno il palese e nemmeno celato collegamento ad Harry. Non volevo nasconderlo e non l’avevo fatto, così come non avevo nascosto a nessuno, con 'Out Of The Woods', che in ogni modo possibile rimpiangevo quei bei momenti e che, anche quando tutto era andato male, non avevo mai messo in dubbio quello che provavamo l’uno per l’altra. Forse, inconsciamente o nemmeno troppo, avevo cercato di mettere tutto di lui in quelle canzoni, perché almeno quei testi sarebbero rimasti per sempre e da qualche parte sapevo che lo avevo fatto sperando che mi scrivesse, che commentasse quello che avevo raccontato di noi. Piuttosto che mi criticasse. Avrei mandato all’aria volentieri un pezzo della mia dignità pur di riavere qualcosa che fosse lontanamente paragonabile ad un rapporto, piuttosto che il nulla, meglio di quel nulla che avevo, come se niente fosse successo. Con una fitta al cuore mi resi conto che rimpiangevo il passato e che non potevo avere l’ardire o l’ambizione di immolarmi come femminista, coraggiosa, testarda e rivoluzionaria donna di business quando invece nella mia vita privata non ero in grado di mettere insieme due cose che fossero due senza il rischio che esplodessero e mi ritrovassi con una situazione spinosa tra capo e collo. 

Mentre passavo sotto il London Eye, mi resi conto che tante cose erano cambiate e che probabilmente ero io quella rimasta attaccata al passato, mentre lui non aveva vissuto tutto quello che ne era seguito. ‘Le pietre’, di cui cantavo in una mia nuova canzone, le avevano tirate a me, non a lui e non era affatto vero che mi bastava scrollarmi tutto di dosso, perché ogni minuto senza di lui era stata una sofferenza e rivederlo aveva riaperto delle ferite mai guarite. 

Sentii le labbra tremarmi e non era per il freddo, rimpianto ed emozioni represse, ecco di cosa si trattava, ecco cosa non ero stata in grado di gestire per tutti quei mesi. Non avevo mai, realmente, risolto il problema che mi faceva stare male. 

Rallentai il passo, ben sapendo, visto il dolore alle gambe, di essere piuttosto lontana dal bar e ad un tempo anche dall’hotel, che realizzai, avrei avuto difficoltà a ritrovare. Per ora però, non era un problema, dovevo finire di parlare con me stessa, di capirmi e di scoprire tutte le carte anche se fino a quel momento le avevo celate obbligandomi ad immaginare una realtà che mi facesse stare meglio e non piuttosto la verità. L’aria fredda mi avrebbe aiutato a schiarirmi le idee, sarebbe stata propedeutica in quel senso, altrimenti mi sarei solo presa un brutto raffreddore, ma almeno avrei avuto altro a cui pensare.

Il Tamigi scorreva placido e freddo, nero come la pece nell’ombra della notte, mi avvicinai affascinata da uno di quegli spettacoli che solo quando sei da solo e totalmente distrutto puoi apprezzare, arrivai fino alla balaustra dove poggiando le dita scoperte sul metallo freddo un brivido mi traversò la schiena. Cominciai a provare un’insolita sensazione di intorpidimento, ben consapevole che le temperature in quel periodo dell’anno andavano sotto lo zero, ma sapevo anche di poter riprendere la via per l’hotel in qualsiasi momento e mi sarebbe bastato cercarlo con il navigatore per tornarmene tranquillamente alla mia esistenza. 

Magic, Madness, Heaven, Sin.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora