𝐖akatoshi si svegliò con la pioggia — gocce ticchettanti contro il vetro della finestra e sulla grondaia. Attraverso i buchi delle persiane raggi di luce grigia illuminavano la stanza con il colore di un mattino nuvoloso.
La sveglia digitale sul comodino segnava le 7:58, quella cifra così scomoda gli procurava un senso di fastidio. Avrebbe potuto svegliarsi due minuti dopo, o anche tre minuti prima, alle sette e cinquantacinque. Ma proprio a quell'ora — con quel cinquantotto che non c'entrava nulla con il sistema sessagesimale su cui era basato il tempo — gli sembrava... fuori programma. Disordinato, ecco.
Chiuse gli occhi e si tirò il piumone fin sopra la testa. Sotto le lenzuola lo accolse un mondo caldo e dall'odore familiare. Wakatoshi si sarebbe goduto quella bolla di pace per due minuti esatti.
C'era qualcosa di rilassante, nella pioggia primaverile che cadeva la mattina presto. Il ritmico ticchettio dell'acqua, unico suono in quel piacevole silenzio, lo cullò in uno stato di dormiveglia.
E poi le coperte gli furono strappate via di colpo, mentre alle sue spalle giungeva un mugugno solo lontanamente paragonabile ad una parola. Wakatoshi aprì gli occhi per ritrovarsi davanti la sveglia che annunciava un 8:00 preciso e ordinato.
Fissò l'ora finché non divenne un 8:01 e solo allora si girò verso il lato destro del letto. Satori era un involtino di coperte da cui spuntava una disordinata chioma sanguigna.
«Satori» lo chiamò, punzecchiando le coperte con un dito. «Sono le otto passate»
L'involtino si mosse, accompagnato da uno sbuffo ed un'unica parola, «Sabato» che nella lingua di Tendo (dopo tutti quegli anni insieme, Wakatoshi aveva finito per conoscerla bene) era l'abbreviazione di "il sabato non mi devi svegliare prima che il pranzo sia pronto".
«È il 20 di maggio» gli ricordò allora, punzecchiandolo ancora un pochino. «Buon compleanno»
Un borbottio assonato si fece strada attraverso la stoffa. «Come regalo voglio altre cinque ore di sonno»
«Ti ho già fatto un regalo, è tardi per fare richieste»
Un braccio esile e candido si liberò dall'intreccio di coperte, serpeggiando a vuoto finché la mano non trovò il viso di Wakatoshi. Come per gioco le lunghe dita percorsero le sopracciglia, pizzicandogli la radice del naso e accarezzandogli le palpebre con i polpastrelli. Il palmo sfiorava le sue labbra, una maliziosa tentazione a cui Wakatoshi cedette, lasciandovi un bacio leggero. Fu abbastanza sicuro di aver sentito Satori ridacchiare, ma il suono si perse tra le coperte e la pioggia.
«Eddai, è il mio giorno speciale. Lasciami dormire ancora un pochino» pigolò con tono supplice.
«Sono le otto passate» ripeté di rimando.
Uno sbuffo. «Portami la colazione a letto, allora»
Questa era una cosa che poteva fare — viziarlo, non solo perché era il suo compleanno, ma perché gli piaceva prendersi cura di lui; dopotutto già si premurava di fargli trovare la colazione pronta sul tavolo ogni mattina.
Si diresse in cucina camminando a piedi scalzi, senza far rumore, consapevole che Tendo stava approfittando di quei minuti appena guadagnati per scivolare nuovamente nel mondo dei sogni.
E invece, mentre l'aroma del caffè riempiva la stanza, uno scalpiccio annunciò l'arrivo di Satori — seguito da un rumoroso sbadiglio, subito dopo il rumore di qualcosa (qualcuno) che andava a sbattere contro lo stipite della porta ed infine una colorita esclamazione.
«Ti sei fatto male?» domandò, mentre già i suoi occhi percorrevano la figura del compagno in cerca di qualche livido.
Satori liquidò la domanda scuotendo la testa e si stiracchiò; le lunghe membra si tesero seguendo il movimento della schiena e il suo intero corpo si incurvò all'indietro — a Wakatoshi piaceva osservare il corpo di Tendo compiere anche le azioni più semplici.
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𝐦𝐚𝐠𝐠𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐩𝐢𝐨𝐠𝐠𝐢𝐚 | 𝚞𝚜𝚑𝚒𝚝𝚎𝚗
Fanfiction«Satori» lo chiamò, punzecchiando le coperte con un dito. «Sono le otto passate» L'involtino si mosse, accompagnato da uno sbuffo ed un'unica parola, «Sabato» che nella lingua di Tendo (dopo tutti quegli anni insieme, Wakatoshi aveva finito per cono...