Un piccolo vigneto carico di grappoli rosa occupava il retro della villa. Ai piedi della collinetta si poteva ancora vedere la terra smossa nei punti in cui avevano seppellito i mercenari caduti. Garmir scostò la cappa e toccò l'impennaggio bianco delle frecce che riempivano la piccola faretra, fissata in diagonale alla cintura. Ne prese una ed estrasse l'arco dalla sua borsa senza fondo. Era un'arma di fattura squisita, costruita con corna di cervo e con l'anima di salice flessibile. La luce del secondo tramonto la dipinse in tinte arancio.
Garmir passò le dita sulla corda in crine di cavallo, quindi attivò l'incantesimo al suo interno con un pizzico di Luce, tendendola alla perfezione. Incoccò la freccia.
Olin sollevò le mani e le caricò di energia magica, avvolgendole in un chiarore simile a quello della luna piena.
Garmir chiuse gli occhi per valutare la quantità di mana rimasto. Le scintille vagavano, scontrandosi e rimbalzando tra di loro. L'incanto che stava per lanciare avrebbe consumato i due bricioli d'Oscurità rimasti in lui. Inspirò, percepì il terzo sole attraverso le palpebre abbassate e puntò una freccia verso di esso. Aprì gli occhi.
«Cortina d'ombra!»
Lasciò partire la freccia e sentì come un cordone ombelicale collegarla alla mano che teneva l'arco. Aspettò un attimo, quindi diede uno strattone. La freccia esplose con un tonfo potente in una nube nera e uno stormo di corvi volò via gracchiando dal vigneto. La nuvola ricadde subito al suolo e si dissolse. Non era un problema, comunque: l'importante era aver fatto rumore.
«Dici che ci hanno sentiti?» domandò a Olin. Narkim, il secondo sole, svanì del tutto lasciandoli nella luce violacea del terzo.
«Se non sono del tutto sordi, li hai svegliati di sicuro.» Olin si avvicinò a grandi falcate, con le mani in tasca. «Bisogna vedere se verranno davvero a cercarci.»
«I giovani cercano sempre di accaparrarsi le prede più difficili. Direi che siamo noi.»
Olin ridacchiò e si passò una mano tra i boccoli scintillanti, poi lasciò cadere la testa all'indietro e sospirò guardando il cielo.
«Ti hanno dato una missione importante», disse. »Se le cose qui si mettono male, devi lasciarmi e andartene. Non possiamo rischiare che tu muoia per niente.»
«Diciamo che questa è una specie di prova.» Garmir si strofinò il naso e ritirò la testa tra le spalle. «Se non riesco a uscire vivo di qui, vuol dire che non ero adatto alla missione.»
Olin si mise a ridere, ma si interruppe subito.
«Arrivano.»
Lo sguardo di Garmir scorse lungo il dito di Olin fino al punto che stava indicando. I wendigo scendevano dal tetto, agili come ragni. Si erano sporcati la pelliccia bianca per non essere individuati con facilità, ma i loro occhi spiccavano da lontano, due punti luminosi sul volto che sembrava l'incrocio tra il muso di un orso, di un leone e di una scimmia.
Tre di loro avevano accette di ferro, mentre altri due stringevano delle lunghe cerbottane. Le stoffe legate intorno alla vita e i manici delle armi erano decorati in uno stile fatto di puntini e linee ondulate. In Garmir lottarono la paura di trovarseli davanti e l'eccitazione di vederli finalmente in carne e ossa, invece che illustrati su un libro.
«Dovrebbero essere tutti», disse Olin. «Vai!»
Garmir incoccò un'altra freccia e ci riversò dentro il mana dorato, tutto quello che aveva.
«Strale del bagliore!» gridò.
Tese l'arco e davanti ai suoi occhi la freccia si polverizzò, lasciando al suo posto una linea color grano maturo che vibrava appena.
STAI LEGGENDO
L'Ombra dei Tre Soli
FantasyGarmir è un eclissiomante, un mago che utilizza assieme magia della luce e dell'oscurità. Nonostante abbia soltanto diciannove anni, gli è stata affidata una missione d'importanza vitale: reclutare sei persone elencate su una lista e partire con lor...