= 𝟔𝟗: ropes, lawyers and exhibitionist underage

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Il petto di Jimin si alzava e si abbassava veloce, ritmico, in pura estasi. Lui stava per venire, di nuovo allora io mi fermai e mi staccai dal suo corpo.
Jimin si lamentò e si contorse per il senso di vuoto che gli avevo lasciato.
Poi con un sorrisetto il mio membro entrò di nuovo nel suo sesso. Con quel movimento repentino e improvviso mandai Jimin fuori di testa, la decisione gli aveva spezzato il fiato e allora capì di non essere stato soddisfatto e appagato fino a quel momento.
Continuai così ma poi decisi di fare un'altra cosa.

Mi alzai in piedi, mi abbassai totalmente i pantaloni. Jimin mi guardò confuso e si alzò anche lui, osservendo i miei movimenti.
Gli presi la tenera mano e lo avvicinai a me, la camicia sbottonata mi cadde un po' dietro la schiena, sulla spalla. Le nostre labbra si incontrarono prima dolcemente, poi con forza gli morsi il labbro inferiore e lui emise un gemito soave.
«Dov'è la camera da letto?» domandai autoritario, ero totalmente un'altra persona. In principio mi guardò con un cipiglio confuso poi, sempre tenendo la manina incollata alla mia mi guidò attraverso il corridoio dell'appartamento.
Arrivati davanti alla porta di quella che doveva essere la sua stanza, mi ritrovai con le spalle alla porta. Baciò il mio collo niveo e poi lo morse, una, due, tre volte. Sospirai come se desiderassi stare per sempre sotto quelle labbra morbide ma a mio malgrado quei baci erano solo una maschera, per Jimin. «Non ti fidi di me?» chiesi, scostandolo dalla mia pelle ormai martoriata dalla sua passione.

«Non so chi sei.»

«Hai paura di me?»

«Ho paura di lui.» affermò serio, gli occhi incastonati in modo fermo nei miei. Stavolta finì lui con le spalle al legno, le nostre labbra si incontrarono per l'ennesima volta, ci staccavamo solo per riprendere fiato. Le nostre lingue si abbracciavano, si scontravano senza sosta e il mio cuore perdeva battiti ognuna delle volte in cui sentivo il rumore del metallo di quelle dannate manette e le sue mani su di me. Che mi stavi facendo Park Jimin? In poche ore. Chi sei davvero?

Le sue mani arrivarono alle mie spalle e con difficoltà mi sfilò finalmente la camicia, che cadde a terra sopra ai nostri piedi nudi. Appena fummo completamente nudi entrambi, cercando di sviare la sua attenzione con un altra serie di baci, aprii la porta. Girai su me stesso, completamente preso dagli schiocchi rumorosi e dalla saliva ed indietreggiai.
I miei polpacci incontrarono il letto, in mezzo alla stanza. «Siediti.» sussurrai all'orecchio di Jimin e lui obbedì silenzioso. Lo osservai per un po' e lui preso da uno strano imbarazzo cercò di coprirsi la parte più intima di sè stesso con le mani, in posa venerea. Ridacchiai con gli occhi e lui arrossì in soggezione. Mi avvicinai al suo viso e ci guardammo di nuovo negli occhi. I nostri blocchi di colore erano tirannici e ci divoravano. Era una cosa che avevo notato da appena lo avevo visto, non potevamo staccarci gli occhi di dosso come una coppia sposata da cinque anni che continua a vivere momenti dolci come quelli delle prime volte. Il mio sguardo però venne attirato da altro e «Oh guarda cosa ho trovato!» erano delle piccole chiavi. Feci il giro del letto a baldacchino e le presi in mano, quando mi alzai notai una serie di foto di Jimin nudo e degli oggetti che mi fecero deglutire a disagio, spaventato.

«Yoongi.» mi richiamò. Era sicuro nel nominarmi ma la voce era tremolante.

Gettai le chiavi sul letto e iniziai a strappare una ad una le foto sulla parete. Lui sospirò arreso, allungò le braccia verso quelle che avrebbero sbloccato le manette maledette e provò a levarsele da solo, con difficoltà. Le mie dita raggiunsero il suo mento e lo strinsero, alzandolo verso il mio viso. Gli slacciaj le manette, accarezzai i suoi polsi graffiati e poi non resistetti più, lo baciai e lui ricambiò prontamente.

Lo feci distendere sotto di me e guardai le corde appese al suo letto. Afferrai uno dei suoi polsi, lo baciai con delicatezza e lo sollevai, in modo da legarlo con una delle corde, attorcigliate alla trave del letto a baldacchino, soprattutto i nostri corpi.
Lui rise sulle mie labbra. «Pensavo volessi liberarmi.» mormorò, sbattendo le ciglia civettuolo. Era quello legato ma era lui che dominava e lo sapeva bene. Lui, con i suoi occhi e le sue labbra, con i suoi fianchi e le sue movenze.

- 34 + 35 ; ᵏᵒᵒᵏᵗᵃᵉ ʸᵒᵒⁿᵐⁱⁿ Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora