Capitolo 6 - I want his love.

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Capitolo 6.

Quando mi svegliai era ormai giorno, ero stretta ad un corpo caldo e profumato, un corpo di cui avevo l’impressione di essere già appartenuta e di esserlo ancora, nonostante i numerosi ostacoli che c’erano e stati e continuavano ad esserci.
 Le mie mani erano poggiate sul suo bacino ricoperto soltanto dalla sottile stoffa dei boxer, il sole splendeva nel cielo e ricordo che quella fu una delle notti più belle della mia vita.
Avevo dormito con Michael come non facevo da tempo, avevo sognato durante quegli anni un risveglio simile accanto a lui e finalmente il mio sogno si era avverato.
Non avevamo fatto niente, nessun bacio, nessun tocco, non c’era stato nulla tra di noi, ma soltanto tanta dolcezza e amicizia.
Sembravamo due amici che si conoscevano da tempo, ma non era proprio così e sembrava strano vedere una ex coppia ritornare a dormire insieme come ai vecchi tempi.
Eravamo anche seminudi e coperti soltanto dalle lenzuola chiare e profumate di bucato di quel letto, ognuno stretto al corpo dell’altro e ognuno annebbiato dal sonno e dalle sue sensazioni.
Mi svegliai perché mi accorsi che Michael stava dicendo qualcosa, parlava e si agitava, non riuscivo a capire cosa stesse dicendo di preciso, ma sembrava molto spaventato e probabilmente doveva essere alle prese con un incubo.
Mi dispiaceva terribilmente vederlo così, io avevo conosciuto forse un Michael più sicuro di sé e capace di affrontare i problemi, mentre invece in quel momento mi trovavo dinanzi ad un uomo molto fragile e triste.
“No, Joe… no… ti prego, no!” – Sussurrò passandosi le mani sul volto e svegliandosi di colpo, aveva la fronte sudata e gli occhi spaventati e pieni di lacrime.
Si guardò intorno e appena mi vide stesa lì al suo fianco si lasciò cadere di peso con la testa sul cuscino morbido e mi sembrò rasserenato.
“Michael, che hai? Stai tranquillo, è stato solo un brutto sogno.” – Dissi avvicinandomi di più a lui per accarezzargli il volto in modo che si calmasse.
“Alex, sei qui…”
Mi strinse la mano e la avvolse nella sua, era sorpreso di vedermi, era così spaventato che sembrava un bambino e non un adulto di oltre quarant’anni.
Cominciai ad accarezzargli i capelli e la fronte, gli feci poggiare la testa sul mio petto e aspettai che si calmasse, non potevo lasciarlo in quel momento, lui aveva bisogno di qualcuno che stesse lì con lui e lo aiutasse a ritrovare sé stesso.
“Come ti senti adesso?” – Dissi piano, scompigliandogli un po’ i capelli scherzosamente fino a scendere con la mano più in basso sulla sua guancia bagnata dal pianto.
Gli stampai un leggero bacio sulla fronte e gli sorrisi, non provavo più rancore e tristezza nei suoi confronti, era come se avessi dimenticato tutta la sofferenza di quegli anni.
“Sto meglio, grazie. Grazie, Alex.”
Mi accarezzò il dorso della mano e tirò un sospiro di sollievo, si stava rilassando e un leggero sorriso comparve sul suo volto.
“Vado a prenderti la colazione e poi torno in camera, tu riposati.” – Dissi facendo per alzarmi, ma non riuscii neanche a togliermi le lenzuola di dosso che mi fermò tenendomi per un braccio.
“Perché non rimani qui con me?” – Chiese guardandomi con gli occhi da bambino bisognoso di affetto, non riuscivo a trovare nulla di cattivo in essi, ma forse aveva dimenticato che non eravamo più sposati e non avevamo più una relazione che mi permettesse di stargli accanto.
“Michael io non sono più tua moglie…”
Non disse niente, mi guardò tristemente e scosse di poco la testa.
“Ricominciamo…” – Sussurrò abbassando il capo in modo che io capissi e non capissi allo stesso tempo.
Mi tolsi dalla sua figura, scappai in un certo senso, scappai dai suoi occhi e dalle emozioni che mi faceva provare ogni volta che mi era vicino.
Si alzò lentamente e mi raggiunse davanti all’armadio color mogano dove mi ero fermata per infilarmi la camicia che mi ero sfilata la sera prima, non disse niente, aspettava che io rispondessi alla sua ‘richiesta’ anche se non arrivò nessun cenno da parte mia.
Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere, non da lui e non in quel momento, credevo che avessimo messo tutto da parte per fare spazio ad una buona amicizia, almeno era quello che stavo provando a far nascere.
Ancora una volta entrava nella mia vita per scombinare tutto, mi colse di sorpresa, non credevo potesse dare un’altra possibilità alla nostra storia.
Credevo avesse dimenticato tutto.
Camminava a passi lenti verso di me, si muoveva sinuosamente per la stanza senza rivolgermi uno sguardo, manteneva la testa abbassata senza dire niente.
I miei occhi e la mia attenzione caddero ancora una volta, come sempre, sulle sue gambe snelle e leggermente rese tese dalla muscolatura, erano qualcosa di meraviglioso e ancora una volta mi trovavo davanti al suo corpo che era pura poesia.
Si avvicinò sempre di più fino a bloccarmi con il suo corpo contro la porta del mobile, il suo braccio destro era poggiato accanto al mio viso e la sua gamba era tra le mie per impedirmi un qualsiasi movimento.
Ero impaurita, non da lui, ma da quello che stava per accadere e sentivo che sarebbe accaduto quello che temevo, ma quella volta non sarei riuscita ad evitarlo nuovamente.
“Ho… ho paura.” – Confessai guardandolo negli occhi e perdendomi nel suo meraviglioso sguardo.
Avvicinò il suo pollice alle mie labbra chiare e umide e le accarezzò come per rassicurarmi di una qualsiasi cosa che stava per fare.
“Di me?”
Si morse le labbra e avvicinò di più il suo capo al mio, appena si trovò ad una breve distanza con la mia pelle sfregò il suo collo contro il mio, facendomi rabbrividire.
“No… non di te.” – Dissi con un filo di voce scuotendo con leggerezza il capo.
“Di quello che c’è lì fuori?” – Chiese voltandosi di poco in direzione dell’enorme porta-finestra alle sue spalle.
Annuii.
“Non devi aver paura, non potranno farti del male con me al tuo fianco. Ti proteggerò come ho sempre fatto, proteggerò te e il bambino, te lo prometto.”
“Perché torni soltanto adesso dopo che io ho avuto bisogno di te durante tutto questo tempo? Michael, io ho sofferto tantissimo, sono stata troppo male e non lo meritavo.”
“Lo so, piccola, lo so.” – Sussurrò con un filo di voce.
“Come mi hai chiamata?”
Sbarrai gli occhi, pensai per un attimo di aver sentito male e che quella parola era stata pronunciata dal mio cervello che continuava ad immaginare e a sognare, ma invece capii ben presto di non essermi sbagliato.
“Piccola.”
“Ti prego, dillo di nuovo. Io ho bisogno di te per stare bene…” – Dissi.
“Anche io, tu sei l’unica che può salvarmi, piccola.”
Mi lasciai andare a tutto quello che avevo sempre desiderato in quei quattro anni, chiusi gli occhi lentamente e avvicinai le mie labbra alle sue e lasciai che si toccassero.
Le sue mani scivolarono sui miei fianchi e sentii la sua lingua entrare delicatamente nella mia bocca come per chiedere il permesso di intrecciarsi con la mia ancora una volta, dopo tantissimo tempo.
Provai un’emozione troppo forte, un miscuglio di sensazioni si stava impadronendo di me, il mio cuore cominciò a battere più forte di prima e mi sentii per la prima volta dopo quattro anni… viva.
Mi appoggiai leggermente al suo corpo e mi lasciai andare completamente alla sensazione di sentire il suo respiro sulle mie labbra, i suoi sorrisi durante il bacio e le sue carezze sul mio viso.
Gli accarezzai i capelli e quando si staccò per riprendere fiato vidi i suoi occhi riempirsi di lacrime, gli passai una mano sul viso e sorrisi per poi poggiare la testa sulla sua spalla.
“Non sai per quanto tempo io abbia desiderato questo momento, Alex.” – Sussurrò riavvicinandosi  alle mie labbra per baciarle di nuovo.
Mi staccai piano da quel contatto e abbassai la testa, mi sentivo strana, ero molto confusa e mi sentivo fuori posto.
Mi ero lasciata andare quando non avrei dovuto farlo, stavo continuando a sbagliare, stava succedendo tutto troppo in fretta.
 “Adesso devo proprio andare, devo uscire con Selene e il bambino.” – Dissi infilandomi i pantaloni velocemente, provando a distogliere lo sguardo da lui.
“Alex… stai bene? C’è qualcosa che non va?” – Disse sedendosi su un lato del letto per abbottonarsi una camicia nera di cotone con alcuni richiami sulle spalle.
Probabilmente aveva formulato quella domanda perché si era accorto della mia velocità nel vestirmi e provare ad uscire da quella camera nel modo più rapido possibile.
“No, va tutto bene. Devo soltanto andarmene, è tardi…”
Non era poi così tardi, ma rimanere lì ancora per molto mi avrebbe soltanto frantumato i neuroni, ero troppo agitata e credevo che se avessi voluto riallacciare un qualunque tipo di rapporto con Michael avrei avuto bisogno di tempo.
Ci fu un attimo di silenzio, finì di abbottonarsi la camicia e mi raggiunse accanto al tavolo del soggiorno e ci si sedette sopra, mentre io ero intenta a cercare la borsa che avevo lasciato lì la sera prima.
“Io vado a farmi una doccia e poi ho le prove del concerto. Ci vediamo stasera?” – Sussurrò afferrando la mia mano che era poggiata sul bordo del tavolo.
La intrecciò con la sua e poi la accarezzò con dolcezza, riuscivo a percepire tutto il suo calore e mi sentii per qualche istante al sicuro.
“Si, prima del concerto, come sempre.”
“E hai programmi per dopo?” – Disse mordendosi debolmente il labbro inferiore, stringendolo tra i denti.
“No, credo di no… forse dovrei andare a bere qualcosa con Selene, ma non so se ha già impegni.”
Perché ero sempre così stronza con gli uomini? Non accettavo mai un invito al primo colpo, cercavo sempre di trovare qualche scusa per poi accettare dopo.
Michael era diverso dagli altri uomini, ma mi piaceva sempre tenerlo sulle spine, anche se in quel momento non era mia intenzione perché la ragione se n’era del tutto andata.
“Io invece non ho impegni e vorrei invitarti a cena. Spero che tu non abbia impegni per la notte.” – Disse trascinandomi davanti a lui per farmi poggiare tra le sue gambe.
Poggiò le mani sui miei fianchi e mi guardò teneramente.
“Dove mi porti?” – Chiesi sorridendogli e avvicinandomi alle sue labbra per baciarle ancora una volta.
“Vorrei portarti fuori a cena, c’è un ristorante di cui conosco il proprietario dove so per certo che staremo tranquilli.”
“Michael, non vorrei che ci vedessero già in giro insieme, dammi un po’ di tempo.”
“Anche io vorrei aspettare un po’, cercherò di organizzare tutto al meglio, nessuno ci rovinerà la serata.” – Disse accarezzandomi una guancia.
“Voglio stare solo con te, Alex.” – Sussurrò piano stampandomi un leggero bacio a stampo sulle labbra.
“Anche io, Michael. A dopo, allora.” – Dissi dirigendomi a passi veloci verso la porta di quell’immensa suite, mi voltai solo una volta e lo vidi sorridermi, poi scomparii dietro di essa.
 
                                                                                                       *        *      *
 
“Alex, per favore, ti decidi a prendere un vestito e a mettertelo addosso?” – Disse Selene mentre si muoveva freneticamente da un lato all’altro della stanza per abbottonarsi l’abito che aveva indossato.
“No, Sel, non verrò stasera. Non me la sento.”
“Stai dando di matto, lo sai? Non fare la bambina e vestiti!”
“Ho detto di no, vai tu se vuoi, ma io e il bambino rimaniamo qui.” – Dissi alzandomi dal letto sul quale ero distesa per cercare il cellulare.
Avrei dovuto chiamare Michael, mi aspettava lì e non mi andava di tenerlo sospeso al filo fino all’ultimo per poi mollarlo all’ultimo momento.
Sarei andata a cena con lui, ma di andare al Madison Square Garden per incontrare una marea di fotografi e di gente famosa non se ne parlava proprio.
Non mi sarei sentita a mio agio, sarei stata l’intrusa della situazione e non volevo.
“Non andrò neanche io a questo punto.” – Disse sfilandosi velocemente il vestito e indossando l’enorme pigiamone in pile.
Era il suo preferito, sembravamo due zitelle perfette, anche se io dovevo ammettere che stavo facendo del mio meglio e che forse non era ancora tutto perduto.
Composi il numero del cellulare di Michael e sperai con tutta me stessa che rispondesse lui e non uno dei suoi collaboratori, quelle situazioni mi imbarazzavano terribilmente.
“Pronto?” – Disse una voce sottile e flebile dall’altro capo del telefono.
Era lui.
“Michael… sono io.”
“Alex, è successo qualcosa?” – Chiese lasciando trapelare dalla sua voce un po’ di preoccupazione.
“No, stai tranquillo, è tutto okay. Volevo dirti che io stasera non verrò al concerto…”
Lanciai un’occhiata dall’altra parte della stanza dove Selene si era fermata ad ascoltare la telefonata, era seduta sul divano a gambe incrociate e mi faceva degli strani gesti che non riuscii a capire.
Era sempre la solita.
Ci fu un attimo di silenzio, Michael sospirò piano e poi parlò.
“Ah, mi dispiace…”  - Disse con la voce sottile e bassa, piena di tristezza e malinconia.
Sapevo quanto lui tenesse alla mia presenza, aveva preparato tutto con estrema fatica e soprattutto voleva che suo figlio lo vedesse cantare e ballare.
Riuscivo a sentire quello che non diceva, era molto triste, ma non lo dava a vedere.
“Scusa, Michael. Lo so che ci tieni tantissimo, ma io non me la sento.” – Sussurrai.
“Non fa niente, tranquilla.”
“A che ora mi vieni a prendere dopo?” – Dissi sorridendo, provando a cambiare discorso per evitare di sfociare nel rancore.
“Ti faccio venire a prendere subito dopo il concerto, saremo su due macchine diverse così nessuno sospetterà niente.” – Disse in tono freddo e distaccato, l’atteggiamento che aveva avuto quella mattina nei miei confronti era del tutto sparito ed era tornato come prima.
“Va bene. Allora a dopo e buon concerto, so che sarai incredibile come sempre.” – Dissi accennando un sorriso prima di riagganciare.
“Grazie, a dopo.”
Chiusi la chiamata e non riuscii neanche a raggiungere Selene che già me la trovai al mio fianco con un’espressione innamorata mista a tanta gioia e felicità.
Aveva ascoltato tutta la conversazione, ormai sapeva della mia cena con Michael e sapevo già che mi avrebbe fatto il terzo grado fino a quando non avrei lasciato l’hotel.
Conoscevo bene le sue raccomandazioni poco ‘raccomandabili’, non che fosse una grande corteggiatrice di uomini, ma aveva come unico pensiero sempre la stessa cosa.
“Dove sei stata stanotte, mia dolce donzella?” – Disse provando a trattenere una grossa risata, i suoi occhi sembravano dire quello che lei non diceva e da quel poco che avevo capito ero proprio nei guai.
Sapeva già tutto.
“Da… Michael. Però aspetta, non trarre conclusioni affrettate, non è come pensi tu!”
“Perché io cosa penso? Che avete scopato come conigli tutta la notte?” – Disse cominciando a ridere così forte da farsi sentire in tutto l’hotel.
La sua risata fragorosa rimbombava nelle pareti di quella stanza e mi sentivo così in imbarazzo che avrei voluto soltanto sparire.
“Abbiamo solo dormito, te lo assicuro.”
“E non è successo niente di niente?”
“Ci… ci siamo… baciati.” – Sussurrai poggiandomi le mani sul volto per nascondere l’imbarazzo di quella frase.
Appena finii la frase lei cacciò un urlo fortissimo che dovetti fermare poggiando le mie mani sulla sua bocca, riuscendo a zittirla.
“Sono molto felice per te Alex, te lo meriti tanto. Ti auguro il meglio, davvero.” – Disse allargando le braccia per stringermi in un caldo e dolce abbraccio.
Con lei riuscivo a sentirmi bene, riuscivo anche un po’ con le difficoltà ad esprimermi, era come una sorella per me ed era una figura molto importante nella mia vita.
“Sel, stasera io e Michael andiamo a cena fuori… potresti tenermi il bambino? Se non hai altro da fare, ovviamente.” – Chiesi timidamente, sperando in una risposta positiva da parte sua.
Provai un leggero timore nel farle quella richiesta, da sempre mi ero abituata a non contare mai su nessuno e a non aver bisogno degli altri, poi temevo che lei avesse altro da fare e non mi andava di disturbarla solo per i miei comodi.
Un sorriso spontaneo e gioioso le comparve sul volto, sembrava davvero felice di poter trascorrere del tempo con Michael e sapevo che insieme si divertivano sempre moltissimo.
“Certo, Alex, che domande! Sai che puoi contare sempre su di me! Stai tranquilla e pensa a divertirti.” – Disse abbracciandomi di nuovo.
Poggiai la testa sulla sua spalla e le stampai un dolce bacio sul collo profumato dalla sua fragranza preferita, la sentii accarezzarmi i capelli e mi strinsi ancora di più al suo corpo.
“Grazie, Sel, grazie davvero.” – Sussurrai piano nel suo orecchio.
 

1.00 am.
L’orologio della sveglia mostrava l’ora sul quadrante elettronico, era abbastanza tardi per una cena tra persone comuni, ma non per Michael Jackson.
Era da sempre costretto ad uscire negli orari più improponibili della notte con la speranza di non trovare nessuno che gli desse fastidio, nessun fotografo e nessun giornalista pronto a disturbarlo ancora una volta.
Ero nella mia camera d’albergo a prepararmi e dovevo ammettere che ero anche molto nervosa.
Indossai un abito nero da sera che mi aveva regalato Michael quando eravamo andati a Londra, era uno dei miei preferiti e lo indossai non solo per quello, ma anche perché mi sembrava carino mostrare un lato di me che forse non conosceva.
Non ero il tipo da buttare tutto alla fine di una storia, anche se ad essere sincera non avevo mai avuto relazioni serie e di un certo tipo, ma solo con lui.
Eravamo divorziati, ma quello non significava che io non potessi indossare qualche suo piacevole regalo.
Forse c’era qualcosa di diverso tra di noi, ci eravamo baciati e non riuscivo a capire cosa fosse successo di preciso, non sapevo se lui avesse provato qualcosa di profondo durante quei tocchi come era successo a me, però mi sarebbe piaciuto saperlo.
Era stato un bacio meraviglioso, come il primo che ci eravamo dati a Praga, troppe emozioni in un solo momento che forse avevo provato solo io.
Non sapevo se Michael mi avesse baciata soltanto perché nonostante gli anni tra di noi era rimasta ancora una forte attrazione fisica, eravamo molto attratti l’uno dall’altro anche se quello non mi interessava particolarmente.
Io lo amavo e volevo che lui mi amasse come durante l’anno che avevamo trascorso insieme, non volevo solo l’attrazione tra di noi, io volevo l’amore.
Volevo l’amore da parte sua.
Volevo sentire di nuovo i suoi ‘ti amo’ dolci e sensuali allo stesso tempo, mi mancavano così tanto che avrei pagato tutto l’oro del Mondo per poterli risentire.
Quel bacio era come un’incognita nella mia vita e nel mio cuore, non avevo avuto modo di parlarne con Michael anche se sapevo che non ci sarebbe stato molto da dire.
Presi la mia borsa e posai dentro il mio cellulare, presi il soprabito e mi diressi senza fretta verso la sala d’attesa dell’hotel.
Mi sedetti su una delle meravigliose poltroncine a pensare, non c’era molta gente nei dintorni, ma solo i receptionist e alcuni camerieri che giravano avanti e indietro.
Mi si avvicinò un uomo molto alto e ben impostato, vestito elegante e con un bel sorriso sul volto.
Capelli scuri a spazzola, corporatura non troppo grossa e un bel profumo addosso.
“Buonasera, signora. Sono l’autista del signor Jackson e sono stato incaricato di accompagnarla da lui.” – Disse porgendomi la sua mano destra per stringerla con la mia.
“Oh… ehm… buonasera. Michael dov’è adesso?” – Chiesi con un velo di imbarazzo nella voce.
“Ci raggiungerà a metà strada per non destare sospetti. Venga, la macchina è qui fuori.”
Disse facendomi strada verso la vettura che era parcheggiata dinanzi all’ingresso maestoso di quell’hotel nel quale alloggiavamo, mi aprì la portiera da gran gentiluomo ed io ringraziai con un semplice sorriso.
L’auto partì immediatamente e non riuscii neanche a capire dove stessimo andando perché i finestrini erano oscurati, l’unica cosa che potei fare era rilassarmi e pensare soltanto ad essere felice.
 
To be continued…

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