Erano le 03:40.
La sveglia suonò.
Con molta calma Zayn si alzò, scivolò dal comodo letto fino al pavimento, infilando le pantofole ai piedi, con uno sbuffo si alzò e si spostò in bagno.
Tentò di svegliarsi sciacquandosi la faccia, alzò lo sguardo: le gocce fresche gli scivolavano dalle lunghe ciglia e dagli zigomi, rimirò il suo riflesso nello specchio e si accarezzò il mento, pizzicava per l'accenno di barba; scrutò la sua immagine riflessa e con un grugnito andò in cucina.
Preparò una colazione veloce ma che gli desse l'energia necessaria per sopportare il volo.
Si vestì: pantaloni della tuta neri, canottiera bianca e giacca di jeans, giusto per stare comodi.
Iniziò a raccattare le sue valigie, i borsoni e tutte quelle cose che aveva preparato per partire, sperando di non dimenticarsi niente.
Si lasciò a un sospiro, in piedi in mezzo al salotto, circondato dai suoi bagagli, prima di dirigersi finalmente verso il portico, dove lo stava aspettando il suo autista già seduto in macchina, pronto a portarlo all'aeroporto.
Era bello tornare in tour, vedere i suoi fan scatenarsi ai piedi del palco e divertirsi facendo ciò che amava. Cantare era la sua passione, era sempre stato il suo sogno e talvolta, nel rifletterci, gli sembrava quasi incredibile che si fosse realizzato. Guardarsi intorno e poter dire: "Caspita! Ce l'ho fatta... questo l'ho creato io! Tutto questo l'ho messo in piedi con le mie mani!", lo faceva sentire bene. Si sentiva realizzato, e dopo così tanto tempo poteva dopotutto dire di aver reso fiere le persone che amava, ma soprattutto aveva reso fiero sé stesso, ed era questo che contava davvero.
Certo, era difficile abbandonare la sua casa, la sua famiglia e i luoghi della sua infanzia ogni volta che partiva per il tour, che occupava diversi mesi in giro per il mondo... ma era quello che voleva, era quello che aveva sempre desiderato e non poteva chiedere null'altro.
A risvegliarlo dai suoi pensieri fu il frenare dell'autovettura, alzò lo sguardo dalle sue ginocchia e guardò fuori dal finestrino.
*
Liam e tutti gli altri ballerini si trovavano già al gate, c'era qualcuno mezzo addormentato, chi seduto sulla propria valigia e chi girava in tondo cercando qualcosa che potesse intrattenerli mentre aspettavano.
Missy sorrideva e porgeva cup-cakes a tutti.
Liam era sdraiato supino, occupando tre sedili delle panchine del gate, aveva un ginocchio piegato e uno penzolante, oscillava il piede avanti e indietro e teneva il polso rigido sopra la fronte, alzandolo ogni tanto per controllare l'orario dal suo orologio.
Ascoltava gli annunci di imbarco con disinteresse mentre cercava di distrarsi dalla risata di Missy.
"Che gallina" pensò.
"Hai detto qualcosa Liam?" chiese gioiosamente la piccoletta girandosi verso il ragazzo.
Ok, forse non l'aveva pensato.
Borbottò qualcosa in risposta che Missy non comprese, bastò per farla girare dall'altra parte e quello gli era sufficiente.
Zayn era l'unico mancante all'appello e quando uno del gruppo indicò fuori dall'aeroporto una macchina nera e lucida tutti si alzarono dirigendosi verso la vetrata, schiacciando i nasi sul vetro per osservare: un ragazzo alto dai capelli scuri e la pelle leggermente color caramello uscì dalla portiera e si mise un paio di occhiali da sole neri come la pece mentre con l'altra mano si sistemava i ciuffi ribelli che gli cadevano davanti al viso scompigliati dal vento. Si infilò poi le mani nelle tasche e iniziò a camminare lentamente verso la porta del gate, guardandosi intorno quasi annoiato.
STAI LEGGENDO
Cause you were the rainbow but I see in black and white
FanfictionLouis Tomlinson, un famoso giornalista statunitense, rincontra il suo amico d'infanzia Liam Payne, ragazzo che fa parte del corpo di ballo del cantante Zayn Malik, dopo tanto che non si vedevano. Harry Styles, cantante di fama mondiale, è un ragazz...