Parte 6

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Durante tutta la prima parte del viaggio decisi di tacere. Akutagawa guardava l'orizzonte con Rashōmon che teneva sospesi i bagagli e che non mi lasciava avvicinare più di tanto. Mi accostai alla ringhiera fredda e umidiccia del ponte principale e fissai il mio compagno di viaggio, poi guardai tristemente l'acqua.
- perché hai accettato questa missione con me come partner?
- Se avessi avuto scelta avrei preferito chiunque a te.
- non credere che a me faccia piacere stare qui con te, sono tranquillo solo perché so che non ucciderai nessuno.
- dammi la mappa e chiudi la bocca.
Dopo che gli diedi l'oggetto richiesto, andò via e si chiuse nel suo alloggio. Mi arrabbiai di nuovo, mi sedetti a terra incrociando le gambe e poi mi preoccupai di pensare a come risolvere il problema. Dovevamo distruggere quel maledetto vaso e non dovevamo incontrare nessuno che avesse contratto la malattia. Il signor Dazai aveva chiaramente detto che chi la contrae impazzisce e muore, ma a modo proprio, mi chiedevo cosa potesse significare. Dentro uno dei pacchetti che Akutagawa aveva portato, c'era un scatolina che aveva lasciato a me. Decisi di aprirla. Dopo un simpatico rumore che fece aprendosi, vi trovai due siringhe contenenti un liquido verdastro. C'era un biglietto, lo lessi.
"Atsushi caro, questi sono le prime sperimentazioni di antidoto alla malattia che il vaso propaga, utilizzateli solo su voi stessi e solo in caso di estrema emergenza, poiché non credo possano realmente funzionare... ma la speranza è l'ultima a morire, purtroppo per me"
Il tuo capo.
Mi resi conto che forse dovevo condividere questa scoperta con il mio partner, ma poi compresi che se il signor Dazai l'aveva affidata a me, c'era certamente un motivo. Scelsi di tacere, ma raggiunsi comunque Akutagawa per chiedergli se aveva scoperto qualcosa in più. Mi fece entrare nolente e mi sedetti al tavolino con lui. Tossì un paio di volte e poi mi guardò.
- che vuoi?
- hai scoperto qualcosa?
- solo quello che ci è già stato detto. Questa nave ci porterà vicini alla nostra destinazione. Da lì prenderemo un treno che ci condurrà alla meta, dammi il lasciapassare.
Glielo diedi per non farlo arrabbiare ulteriormente e poi lo vidi sventolarsi con un opuscolo.
- se hai caldo, levati il cappotto.
Mi guardò infastidito, ma lo tolse. Ci pensai solo in seguito, si era di nuovo fidato di me. Vedevo raramente Akutagawa senza quel lungo soprabito, mi piaceva così, avrei avuto voglia di osservarlo più spesso.
- tigre, ora dobbiamo mettere in chiaro un paio di cose. Non metterti a fare l'eroe, non avvicinarti a chi è malato e pensa solo all'obiettivo. Se mi rallenterai, ti lascerò indietro.
- non rimango mai indietro, lo sai bene - gli dissi.
- bene, vattene in camera tua.
Uscii dalla stanza e mi diressi verso la mia, percorsi meno di dieci passi e vi entrai. Tirai fuori il cellulare e fino a che potevo, chiamai i miei amici.
- Atsushi! Non dirmi che già ti sei messo nei guai. Dazai mi ha spiegato cosa state facendo, ci raccomandiamo tutti a te.
- signor Ranpo, non sono nei guai, ma sono un po' spaventato. Dubito che io e Akutagawa potremmo risolvere la questione.
- ah! Questo non posso dirtelo ancora.
- lei sa già come andrà a finire, vero?
- certo che lo so.
- buonanotte signor Ranpo, le ho lasciato qualche snack nel mio armadietto, non ha lucchetto.
- sei proprio un bravo ragazzo, ci vediamo tra qualche giorno Atsushi, attento a non affogare!
Cercai di dormire, ma il mio sonno fu breve e all'alba mi alzai dal letto. Akutagawa era venuto a buttarmi giù ma non mi aveva trovato,  mi disse poi che la nostra fermata era vicina, così scendemmo dalla nave come solo noi potevamo fare e raggiungemmo la ferrovia. Saremmo dovuti rimanere sul treno per un paio d'ore. Lèsse un libro di cui non comprendevo i caratteri per qualche decina di minuti, io invece riempii il mio stomaco come si doveva. Alla fermata prima di quella dove dovevano scendere, salirono a bordo una donna e un bambino che si sedettero a pochi posti da noi. Poco dopo assistetti a una scena talmente raccapricciante che rimasi inerme. Il bambino iniziò a gridare e la sua carnagione divenne violacea, la donna estrasse una pistola e sparò prima a lui e poi a se stessa. Accadde tutto così in fretta che i miei occhi faticarono a registrare l'evento. Il loro sangue era finito su un uomo che passava nel corridoio in quel momento, così anche la sua pelle si scolorì e si voltò verso di me. Mi guardò gridando un nome che non era il mio e poco prima che mi afferrasse, un colpo alla testa lo uccise. Io e Akutagawa ci alzammo di scatto e guardammo nella direzione del proiettile.
- ciao Atsushi, tu e il tuo compagno siete pregati di seguirmi.

La luce è un'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora