ad agrippa

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Scriberis Vario fortis et hostium
victor Maeonii carminis alite,
quam rem cumque ferox navibus aut equis
miles te duce gesserit.

Nos, Agrippa, neque haec dicere nec gravem
Pelidae stomachum cedere nescii
nec cursus duplicis per mare Ulixei
nec saevam Pelopis domum

conamur, tenues grandia, dum pudor
inbellisque lyrae Musa potens vetat
laudes egregii Caesaris et tuas
culpa deterere ingeni.

Quis Martem tunica tectum adamantina
digne scripserit aut pulvere Troico
nigrum Merionen aut ope Palladis
Tydiden superis parem?

Nos convivia, nos proelia virginum
sectis in iuvenes unguibus acrium
cantamus, vacui sive quid urimur
non praeter solitum leves.

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sarai scritto da vario, tu, vincitore della sorte e
dei nemici, dall'auspicio del canto di meone,
l'impresa che, con le navi o i cavalli, il feroce
soldato, avrà compiuto mentre tu eri il capo.

agrippa, non ho saputo dire queste cose né 
dare la rabbia gravosa del pelide, non ci
sforziamo, noi, deboli di narrare cose grandi
i duplici viaggi per mare di ulisse,

né la crudele casa di pelope, mentre
il pudore e la musa idonea all'imbelle
lira, vieta di tenere le lodi dell'egregio
cesare e le tue per il vizio di ingegno.

chi avrà scritto degnamente di marte,
chiuso nella tunica di diamanti o del nero merione nella polvere troiana o di titide
pari ai superi con l'opera di pallade?

cantiamo vacui i banchetti, le battaglie
delle aspre vergini dalle unghie curate
contro i ragazzi, o lievi ciò che
no bruciamo contrariamente al solito

«carmina» orazioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora