Parte 8

526 38 4
                                    

Mi svegliai come se fossi stato cullato da una sensazione paradisiaca, aprii delicatamente gli occhi e me li stropicciai. Akutagawa aveva indosso la sua bianca camicia particolare e i suoi pantaloni scuri. Si spostava le ciocche bianche dal viso per vedere meglio la cartina che stava guardando e aveva una gamba allungata sotto il tavolo che muoveva nervosamente. Avevo notato questa cosa in lui solo standogli accanto per più tempo, aveva serie difficoltà nello stare fermo. Mi alzai dal letto e attirai la sua attenzione. Mi feci qualcosa per colazione e gliene diedi una parte anche a lui. Mi sedetti e lo guardai mentre trascinavo la tigre fuori dal mondo dei sogni.
- ho tracciato il percorso migliore, prima di arrivare nel centro città passeranno un paio di giorni, il trasporto pubblico ha smesso di funzionare. Le alternative sono rubare un auto o camminare.
- non rischieremmo di contagiarci se rubassimo una macchina?
- allora andremo a piedi.
- va bene, partiamo subito?
Interpreterai il suo gesto del viso come un si e lo seguii dopo aver preso i bagagli. Percorremmo un lungo tratto di strada prima di incontrare altre persone, ma dopo mezza giornata vedemmo una giovane donna che piangeva al capezzale di chissà chi. Akutagawa non volse nemmeno lo sguardo, io abbassai le testa cercando di non badarci e lo seguii. Incrociammo tante altre persone in lacrime e altrettante che attentarono alle nostre vite, fino a che non giungemmo di fronte a un bivio.
- se andiamo a destra facciamo prima, ma incontreremo tanti malati, vero?
- è così.
- che facciamo?
- ovviamente il percorso più breve.
Stavamo per scegliere il nostro tragitto quanti un ragazzo ci fermò.
- non andate di la! È un suicidio.
- Rashōmon! - gridò Akutagawa scagliandosi contro il ragazzo.
La sua abilità a quanto sembrava poteva toccare gli ammalati senza risentirne.
- non sono malato! Volevo solo aiutare! Non mi avvicinerò!
Pregai il mio compagno di lasciarlo andare e alla fine mi ascoltò. Il ragazzo ci disse di chiamarsi Jonathan Swift e ci condusse verso una strada alternativa. Si rivelò un simpatico viaggiatore e decidemmo di offrirgli una parte della nostra cena. Accogliemmo il giovane e anche se Akutagawa faticava a farsi piacere quel tipo, andammo d'accordo il possibile. Akutagawa dopo cena mi chiese di mandarlo via, che non si fidava e che dovevamo pensare al nostro obiettivo, ma il mio buon cuore mi impose di offrigli un giaciglio per la notte. Akutagawa decise di restare sveglio a controllare il ragazzo ed io mi presi gioco della sua sfiducia negli altri. Mi misi seduto sul davanzale della finestra e guardai attentamente gli occhi grigi che tanto mi stregavano. Lui mi guardò di sfuggita e mi chiese che diamine volessi. Scoppiai a ridere, senza un motivo. Quella mia spontaneità gli fece finalmente abbassare la guardia. Si tolse quel suo bel cappotto e si appoggiò al davanzale.
- sai Akutagawa, ho immaginato queste giornate con accanto qualcun altro, ma ogni volta che ci provavo, mi passavi davanti tu e non riuscivo a farlo.
- che cerchi di dire con questo? - mi chiese stupito.
- che sono felice che ci sia tu qui con me, mi basta che ci sia tu - dissi sorridendo.
Ad oggi, se ci ripenso, sono sicuro che sia arrossito, lo so per certo. Tuttavia la sua brutta corazza gli impedì di dimostrarsi sincero e volse lo sguardo lontano.
- quanto posso essere spontaneo con te? - gli chiesi sinceramente.
- che domanda sarebbe?
- se ti abbracciassi, ora che sei inerme, scapperesti via e cercheresti di riprenderti il tuo cappotto?
Mi guardò interrogandosi sull'entità delle mie parole, con le braccia conserte e strette al petto. Scesi dal davanzale e gli presi i polsi. Per un istante, sentii il suo flebile battito e strinsi dolcemente quei freddi polsi ossuti. Allargai le sue braccia sorridendo, poi alzai lo sguardo e chiusi gli occhi mostrandomi gentile. La sua espressione non la compresi mai, ma smisi di cercare di farlo. Feci due passi, due lunghi passi che mi separavano da quel petto che tanto avrei voluto scoprire, da quei sentimenti che volevo comprendere. Lo strinsi forte e appoggiai il mio viso sul suo collo, annusandone l'odore. Akutagawa non si muoveva, ma io attendevo che lo facesse. Quasi come se mi stessi immaginando tutto, sentii i suoi polpastrelli sfiorarmi la schiena. Mi accarezzò quasi come se avesse paura di farmi male e poi mi abbracciò insicuro. Non mi disse niente ed io non volevo rovinare quell'atto incredibile parlando. Lo strinsi di più e udii il suo respiro sulla mia testa, poi però, mi afferrò dalla camicia e mi strattonò violentemente a terra. Quando mi alzai, triste e in preda allo sconforto, la mano di akutagawa stava diventando violacea e i suoi occhi stavano sanguinando.

La luce è un'ombraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora