Shakespeare in Love

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E' proprio una bambina, nell'accezione più positiva del termine, ovviamente. Solo a lei poteva venire in mente la cosa dell'albero di Natale, e soprattutto esporla in quella maniera, come se fosse al contempo sia l'idea del secolo sia qualcosa di cui vergognarsi, quasi. Tra sfide, prove, lezioni e litigi per chi deve fare le pulizie, lei se ne esce con sta cosa dell'albero di Natale. Ovviamente piace a tutti come idea, non poteva essere altrimenti. Pare non ne sia consapevole, ma è dotata di un magnetismo assurdo: non solo quando balla.

Tipo ora, sono ancora seduto al tavolo quando vedo Esa avvicinarsi ed abbracciarla. Si fa voler bene da tutti, è normale. Lui mi sa che gliene vuole in particolar modo però. Chiaramente non sono affari miei no? Assolutamente no, io devo solo andare a mettere a lavare il mio piatto, prima che qualcuno abbia da ridire. E' assolutamente casuale il fatto che loro siano in mezzo.

«Mi fate passare? Devo mettere questo via.» non sono stato scontroso vero? Cioè, è solo che non mi pare il posto giusto dove fermarsi no?

Si spostano, Esa più di Giulia, lei si ferma al mio fianco. Palline a forma di Bag di Guccy? Ma come cavolo le vengono? Inarco un sopracciglio, concentrandomi per non ridere, soprattutto perché non appena pronuncia quelle parole, sembra stia cercando un modo per cancellarle.

«Pensi che me le farebbero?» le chiedo tentando di mantenere l'espressione più seria che posso.

«Mannaggia, io stavo scherzando!» si premura di specificare, come se realmente ce ne fosse bisogno, al che sono obbligato a confessare a mia volta «Anch'io!» le faccio un occhiolino, e poi istintivamente sistemo una di quelle ciocche di capelli che le si è spostata davanti al viso, nello scuotere il capo. Gliela porto dietro un orecchio, e per un attimo vorrei far rimanere le mie mani lì, tra i suoi capelli, arrotolando i lunghi fili castani tra le mie dita.

Un colpo di tosse alle nostre spalle: Esa. Giustamente sono io che ho interrotto loro no? Cioè si stavano abbracciando, magari si stavano raccontando qualcosa, confidando segreti, pianificando di vedersi un film. Ecco appunto. Ora me ne vado e li lascio agli affari loro ed io vado a lavorare su quelle barre che stamattina proprio non volevano uscirmi. Ma perché Giulia guarda me? Esa la richiama di nuovo, ma a rispondergli sono io.

«Sì dai, anche io, avevo proprio voglia di vedere...» non ho idea che cosa si debbano vedere «un film.» Sorrido stringendomi nelle spalle, e vedendo l'espressione contrita del mio amico, lo conduco verso il divanetto, cingendolo con un braccio, per poi voltarmi verso la ballerina «Vieni?»

Faccio per prendere posto con loro, ma Deddy mi chiama dalla nostra camera. Non posso far finta di niente vero? «Vabbè, iniziatelo voi.» Alla fine è giusto così, non so nemmeno cosa mi sia preso poco fa.

«Che succede?» chiedo al mio amico una volta entrato in camera, trovandolo già bello che tranquillo disteso a letto.

«Niente brody, cercavo il caricabatterie, ma l'ho trovato.» risponde lui con noncuranza, facendomi sbuffare. D'accordo, lo prendo come un segno del destino: mi devo fare gli affari miei. Mi siedo sul letto e tiro fuori il quadernetto dove appunto i miei testi, è meglio così.



Non so precisamente quanto tempo passa, penso poco, scrivo di getto, ma quando rileggo le parole che vergano la carta mi rendo conto che il mio pensiero è da un'altra parte e mi ritrovo a cancellare per l'ennesima volta le barre scritte. Sbuffo, cambio posizione, e alla fine ci rinuncio. No, niente rinunce. Una pausa, ecco sì meglio, vado a bermi un bicchiere d'acqua, o ancora meglio qualcosa di caldo.

Abbandonati quaderno e matita, esco dalla mia camera, muovendomi in direzione della cucina, ma passando non posso non notare una figura rannicchiata sul divano. E' da sola. Guardo la cucina e poi guardo Giulia, illuminata dalle luci dello schermo. «Posso sedermi qui?» le chiedo con un mezzo sorriso e lei sgrana quegli occhi grandi come se avesse visto un fantasma.

«Pensavo fossi andato a dormire...» mi dice con un tono non troppo entusiasta.

«Non stavi guardando il film con Esa?» le chiedo io, guardandomi attorno.

«Mh, è andato in bagno.» cos'ha adesso? Perché non ride come sempre? Sembra offesa. Vabbè, sarà presa dal film, ora me ne vado.

«Posso sedermi qui?» o forse no. Forse non me ne vado.

Di nuovo quello sguardo stupito, ma poi annuisce silenziosa, spostandosi un po'. Non me lo faccio ripetere due volte e mi siedo, affianco a lei, un braccio steso sullo schienale dietro la sua testa ed una gamba piegata sulla seduta, guardo lei e poi lo schermo. «Ah ma non pensavo che fosse Shakespeare in love.» ridacchio e lei di contro ride più forte. Finalmente.

E' vicina, ma mi sembra scomoda. O ha freddo. O entrambe. O forse fa comodo pensarlo a me? Non so nemmeno come mi sono ritrovato i suoi capelli tra le mani, ma hanno un buon profumo. Nel senso, lo shampoo che usa ha sicuramente un buon profumo, ecco. Si muove ancora. «Se ti appoggi stai più comoda.» l'attiro a me, lasciando che prenda posto sulla mia spalla, mentre le mie dita continuano a muoversi tra i suoi capelli ed il suo braccio, e le sue si aggrappano al maglione che indosso.

E' leggera. Ma questo lo sapevo già, leggera come una farfalla. L'ho scritto in quelle barre che ho cancellato più volte, ed ora mi sa che ho capito il perché.





Spazio autrice: Ciao a tutti! Questa è la mia prima fanfiction, e spero possa piacervi, se avete voglia di farmi sapere cosa ne pensate ne sarei davvero felice <3 Spero di riuscire a rendere i vari personaggi nel modo migliore possibile, e che vi divertiate nel leggere i miei capitoli <3

Che non può funzionare.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora