A svegliarmi quella mattina non furono nè il canto degli uccelli nè il familiare calore del sole sulla schiena. Un gridolio di terrore mi strappò dal sonno profondo in cui mi rifugiavo, portandomi alla realtà con un 'intensità e una velocità tale da far male al petto. Annaspai nel buio, non ricordardando dove mi trovavo. Una voce acuta per lo spavento chiamò il mio nome con insistenza, tirandomi la mano oltre le sbarre.
Aspen.
Un fascio di luce bruciò la stanza, facendomi finalmente vedere con chiarezza il volto sciupato del ragazzo, folti capelli scuri e occhi che luccicavano. Instintivame mi portai la mano libera agli occhi per non afrmi accecare, ma lasciai uno spiraglio aperto per vedere quello che succedeva. Troppo intontito per fare altrimenti, strinsi con forza la mano del ragazzo, trattenendolo, mentre due ombre scure entavano nella stanza afferrandolo per le spalle. La consapevolezza del discorso della sera prima mi lampeggiònella stesta come un faro al neon e, ignorando il dolore agli occhi, usai anche l'altra mano per proteggere Aspen. Una delle ombre incominciò a essere meno sfocata, mentre i propri contorni ritornavano al loro posto rivelando una guardia con la corazza troppo scintillante per persone che non vedevano la luce da tempo.
- No! - ululai, ma le parole mi morirono in gola. Tossì velocemente e tentai di riprendermi, ma quel contatto fisico non funzionava. Fregandomene altamente delle conseguenza che avrebbero portato le mie azioni, lasciai la mano di Aspen e puntai il palmo apetro contro la guardia più vicina. Ne uscì un getto meno potente di quanto credessi e, aprofittando del momento di luce, mi girai per cercare il mio bastone, semi nascosto dal pagliereccio dove avevo dormito. Lo afferraia tutta velocità, spingendolo oltre il limite della mia cella fino a toccare il petto dell'uomo che non ebbe neanche il tempo di respirare trovandosi intrappolato al muro con intorno a se ua cella di ghiaccio affilato. Il suo compagno si fermò dallo strattonare Aspen, ma non mollò la presa dalla sua esile spalla. Deglutii, apparentemente spaventato, ma quando parò cercò di mantenere la voce salda.
-Deve essere processato-
-Lo so- bisbigliai con un tono più serio di quanto mi credessi capace. -E so anche che non ci metto niente a farti fare una fine peggiore del tuo amico là, vuoi chiedergli come sta per avere termini di paragone?-
L'uomo strinse le labbra, considerando l'idea di chiamare i rinforzi, così gelai l'ingresso alla cella, bloccandoli tutti e tre come dei topi. Feci un sospiro teatrale e ritirai la mano, sedendomi a gambe incorciate nella mia cella.
-Che si fa? Giochiamo a carte?- proposi con un mezzo sorriso, non tanto per le mie parole quanto per la faccia sconvolta di Aspen. Gli feci un occhiolino complice, senza preoccuparmi troppo degli sguardi sconvolti delle guardie.
Tesi una mano oltre le sbarre e alzai un sopracciglio, lo scettro ancora stretto nella mano libera, abbastanza vicino a loro da non farli muovere per la paura.
-Le chiavi- richiesi, muovendo avanti e dietro le dita. La guardia ancora relativamente libera arricciò il naso e aprì la bocca per urlare. Scrollai le spalle, creando una palla di neve e lanciandogliela in faccia. Lui rimase indetto, stupito dalla mia scelta, ma non fiato cacciandosi le mani in tasca e porgendomi con mani tremanti un cerchio di ferro, doppio e pesante, che sembrava tenere insieme qualcosa come duecento chiamo. L'afferrai prima che potesse cambiare idea. -Qual è?- chiesi sventolando il mazzo davanti ai miei occhi.
-Quella aregntea- borbottò seccato.
-Ma non mi dire- sbuffai constatando che almeno i tre quarti delle chiavi erano color argento.
-Quella con il cavallo inciso sulla presa- specifico con voce tremante, fiocchi di neve ancora aggrovigliati nei capelli. Trovai la chiave con facilità, sembrava la più vecchia ma l'animale rappresentato era ancora visibile. La infilai nella serratura della cella comunicante con la mia, quella dove c'era Aspen e lo feci uscire prima che le guardie potessero approfittarne. Solo mentre la richiudevo notai che lo stesso disegno della chiave era inciso anche sulla serratura. Mi affrettai a guardare quella che ci avrebbe fatti uscire da qui, un sole. La chiave per aprirla era dorata e luccicante, nuova probabilmente. La porta di ferro massiccio si aprii con un ciglio permettendoci di scappare e appena fummo fuori le guardie incominciarono a dare l'allarme, urlando a gran voce.
-Femminucce- sospirai mentre ci facevamo largo sui lunghi corridoi che sembravano non finire mai. Rose con i petali delicati e i fusti sottili erano rappresentate continuamente in ogni dove, e Aspen fu più svelto di me a capirlo quando ci trovammo davanti all'ingresso delle segrete. Sulla serratura non era rappresentato niente, nuove guardie incombevano dietro di noi togliendo tempo alla nostra fuga.
-Cercala- disse frenetico il bambino frugando con le mani tra le chiavi.
-Trova la rosa!- Rimasi fermo a guardarlo non capendolo mentre lui continuava il suo assalto.
La rosa.
Lo stemma reale.
Allungai le dita sulla chiave più piccola, decorata con incisioni di rampicanti e spine. Fortunatamente funzionò, e noi scappammo lungo il castello. Io non ce la feci.
Frecce lunghe e affusolate si conficcarono negli affreschi ai nostri fianchi, una quasi uccise il piccolo ragazzo sfiornadogli la testa. Lo spinsi in un piccolo spazio tra il muro e una pesante tenda color porpora. La lama affilata si conficcò nella mia spalla, la prima, e la seconda nel fianco. Caddi in ginocchio per il dolore, cercando di strappare via i due utensili senza successo. Mani ruvide mi afferrarono le braccia, le gambe, ritrascinandomi lontano da Rebel. Avrei voluto avere la forza di urlare il suo nome per chiedermi aiuto, ma il dolore era troppo.
L'ultima cosa che ricordai furono i gradi occhi di Aspen, riconoscenti per averlo salvato dalla sua imminente morte ma spaventati di dover affrontare le conseguenze da solo.
Ora, alla luce del giorno, il suo viso aveva qualcosa di familiare, troppo per essere solo un conoscente.
Nello stesso momento in cui si abbassò per prendere lo scettro che mi era caduto, vidi al suo posto un altra persona, e la voglia urlare salii. Ma troppo presto le porte delle segrete si chiusero davanti ai miei occhi e io svenni prima di poter fare tutto ciò.
Il suo nome sulle labbra fu l'unica cosa che mi rimase.
ANGOLO AUTRICE
Sarò molto breve
Ringrazio tutte voi per il sostegno di questa storia, siete delle caramelle giuro.
Mi dispiace di averci messo tanto a pubblicare questo capitolo, ma spero che la lunghezza possa rimediare a qualcosa...
Mi scuso per gli eventuali errori bla bla bla, lo sapete già.
Ora vado perché C'ho un sonno da record, baci baci *-*
-NeMk
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La Luna Mi Ha Scelto
FantasyMi chiamo Jack Frost, l'unica cosa che ricordo mentre l'acqua scura mi circonda, avvolgendomi nel suo mantello congelato. Eppure, mentre anche la morte sta per abbracciarmi, la Luna mi sussurra all'orecchio di essere forte, di non mollare, mentre il...