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Quando atterrò a Parigi, a Julian gli si accecarono gli occhi per il sole che trovò al suo arrivo. Il fuso orario era tremendo. Quando i suoi occhi si abituarono alla luce, si ritrovò un grande edificio enorme di fronte a sé a centro di una piccola piazza. Si stava girando in torno e aveva visto un bar all'angolo "Caffe de Teatre" da dove usciva un odore che gli fece venire un conato di vomito, per il troppo profumo. Un supermarket lì accanto, e tantissimo mondani in giro.
"I mondani vedono il vecchio Théâtre du Peuple chiuso molti anni fa per abbandono, qualche anno addietro hanno rinfrescato la facciata del teatro, e il conclave insieme al Sommo Stregone di Parigi, tengono quell'illusione dell'edificio e alcuni incantesimi fanno passare avanti i mondani senza guardarlo più di tanto." Spiegò Jace con un sorriso da so tutto io e Julian lo guardò male. Lui lo ignorò.
"Per noi è una vecchia chiesa gotica, hanno preso spunto dalla chiesa che si trova qui vicino la Chiesa di St-Pierre de Montmartre, quando i vecchi capi dell'istituto decisero di farlo come quel bellissimo edificio, era perché come planimetria e come spazi e torri era molto bella e utile per fare ciò che volevano realizzare."
"Ma sei diventa una guida turistica oppure sei uno shadowhunters che vuole farsi vedere?" Disse Julian in maniera acida.
"Amo farmi vedere. Volevo accorciare il lavoro al nuovo capo dell'istituto cosi da facilitargli il compito di sopportarti." disse Jace con spavalderia.
"Jace non fare lo spavaldo e Julian stiamo cercando di aiutarti, nonostante i nostri impegni." Disse Clary nonostante fosse minuta sapeva chiarire un concetto per bene.
"Nessuno vi ha chiesto di farlo, grazie per il passaggio." disse Julian con sguardo torvo. Julian aveva chiesto quell'aiuto, ma in quel momento quella era la risposta perfetta.
"Puoi aver subito chissà quale perdita, puoi stare male quanto vuoi ma cosi a due tuoi superiori e non che tuoi amici non glieli tratti così d'accordo?"
Julian si rendeva conto di essere cattivo, ma non riusciva a non essere arrabbiato con il mondo. Essere stato in stanza per giorni gli saliva la rabbia verso chiunque incontrava, eccetto la sua famiglia che voleva fare qualcosa per lui. Sapeva che era sbagliato ma non riusciva a capire perché avesse questi attacchi di rabbia e li odiava. "Scusa." borbottò Julian. Ormai quella parola, l'aveva sentita, detta e vista negli altri così tante volte che non la sopportava più.
"Julian so che vuoi restare solo adesso, ma qui ci sono persone fantastiche, quando vi ho incontrato per la prima volta, Emma è scappata via dalla sala degli accordi per il fatto di aver chiuso le ricerche dell'assassino di suoi genitori, era distrutta teneva così forte Cortana che si è tagliata l'intero braccio e non se ne curava." Si fermo le luccicarono gli occhi ma continuo "Lei aveva tutti voi, aveva te, e aveva trovato in me una confidente e in Jace una figura da raggiungere, un idolo, e ti assicuro lui va fiero di questa cosa." Guardò il fidanzato con orgoglio e con amore come lui avrebbe guardato la sua Emma e lui alzo le spalle come segno di innocenza. "Ha sempre avuto qualcuno, un appoggio e non è mai caduta nemmeno quando la sua vita è diventata vuota dopo avere sanato la sua vendetta, tu eri li e hai cominciato a riempire quel vuoto con altro. Ora hai bisogno di trovare te stesso, grazie alla tua famiglia, ai tuoi amici e a questa nuova esperienza, non mandare tutto all'aria, se non vuoi farlo per te fallo per lei." Clary aveva un timido sorriso sulle labbra, le lacrime che le solcavano il viso, e lui non riuscì a trattenere le sue, sembrava un bambino e odiava essere così. "Grazie a entrambi per ciò che avete finora per me e la mia famiglia e per Emma." disse Julian tra le lacrime, le asciugò subito e Jace gli fece un grande sorriso d'incoraggiamento e disse: "Buona fortuna" gli poggiò una mano sulla spalla e lo guardò negli occhi dorati che brillavano di speranza e si girò verso Clary "Amore noi torniamo a quello che stavamo facendo." La baciò sulla testa, e lei in cambio gli diede una gomitata sullo stomaco. "Ciao Julian, ci sentiamo." Si girò e aprì un portale. Julian li salutò e li guardò sparire dentro il portale finché anche esso non scomparì.
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Si guardò in torno vedeva molta gente, ignare di un ragazzo lì al centro della piazza con dietro una chiesa gotica, sperava almeno di un po' di elettricità con il nuovo capo. Helen gli aveva detto che la signora Verlac, il vecchio capo d'istituto, aveva deciso di passare la carica a suo figlio, chiese i vari permessi al nuovo console che accettò la richiesta. Leon Verlac divenne il nuovo capo d'istituto, poteva avere una trentina d'anni per quello che ne poteva sapere Helen.
Julian si mise a guardare meglio l'istituto era maestoso, in alto dove di norma ci doveva essere un campanile c'era una grande cupola in vetro, l'ingresso aveva un portone enorme in legno scuro, in contrasto con la pietra bianca dell'edifico. Di lato vide una parte dell'edificio a forma cilindrica ed era un edificio a due piani, più la torre che era abbastanza in alto.
Fece i due gradini davanti alla porta ed entrò.
La porta come ogni altro istituto si aprì subito al suo contatto riconoscendo il sangue angelico. Appena entrò vide delle enormi scalinate in marmo di un color crema, la ringhiera, probabilmente rimodernata da poco, totalmente in vetro. Un lampadario enorme che si vedeva da qualsiasi punto dell'Istituto che mandava riflessi in giro per la stanza. Ai lati c'erano varie porte e alcune anche dietro le scale. Concentrato a studiare l'istituto dall'ingresso non si vide scontrarsi un ragazzo più o meno della sua età, capelli lunghi fino alle spalle e mori e gli occhi scurissimi con un'aria cosi distratta che cominciava a pensare che stesse dormendo. "Salut" disse lo sconosciuto, mentre si alzava da terra. "Ciao" disse Julian massaggiandosi la spalla dove il ragazzo aveva urtato.
"Tu serais Julian. l'Américain?" disse il ragazzo con un sorriso fin troppo contagioso in viso.
"Emm, si sono io, ma tu chi sei?" disse Julian irritato che già tutti sapessero chi era. Meno male che aveva studiato francese perché senno sarebbe stato un disastro.
"Pardon, Io sono Adrien Pontmercy, piacere di conoscerti." parlò in inglese ma l'unione con l'accento francese faceva ridere.
"Vorrei avvisare il capo dell'istituto che sono arrivato, puoi portarmi da lui?" disse Julian.

La fine è un nuovo inizioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora