14. first murder //no evidence

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-pt.2 di "first murder"

quella notte sognai clara. il cranio spaccato come un guscio d'uovo sul terreno. mi ha seguito nella notte. il sangue si allarga, scuro come vino. i suoi occhi vitrei si aprono e la sua bocca prese a muoversi così mi coprii le orecchie con le mani. mi svegliai in preda al terrore, sperando di non aver gridato. la sola luce era quella della lampada da notte sul mio comodino, il mio respiro era affannoso nel silenzio. "i morti che vengono a cercare vendetta non si curano dei testimoni." ripensai ad una frase che avevo letto s'un libro. quando i miei occhi si chiusero di nuovo, lei era ancora lì ad aspettarmi, coperta di sangue, il volto pallido come ossa. naturalmente era lì. qualunque anima preferirebbe tormentare colui che gli ha tolto il proprio corpo umano piuttosto che accasciarsi nel buio più fitto per un riposo eterno. mi svegliai con gli occhi arrossati, le braccia e le gambe pesanti e stanche. trascinai i piedi fino al bagno e aprii pigramente il rubinetto del lavandino per sciacquarmi la faccia con l'acqua fredda. chiusi gli occhi mentre l'acqua fresca accarezzava dolcemente il mio viso. li riaprii e vidi le mie mani insanguinate. il lavandino era macchiato di sangue che non riuscivo a lavar via. alzai lo sguardo sullo specchio di fronte a me e tirai un urlo terrorizzato vedendo che l'acqua con la quale mi ero appena lavata il viso era in realtà sangue. mi copriva l'intera faccia. cominciai a grattare la mia pelle cercando di levare quel sangue ma non si decideva a cancellarsi. <LILITH FERMA!> la sua voce straziata mi fece tornare alla realtà. abbassai le mani lungo i fianchi e sgranai gli occhi notando che il vetro davanti a me era rotto. un brivido mi percorse il braccio. qualcosa di liquido stava scorrendo sulle nocche delle mie mani. sangue. mi voltai lentamente verso mia sorella la quale era paralizzata dalla paura. le tremava il labbro inferiore mentre mi fissava. ritornai a guardai il vetro di fronte a me e con lo sguardo perso chiesi a mia sorella cosa fosse successo. ci mise un po' prima di parlare, forse per calmarsi, anche se dalla sua voce tremante trapelava lo stesso la paura nei miei confronti <st-stavi prendendo a pugni lo s-specchio...> m'informò. questo spiegava lo specchio rotto e il sangue. <lilith, le prendi ancora le tue medicine?> domandò poi. certo. qualche volta perdo la pazienza ed è subito colpa delle medicine che non prendo... <no> risposi secca <e non ne ho bisogno> conclusi uscendo dal bagno. devo sistemare questa faccenda o un giorno di questi ne uscirò veramente fuori di testa. quello era sicuramente uno scherzo di cattivo gusto da parte di clara. oppure una semplice allucinazione...o forse erano i sensi di colpa. qualunque cosa sia stata dovevo porle fine. il prima possibile. scesi velocemente le scale ed entrai in cucina dove elisabeth stava preparando la colazione. si girò verso di me con un panino aperto un due e abbondante di nutella. me lo porse con un sorriso a trentadue denti. "strano" pensai alzando un sopracciglio ma decisi di non dire nulla. dovevo già pensare a clara. <è scaduta questa nutella o cosa!?> mi lamentai tossendo ripetutamente cercando di levare dal palato questo orribile retrogusto amarognolo <n-no> rispose agitata mia sorella <elly...cosa ci hai messo?> domandai <nulla, e ora mangia> <le medicine! sei seria!?> le urlai contro facendo scivolare il panino sul tavolo il più lontano da me <ti ho detto che non la voglio prendere quella roba!> continuai ad urlarle contro mentre lei cominciava a farsi più minuta stringendo le spalle per la paura. mi fermai immediatamente. <è questo che vorrei evitare> mi disse con voce tremante. la ignorai ed uscii dalla cucina senza rivolgerle alcuna parola e decisi di andare a scuola a piedi per una volta. dovevo pensare a cosa fare una volta lì. cominciò a piovere il che non aiutava...o forse sì. avrei potuto mischiarmi tra la folla. con l'impermeabile nessuno mi avrebbe riconosciuta nel caso mi avessero vista vicino al cadavere.

aspettai nel cortile davanti all'entrata di scuola insieme a tutti e appena la campanella suonò per annunciare l'inizio delle lezioni mi mischiai alla mandria di ragazzi allontanandomene solo una volta abbastanza vicino al luogo del delitto. mi misi il cappuccio dell'impermeabile e corsi fino al muretto. era ancora lì. perfetto. mi guardai in torno per capire cosa fare e come un lampo di genio tutto gli "insegnamenti" di mio padre mi ritornarono in mente. camminai a passo svelto verso il ripostiglio del giardiniere cercando di passare inosservata. spaccai il lucchetto ormai arrugginito ed entrai. c'era un tagliaerba; una di quelle forbici enormi per tagliare le siepi; semi di fiori da piantare; una pala...e poi eccola. una sega elettrica. la pioggia cominciò a battere più forte sul tetto in lamiera del ripostiglio. il rumore della sega elettrica sarebbe stato coperto da quello della pioggia. prima di uscire dal capanno presi al volo un paio di occhiali e dei guanti. corsi nuovamente vicino al cadavere. puzzava già, dio se puzzava... e l'umidità di certo non aiutava. feci fatica anche ad azionare questa sega e ne persi il controllo una o due volta rischiando di tagliare dove non dovevo e addirittura anche un mio braccio. cominciai dalle caviglie e non fu così difficile come pensavo. poi passai alle ginocchia e salendo sempre di più fino in vita. per ora avevo quattro parti. piedi; polpacci; cosce e ventre. la cinghia dell'attrezzo era zuppa di sangue ma non avevo tempo per essere minuziosa così ripresi immediatamente il mio lavoro. il busto; i polsi; i gomiti; le spalle e infine riuscii a tagliarle anche il collo. inaspettatamente però la testa prese a rotolare per pochi metri lasciando ancora una piccola scia di sangue prima di fermarsi. ottimo. ero sì e no a metà dell'opera. ora dovevo solo tornare a casa; rubare le chiavi della macchina a mia madre; ritornare qui; caricare i pezzi nel portabagagli e trovare un luogo sicuro per sbarazzarmene. e così feci. corsi sotto la pioggia fino a casa, la macchina era ancora nel vialetto il che era un sollievo. entrai in casa col fiatone e fortunatamente trovai le chiavi della macchina nel piattino all'ingresso, il sacco nero dell'immondizia non lo trovai così facilmente però. dovetti cercare nel ripostiglio pieno di polvere ma ne valse la pena. in meno di dieci minuti avevo tutto l'occorrente. richiusi la porta e schiacciai il pulsantino per accendere l'auto. ora dovevo solo imparare a guidare sul momento. semplice no? salii in macchina e misi le mani sul volante "alle dieci e dieci" come mi ricordava sempre mio padre. ci misi poco a capire quale fosse l'acceleratore, quale il freno e quale la frizione. fortunatamente in strada c'era pochissima gente se non nessuno. ci misi più tempo di quello che impiegai andando a piedi ma alla fine raggiunsi la scuola. presi i sacchi neri e corsi nuovamente sul luogo del delitto. misi i piedi e i polpacci in uno. le cosce e il bacino in un altro. le braccia e il busto insieme mentre la testa in un sacchetto a se stante e poi presi il suo specchietto rosa. proprio quello che usava per truccarsi in classe. non so perché lo feci. un premio? un oggetto che mi avrebbe ricordato la mia prima vittima. prima vittima? così lascerei intendere che ce ne saranno altre in futuro e non è assolutamente mia intenzione. alzai le spalle e infilai lo specchietto in tasca. mi rimboccai le maniche e uno ad uno misi i sacchi nel portabagagli e salii al posto di guida. ora l'unico problema é: dove posso nascondere questo corpo? ma certo! la fattoria del nonno. avrei potuto constatare se le parole di mio padre erano corrette o meno. pigiai il piede sull'acceleratore e mi diressi verso quella fattoria. la strada la feci sì e no due volte quando ero piccola e la maggior parte del viaggio leggevo quindi trovare la strada ora la vedo un'impresa impossibile. il mio cuore cominciò a battere all'impazzata. cosa stavo facendo! ho un cadavere nel portabagagli e me ne vado in giro così allo scoperto! e se mi fermassero? le mani cominciarono a sudarmi. socchiusi gli occhi e mi costrinsi a rimanere calma ed oggettiva. nessuno avrebbe fermato una ragazza senza motivo. e per fortuna avevo ragione. arrivai alla fattoria senza problemi. la strada era più facile di quanto pensassi. aprii il portabagagli e presi il primo sacco prima di avviarmi al recinto dei maiali <come stanno i miei maialini?> dissi con voce stridula attirando la loro attenzione <vi ho portato la pappa!> annunciai senza però ricordarmi di una cosa essenziale. i vestiti. dovevo sporcarmi le mani un'altra volta. tolsi i jeans dalle gambe e le scarpe dai piedi e lanciai i pezzi ai maialini, i quali si fiondarono su questi ultimi come "un ghiacciolo nel deserto" pensai sorridendo amaramente ricordando le parole di mio padre. non dovevo perdere tempo. man mano presi ogni sacco e tolsi i vestiti prima di buttarlo tra i maiali. mancavo solo la testa. avrei dovuto rasarle la testa e toglierle i denti ma non ne avevo il tempo così la lanciai così com'era e rimasi lì ad osservare fino a che anche l'ultimo pezzetto fu spazzolato via. presi lo specchietto che avevo messo in tasca e lo osservai mentre gli angoli della mia bocca si arricciavano in un sorriso "sarebbe stata comunque questa la tua fine" pensai prima di rimettere lo specchio in tasca e rimettermi in moto per tornare a scuola in tempo e non destare sospetti a mia sorella.

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