Chapter III: When what's mine is yours

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Chapter III: When what's mine is yours


Jessica's POV

"Non te l'aspettavi, vero?" gongola Killgrave, "Vieni, te la mostro!" mi prende per mano.

Sono ancora così sconvolta che non mi divincolo nemmeno e mi faccio trascinare da lui e dal suo entusiasmo.

Percorriamo il vialetto e giungiamo alla porta, quando sembra accorgersi di qualcosa.

"Uh, è vero, potrei sempre buttarla giù con un calcio," ridacchia Killgrave, recuperando uno dei bagagli. "Ma sarebbe così poco decoroso, soprattutto se hai una valida alternativa," mi spiega, aprendo la tasca frontale del trolley.

Ne estrae un mazzetto di chiavi, una delle quali si inserisce perfettamente nella serratura.

"Benvenuta a casa tua, Jessi!" sorride lui, aprendo la porta.

Siamo solo all'ingresso e sono già assalita dai ricordi, è tutto così identico a come lo ricordavo, ogni dettaglio, ogni mobile, ogni cazzo di quadro.

Mi sembra di essere sul set di un film horror, stile 'Le case morte viventi.'

Abbiamo giusto il tempo di percorrere un corridoio, prima che un uomo e una donna di mezza età, vestita da cameriera lei e da cuoco lui ci vengano incontro.

"Su ci sono le nostre stanze..." continua a farmi da cicerone la rovina della mia vita, incurante del loro arrivo.

"Mr. Killgrave, è tornato!" esclama la donna, con un forte accento Sud Americano.

"Ed è anche in compagnia, vedo." aggiunge l'uomo, che il suo accento sa mascherarlo meglio.

"Alva, Laurent, lei è Jessica e sarà nostra ospite per un po', trattatela meglio che potete," mi presenta a loro Killgrave, con un gran sorrisone.

Un momento.

Come immaginavo, i due domestici lo stanno guardando sconcertati, ma non si azzardano a fare domande.

Mi giro anche io verso di lui, fulminandolo con lo sguardo.

E dire che fra i suoi pregi ho sempre riconosciuto che fosse piuttosto intelligente e perspicace.

"Cosa c'è?" si acciglia lui. "Oh, cazzo!" sembra arrivarci, finalmente.

E me ne dà prova nel mio pieno stile.

Faccio quello che non credevo di dover rifare, non così presto almeno.

Ricorro al suo potere. Un'altra, dannatissima, ma necessaria volta.


"Io e Jessica torniamo subito e mentre ci aspettate dimenticate quello che vi ha detto poco fa!" pondero bene ogni parola del comando che do a quei due sventurati.

Trascino con me fuori dalla casa Killgrave, tanto la porta principale è rimasta aperta.

"Idiota, ricorda che tu adesso sei me... quando mai hai visto un ostaggio presentare la sua prigione e il suo staff al proprio carnefice?" cerco di ragionare con lui.

"Hai ragione, non ci ho proprio pensato," riconosce lui, guardando a terra con aria mesta. "Ė che non vedevo l'ora di mostrarti quello che ho fatto per te," si rianima, guardandomi come se fosse un giocatore di Rugby che ha appena fatto meta.

E questo paragone da dove cazzo l'ho tirato fuori?
Accidenti a tutte quelle fottute partite che mi ha fatto guardare con lui!

"E comunque c'è un errore in quel che hai detto," riprende il discorso lui. "Non sei certo un mio ostaggio, ti ricordo che tu stessa hai accettato di seguirmi." recupera il suo atteggiamento da spaccone.

"Perchè non ho una cazzo di alternativa!" sbuffo, alzando gli occhi. "E ora torniamo dentro, ma stavolta fai parlare me. Io agirò da allegra e compiaciuta, tu vedi di assumere un'aria cazzuta e irritata quella che avrei io." lo istruisco e lui annuisce.

Stiamo per raggiungere il salotto, quando mi volto verso di lui.

"Ehmm... Killgrave, come hai detto che si chiamano?" gli domando a bassa voce.

"Alva e Laurent. Jessi, tu hai un serio problema coi nomi delle persone," alza gli occhi lui. "Ma devo dire che il mio te lo ricordi benissimo!" mi schiocca la lingua, con uno sguardo sornione.

"Difficile dimenticare la rovina della propria vita!" bercio io, prima di raggiungere i domestici.

Walk in my shoes!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora