Estate. Profumo di pesche, mare, sale. Profumo di musica, sesso, libertà. Stava arrivando, si sentiva nell'aria. Il mio primo anno di università era volato via come un colibrì disorientato. Tanti alti e bassi, qualche capitombolo e un tragitto molto confuso. Picchiettai le dita verniciate di rosso sul seggiolino del treno. Un tempo doveva essere di un blu intenso, come il colore del mare aperto. Ora invece era circondato da puzza di sudore. Arricciai il labbro, trattenendo il respiro. Ah, i treni.
"Siamo in arrivo a #####" annunciò l'altoparlante. Finalmente! Iniziavo davvero a non sentirmi più il corpo. Dovevo muovermi o avrei iniziato a fondermi con l'abisso scolorito del sedile di un treno. Appena scesa mi incamminai verso l'uscita. Ci misi un quarto d'ora ad arrivare sotto casa. Era ancora lì. Il portone si aprì con uno scatto severo, autoritario. Caricai l'ascensore e mi incamminai verso la porta d'ingresso. Era vuota. Mio fratello si trovava all'estero e i miei dovevano essere ancora a lavoro. Dopotutto erano appena le tre del pomeriggio. Mi fiondai subito sotto una doccia bollente, anche se ero ancora leggermente accaldata dal viaggio. Era maggio, il caldone estivo stava arrivando. Uscii di casa di fretta, ancora con i capelli bagnati. Le mie scarpette in velluto sfrecciavano sui sampietrini di piazza Duomo. Il sole era ancora alto, sentivo i miei capelli arricciarsi sulla schiena scoperta per il caldo. Era fastidioso. Li spostai, raccogliendoli in un cucù. Le mie amiche mi aspettavano sedute su un tavolino all'aperto. Il volto di Jessica si illuminò in un sorriso vedendomi. Barbara si girò, abbastando gli occhialoni da sole sul naso perfetto.
"Ciao amo'!" mi salutò Barbara.
Ricambiai abbracciandole entrambe, un miscuglio di capelli biondi e bruni. Jessica e Barbara erano le mie migliori amiche dai tempi del liceo. Fin dal primo anno avevamo capito che ci saremmo sempre state l'una per l'altra.
"Allora, come state?" dissi sedendomi. Il cameriere arrivò dopo qualche chiacchiera del più e del meno. Ordinai un caffè shakerato, amaro. Erano già le cinque, ma mi sarebbe sicuramente servito. La sera ci saremmo trovate tutte insieme, e quando ciò accadeva tutto era possibile.
"Carola?" sentii la voce di Jessica chiamarmi, mi ero astratta un attimo. Mi ripeté dunque la domanda: "Novità con il ragazzo di Milano?". Ah già. Dovetti trattenere una risata isterica.
"No, niente di che... In ogni caso adesso sono tornata, quindi non ci vediamo più." cercai di cavarmela con poche parole evasive. Jessica intese che ci fosse qualcosa di strano, ma non cercò di insistere. La bionda capiva sempre quando era meglio fermarsi. Iniziammo a raccontarci ogni singolo aneddoto che ci venisse in mente. Dai più seri, quasi esistenziali, a domande come "Ma avete mai assaggiato i croccantini del cane?".
"Ovvio" risposi, accavallando le gambe. Il vestitino nero faceva risaltare la mia pelle chiara. Un contrasto forte. Le due ancora parlavano del cibo per animali quando ci alzammo dal baretto per incamminarci verso il ristorante. Il centro storico di ##### era abbastanza piccolo da poterlo fare tutto a piedi senza problemi. Il ristorante si trovava in via Farini, conosciuta come il luogo della movida degli universitari. Una tavolata bianca ci aspettava, all'esterno del ristorante Dolce Vita.
"Nome?" chiese il cameriere, accogliendoci all'arrivo.
"Gatullo" rispose Naomi, che ci aveva raggiunte poco prima durante il tragitto. Il cameriere si illuminò in un sorriso. Ci porse subito il braccio verso il nostro tavolo, facendoci accomodare e servire da bere.
"Solo acqua per me" lo fermai, pronto a versare il mio calice. La serata prima avevo dovuto salutare le mie amiche di Milano. Le mie compagne di corso avevano organizzato una bella cena che poi si era dilungata in una festa pazza. La testa ancora mi pulsava. Naomi mi fissò stranita.
"Come, non bevi?!" mi chiese incredula, "Stasera si fa fiesta mi amor!". Naomi era per metà argentina da parte di mamma. La giovane modella sudamericana, da appena diciottenne, rubò il cuore al figlioletto viziato sbagliato. Lui se lo volle a tutti costi tenere con sé, così la ragazza dovette abbandonare la sua famiglia e carriera per trasferirsi a #####, destinata a restare nella sua ingannevole bolla. Disoccupata e con tre bellissimi bambini, tra cui Naomi (che era la più grande), le era andata di lusso nel senso letterale.
"In che senso "si fa fiesta"?" chiesi. I piani erano di trovarci per cena, ma di nuovo: tutto è possibile con loro. In particolare la bionda scura che mi fissava ancora dall'altro lato del tavolo.
"Sì, con un poquito de hombres!" rise, "Dai che ci distraiamo un po'!" aggiunse poi con il suo tono da mamma. La chiamavamo Gatta Madre non a caso. Abbassai lo sguardo sulla sedia. Aveva dei soffici cuscini bianchi a nascondere il freddo ferro scuro. Il metallo a contatto con la pelle ancora accaldata mi fece rabbrividire.
"Ma tranquille, tanto siamo in centro" aggiunse poi Naomi. Io al contrario non mi sentii tanto rassicurata. Ciò che disse significava che ci sarebbero state delle persone che non avrei voluto vedere volentieri. Sospirai e decisi infine di versarmi un bicchiere di spumante.
"A casa di Benevento" aggiunse, facendomi andare di traverso il liquido frizzante. Come non detto... Tossii, portandomi il tovagliolo bianco davanti alla bocca. Lo sporcai leggermente di rossetto rosso. Il cibo si freddò nel piatto senza che io riuscissi a finirlo. Col conto arrivarono degli amari offerti dalla casa. Nessuno se ne privò. Inutile spiegare come mai eravamo già euforiche fra le strade del centro prima ancora della festa. Quando fummo davanti all'ingresso laterale, ci aprirono. La porta di vetro automatica frecciò all'interno del muro al lato. Ci incamminammo verso la scalinata in pietra, il ticchettio dei tacchi di Barbara che faceva da sottofondo. La mia ansia aumentava a ogni scalino che salivo. Presi una boccata d'aria per calmarmi e il profumo di gelsomino mi avvolse il naso. Arrivate sulla soglia, Naomi entrò, seguita a ruota dalla chioma bionda di Jessica. Barbara si girò improvvisamente prima di entrare.
"Tutto bene?" fece uno dei suoi sorrisi brillanti la mora, "Hai una faccia!".
"Sì, certo!" la rassicurai prima di farle cenno di andare avanti.
No che non stavo bene! Il ragazzo di Milano si trovava a quella festa al cento per cento, d'altronde eravamo a casa sua.
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Non tutto è oro
RomanceNon tutto è oro ciò che luccica. Carola se ne è andata proprio per questo dalla sua città natale #####, decidendo di studiare a Milano. L'estate è ormai alle porte e l'anno accademico è finito. Carola ritorna a casa sua, cascando di nuovo nella boll...