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Niente panico. E' soltanto un computer, nulla di più nulla di meno. E' soltanto il computer del capo del mio capo, è soltanto il suo computer personale.
Da minuti fisso il restante di quello che poco fa era uno splendido computer portatile di sicuramente ultima generazione.

Lo schermo è rotto e piegato più del normale, per metà staccato dalla tastiera e, se si guarda con più attenzione, si riescono a vedere i chip interni e dei fili rossi uscire dalla scatola in plastica.

Deglutisco.

Niente panico.

Alzo lo sguardo e passo lo sguardo per l'intero ufficio.

Che fine ha fatto l'ape chi mi ha attaccato?

Era meglio farsi pungere e finire in ospedale per la mia allergia, che ritrovarmi in questa situazione.

Rabbrividisco mordendomi il labbro per la disperazione.

Andrà tutto bene, è così che si dice in queste occasioni. Basta solo fare in modo che nessuno sappia che sono stata io, semplice.

Farò esattamente così: uscirò dall'ufficio del signor Anderson, fischiettando una canzone allegra, e quando qualcuno si accorgerà dell'accaduto io farò la finta tonta sconvolta.

Abbasso lo sguardo e mi porto le mani al viso posandole sulle guance.

Non funzionerà mai.

Mark lo aveva affidato a me dicendomi pure: " Trattalo come tuo figlio e proteggilo a costo della tua vita!"
Non diventerò mai madre, questo e certo. Altrimenti potrei trovarmi ad usare mio figlio come scudo per un'ape.

Potrei dire la verità.

Trattengo una risata isterica.

Ed essere licenziata? No, grazie.

Inizio a mordicchiarmi l'unghia del pollice tamburellando il piede.

Giusto! Schiocco le dita. Posso farlo passare per furto e intanto portarlo ad aggiustare, e poi una volta aggiustato riportarlo in ufficio per poi essere accolta in modo trionfante per aver recuperato il computer "rubato" del signor Anderson.

Nessuno sospetterà di me perché...insomma sono io, tutti sanno che sono tante cose, ma non una ladra, e questo basta.

Sorrido. E' perfetto!

Mi chino e dopo averlo rigirato più volte sanza saper come chiuderlo, lo piego a forza lasciando lo schermo e la tastiera all'esterno.
È normale che abbia fatto crac?

Mi sbottono la giacca  velocemente e lo metto sotto il tessuto, fasciandolo per poi incrociare le braccia, tenendolo stretto al petto.

Esco dall'ufficio, richiudendo la porta e guardando più volte da tutte le parti. Cammino cercando di mantenere la calma fino alla mia scrivania e afferrò la mia borsa.

Tutti sono così agitati per l'arrivo del signor Anderson che non si rendono conto di quello che gli circonda. Potrebbe scoppiare un incendio e se ne accorgerebbero solo quando inizierebbero a bruciare vivi.

Mi accuccio a terra e faccio sgusciare il computer, o meglio quello che ne rimane, dentro la borsa per poi richiuderla attentamente.

Portarlo subito nel negozio dall'altra parte della strada è l'unico modo per non essere scoperti. Non sia mai che qualcuno notasse la sua mancanza e iniziasse ad aprire le borse di tutti.
Mi alzo di colpo mentre le parole furto, tribunale e prigione rimbombano nella mia testa.

Afferro la borsa, stringendola tra le mani e inizio a camminare verso l'ascensore. Non esiste proprio, io non andrò in prigione e non verrò neppure licenziata, io sono...

«Jennifer!» Sobbalzo bloccandomi. Mark rosso in viso, si avvicina velocemente, fermandosi poco prima che la sua pancia, definita da tutti ben sviluppata, mi tocchi.
Avrà dei sensori? Come quelli per parcheggiare?

«Dove stai andando? Cosa stai facendo?» Mark, il mio amatissimo capo isterico, comincia a fare domande sopra domande. Dal primo giorno avevo pensato che amasse fare giornalismo, poi avevo compreso che in realtà è solo logorroico e stressato.
« Vuoi rispondere?»

«Io.» Stringo la borsa tra le mani. "Ho usato il computer del signor Anderson come racchetta per cacciare un ape e, dopo averlo agitato un po' troppo in aria, mi è scivolato. Infine poi per sbaglio l'ho pestato. Col mio sedere."

No, non dirò nulla di tutto ciò. Sarà il mio segreto che porterò fino alla tomba. « Vado a fare il caffè.» La vena sul collo dell'uomo pulsa sempre più forte, mentre la fronte e coperta da sudore.

«Con la borsa?» Apro e chiudo la bocca. « Jennifer Evans, cosa stai nascondendo?»

«Io?» Uso il tono più stridulo che riesco, facendo l'indignata. «Nulla, Mark. Assolutamente nulla.»

«Non vorrai scappare spero!» Mi sta dando della codarda in modo velato o è una mia impressione?

Ok, è vero. Quella stessa mattina, quando avevo sentito dell'arrivo del signor Anderson, il mio primo istinto fu quello di far finta di stare male per poi tornare a casa di corsa. Non l'ho mai incontrato, ma le storie su di lui circolano meglio dell'alcool a un matrimonio. E tutte sono estremamente orribili.

«Allora?»

«Il caffè fa schifo.» Sputo fuori. « Cioè il caffè dell'ufficio, volevo dire, fa schifo.» Indico i colleghi impegnati a sistemare l'ufficio come matti. « Tutti lo pensano. E quindi ho pensato che il signor Anderson si meriti il meglio. Solo il migliore caffè per lui!» Wow. Incredibile, mi faccio i complimenti da sola. Interpretazione superba ed era tutto improvvisato.

Mark fa un cenno con la testa. Da quando ha questi spasmi? « Dieci minuti, non uno in più.» An, stava indicando l'ascensore. Sorrido.

«Basteranno.»

Sgambetto fino all'ascensore e premo ripetutamente il bottone per chiamarlo. Muoviti prima che cambi idea.

«Il suo ufficio è apposto?» Mi giro continuando a premere il bottone, più e più volte.

«Certo.» La faccia mi fa male per colpa del sorriso costante. « Pure il computer.» Mark corruga la fronte. Oh no, ti prego, non sospettare nulla.

«Smettila di sorridere come un'idiota.» Sbotta girandosi e ondeggiando via.

«Certo.» Dico anche se le probabilità che mi senta sono nulle.

Le porte dell'ascensore si aprono e senza perdere tempo mi fiondo dentro, per poi premere il tasto T, terra. Un respiro di sollievo mi esce spontaneo, mentre mi appoggio con la schiena all'ascensore.

Andrà bene, anzi sta andando bene. Posso farcela. Prima prendo il caffè e poi corro a portare il computer.

Ok, non sono mai stata brava in ginnastica, per dirla tutta ho sempre fatto pena, e se fossi Flash sarebbe più facile, ma l'importante è credere in se stessi.

Almeno spero.

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Fine primo capitolo, grazie per aver letto!
A presto.🎀

Una Bugiarda (quasi) PerfettaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora