Mi chiamo Josh e ho cinque anni.
È un pomeriggio tardi, sono a casa e sto facendo sfrecciare le mie macchinine sul pavimento.
Poco fa mamma mi ha annunciato, tra le lacrime di gioia, che presto avrò un fratellino, ma per ora è ancora nella sua pancia. Anche papà lo sa, gli è stato detto prima di me. Prima è uscito, non so a fare cosa, non mi dice mai dove va.
Credo sia andato a comprare un regalo per il fratellino. Sento la macchina parcheggiare nel viale di fianco a casa e capisco che è arrivato, non è stato via poi molto. "Chissà cosa ha comprato" penso.
Arriva a casa e non mi saluta nemmeno, va direttamente da mamma. Lo sento urlare che non lo vuole quel figlio, già gliene basta uno tra i piedi.
Ma queste non mi sembrano urla di felicità. Sento mamma scoppiare a piangere e ora capisco che nemmeno quelle di mia madre erano lacrime di gioia. Nel frattempo papà continua a gridare che sa benissimo che il figlio non è il suo.
Non capisco cosa voglia dire, ma non mi interessa, non voglio più sentire una parola di quel discorso, non mi piacciono le urla.
Mi tappo le orecchie, ma non basta perché il litigio cresce di intensità. Papà urla che gli fa schifo che mamma va a fare la puttana tutte le notti, è normale che poi si ritrova una pagnotta nel forno. Mamma gli dice che è l'unico modo per sfamarmi dato che lui è un drogato senza nemmeno un lavoro.
"Basta!" non voglio sentire altro, così mi chiudo in bagno.
Ma da lì è anche peggio. Giungono rumori soffocati, ma non riesco a capire cosa sta succedendo.
Urla.
Un rumore secco, seguito da un tonfo.
Sembra che si stiano picchiando. Perché deve sempre finire che si picchiano?
Ho paura.
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Il MIO NOME È JOSH
Romance" [...] Beatrice mi interrompe >. mi stringe più forte la mano e mi dice in tono dolce, gli occhi traboccanti di lacrime: > "