3. La Cerimonia del Nome

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Varela Nacrimar si aggiustò la retina di brillanti sopra i capelli perfetti e veleggiò verso la balaustra di marmo, con lo strascico della gonna viola che svolazzava

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Varela Nacrimar si aggiustò la retina di brillanti sopra i capelli perfetti e veleggiò verso la balaustra di marmo, con lo strascico della gonna viola che svolazzava. I musicisti suonavano un motivetto allegro, che rotolava nel vuoto e si dissipava nel soffio del vento.

Borgh-Ligh sorgeva vicino al lago Gral'ver e il commercio redditizio su quello specchio d'acqua alimentava le cassaforti delle antiche famiglie, permettendo loro di ostentare costruzioni meravigliose che si sviluppavano verso il cielo. Il palazzo sul quale si trovava era uno di quei giganti tesi verso le nuvole ma, invece di essere stato costruito col vile oro dei clan di mercanti, era sempre stato di proprietà della sua nobile stirpe. Sul portone, molto più in basso tra le strade tortuose, spiccava lo stemma dei Nacrimar: un gallo bianco a due teste.

Da là sopra si vedevano i quattro templi dedicati ai soli, agli elementali del lago, al Dio della contrattazione Lo Qual e a quello della pesca Samlud lo Squamoso, quest'ultimo eretto su palafitte e in parte occupato dal mercato del pesce. Le persone erano puntini che sciamavano tra i luoghi di culto e quelli per gli adoratori del denaro, tutti indaffarati, tutti insignificanti. Anche le barche a vela circondate da stormi di uccelli variopinti erano solo macchie lontane, mentre dei draghi d'acqua dolce era visibile solo la linea scura del collo, quelle poche volte che emergevano per masticare le alghe.

Diede le spalle al panorama e si mise di nuovo ad apprezzare le decorazioni che la servitù aveva disposto su suo ordine, quindi si concesse qualche occhiata sfuggente agli ospiti, circa una trentina, che chiacchieravano e mangiavano all'ombra della pergola. Anche se alcuni erano caduti in disgrazia e non potevano esibire vesti e gioielli al pari delle altre casate, erano comunque tutti di sangue puro, incluso il chierico che doveva compiere il rito. Niente di meno per suo figlio. Lo cercò in mezzo alla gente e lo vide impegnato a parlare con delle ragazze, superbo nel suo vestito di velluto nero con lo stemma di famiglia.

«Non ha badato a spese, vedo.»

Varela si girò verso la voce e fece un lieve sorriso aristocratico, senza scomporsi. L'ometto che aveva parlato, con la barba intrecciata come un nano dell'Età dell'Oro, la giacca a righe, una sciarpa di seta al collo e la sciabola cerimoniale alla cintola, addentò una tartina.

«Oraven. Vi trovo bene.»

«Sono più grasso del maiale che stanno preparando sul girarrosto.» Il nobile ridacchiò, sputacchiando briciole. «Una signora splendida come voi non dovrebbe mentire, dicono che le bugie facciano venire le rughe.»

«Mio marito non ci fa caso, ve lo posso assicurare.» Si sforzò di fare un minuscolo sorriso. «Spero che la festa sia di vostro gradimento.»

«Magnifica, certo.» Oraven si girò verso il centro della grande terrazza, dove il figlio di Varela si era messo a parlare col chierico. «È una scelta importante, quella che si fa durante la cerimonia. Ho sentito che vostro figlio ha in mente un nome ardito.»

Le voci giravano davvero in fretta nell'ambiente chiuso della nobiltà.

«Proprio così. Voi come mai avete scelto proprio Oraven?»

L'Ombra dei Tre SoliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora