Parte 9

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Sgranai gli occhi, lo vidi fissarsi la mano, le sue vene stavano diventando evidenti e una lacrima di sangue gli scorreva sul volto.
- Akutagawa - tremò la mia voce.
- tigre - mi disse spaventato.
Il ragazzo che avevamo ospitato era malato e ora aveva fatto ammalare anche Akutagawa. Quest'ultimo fece in tempo a dargli un calcio che lo fece finire al piano di sotto. Il mio compagno però, non aveva più la forza di fare nulla e la malattia lo stava portando via velocemente.
- Akutagawa! Dimmi cosa posso fare ti prego! - dissi avvicinandomi.
- non ti avvicinare! Stammi lontano! - mi disse gridando.
Preso dal panico, avevo dimenticato l'esistenza delle siringhe che il signor Dazai mi aveva dato, le estrassi dalla borsa e lo guardai.
- adesso devi fidarti di me e del signor Dazai, questa ti guarirà.
- non ti avvicinare! - gridò in preda ai dolori.
- stai fermo.
La malattia però, prese il sopravvento anche sulla sua mente ed iniziò a dimenarsi. Fu una fortuna che non aveva il suo cappotto, altrimenti me la sarei vista brutta. Mi avvicinai più che potevo ma dovevo stare attento a non toccarlo, se avessi contratto il virus non avrei potuto aiutarlo.
- lui ha scelto te! - gridò così forte da farmi male.
- Akutagawa ti prego fermo.
- dov'era quando avevamo bisogno di lui? Lui ha scelto te! Ha sempre scelto qualcun altro!
Riuscii a conficcargli la siringa in una gamba e iniziai a pregare che funzionasse. Akutagawa dopo poco, ebbe un mancamento e cadde su un fianco, ma la sua pelle tornò del suo bellissimo colore ed il respirai. Avvolsi il suo viso con le mie mani e gli tolsi il sangue dalle guance. La sua bella camicia era sporca e le sue mani erano sudate. Lo presi dolcemente e lo adagiai sul letto. Attesi pazientemente il suo risveglio e gli accarezzai il viso.
- tigre - udii mentre mettevo in ordine le nostre cose.
Balzai velocemente accanto al letto e sorrisi animatamente.
- Aku!
- come mi hai chiamato? - mi rispose innervosendosi.
- stai bene! Sono così felice che stai bene!
- mi hai infilato una siringa nella gamba - mi disse tirandosi su.
- me l'aveva data il signor Dazai, ha funzionato per fortuna. Come ti senti?
- uno schifo, quel bastardo non è tornato, no?
- no... Akutagawa, stava per toccare me vero? Non era per te quel contatto.
- ha poca importanza ora - disse alzandosi.
- non ti alzare! Mi hai salvato di nuovo - dissi ripensando al discorso nel vicolo
- devo levarmi di dosso questo sangue e cercare di lavare i miei abiti.
- ci posso pensare io se vuoi.
Lo seguii in bagno e gli dissi di spogliarsi. Mi guardò imbarazzato, ma per evitare ulteriori fraintendimenti fece come gli avevo chiesto. Lo ammetto, mi persi. I miei occhi si persero a guardare quelle piccole imperfezioni su quel torace candido. Presi la sua maglietta e la lavai come meglio potevo, intanto mi voltai per permettergli di entrare nella doccia. Vidi il sangue scendere nello scarico e mischiarsi con l'acqua, una lacrima amara mi bagnò il viso e compresi subito che erano lacrime di pace. Mi ero spaventato così tanto da non riuscire a reagire prontamente, ma ora ero in pace perché lui stava bene.
- Akutagawa, il signor Dazai ti vuole bene, io questo lo so.
L'acqua smise si scorrere e io seppi di dover fare qualcosa. Gli passai un asciugamano e attesi che se lo mise.
- hai pianto, tigre?
- certo che l'ho fatto! Vuoi sapere come so che il signor Dazai ti vuole bene?
- lasciami in pace, fammi passare.
- no, no! Le siringhe erano due! Non me ne ha data una, ma due! Lui ha pensato alla vita di entrambi! Vuole che ci salviamo tutti e due.
In quel momento, mi resi conto di cosa significasse davvero il mio capo per Akutagawa. Lo vidi piangere. Pianse dolcemente, quasi non me ne sarei accorto se non l'avessi guardato. Si sedette sul bordo di un mobiletto basso del bagno ed io mi inginocchiai davanti a lui. Il suo viso era coperto dalle mani.
- guardami - gli dissi prendendogli una mano.
- tigre, cosa vuoi da me? - mi chiese sussurrando.
- non voglio niente, voglio solo darti ciò che posso per renderti felice.
Mi fissò intensamente e scelse di lasciare la sua armatura nell'altra stanza. Mi baciò, lo fece. Prese il mio viso con gentilezza, mi accarezzò i capelli ed io inconsciamente gli spostai la mano mentre tenevo gli occhi spalancati per lo stupore.
- ho già toccato i suoi capelli, lasciamelo fare di nuovo.
- hai detto che li odi - dissi abbassando lo sguardo.
- dico tante cose, tigre, tante cose stupide.
Mi arrampicai tra le sue braccia e accarezzai il suo torace umido, abbracciai di nuovo quel corpo meraviglioso e mi lasciai cullare da quella melodia che potevamo udire solo noi. Non so dire il tempo che rimasi tra le sue braccia, non voglio e non posso definire una quantità che mi sembra indefinibile. Alla fine di quell'interminabile bacio, mi coricai a terra e appoggiai la testa sulle sue gambe. Lui si chinò sopra il mio capo e vi si accoccolò. Ci addormentammo. Non avevo mai compreso il significato dell'addormentarsi dovunque e in qualsiasi posizione, ma quella notte lo capii. Sapevo che se avessi avuto quell'odore nelle narici, potevo riposare dovunque.
Ci svegliammo come ci eravamo addormentati, insieme.

La luce è un'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora