Esseri umani (Prima parte)

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Quegli occhi cristallo mi fissavano in modo strano, come se mi stessero studiando, come se sapessero già il mio segreto.
Non conoscevo nulla di quella ragazza eppure mi sembrava di averla sempre conosciuta, mi trasmetteva una strana emozione. Percorsi il corridoio con lo sguardo rivolto al pavimento.
Pensavo che se non l'avessi guardata mi avrebbe lasciato entrare senza problemi..beh errore.
"Ehi..scusami per prima.." Alzai lo sguardo, stavo per dirle che non ce n'era di bisogno, alla fine era solamente un numero di telefono, quando lei continuò.
"Non mi sono neppure presentata! Che sbadata.." sorrise.
Il suo sorriso era davvero fantastico.
Sorrisi anche io, era molto sfacciata.
Distese il braccio e mi porse la mano destra, mentre con l'altra sistemò una ciocca di capelli fuori posto.
"Piacere io sono Irene"
"Cris.." cercai di sorridere.
"Comunque non sei obbligato a chiamarmi, solo se ti va, si intende.."
Annuii con la testa e mi diressi al mio nuovo posto.
Luce aveva gli auricolari che pompavano musica rock a tutto gas. Era una ragazza davvero strana, ma speciale.
Le due ore successive volarono, i prof. erano gentili con me, non potevo dire altrettanto degli alunni, soprattutto dei maschi, mi mandavano certe occhiatacce. Le ragazze invece erano abbastanza..beh abbastanza ragazze.. discutevano di moda, feste e ragazzi.
Erano tutti così spensierati, si godevano la vita alla giornata, e forse era qualcosa di pazzesco, solo che io ancora non lo sapevo.
La campanella che segnava la fine della giornata scolastica frantumò i miei timpani semi divini, e per poco non fui investito dalla mandria inferocita di poco prima.
"Ciao Cris"
Irene mi stampò un bacio nella guancia che fu più doloroso di un fendente al petto. Restai di sasso, e credo diventai abbastanza..rosso, dato lo sguardo divertito di Luce.
Irene si allontanò e nell'aula restammo solo io e Luce.
"Cris tieni d'occhio Irene, è un tipo tosto"
Sorrise divertita mentre masticava una gomma.
"Ci si vede"
Mi salutò agitando la mano piena di anelli metallici.
Ricambiai.
Uscendo dall'aula andai direttamente a sbattere contro un ragazzone massiccio.
"Scusami tanto.."
Era un demone, fortunatamente abbastanza giovane, non percepiva la mia aura.
"Sta' attendo a dò vai marmocchio" aveva una voce potente e rauca.
"Si. Certamente"
Cercai di non dare nell'occhio e di reprimere la rabbia.
I demoni erano così violenti e senza pietà..
Contrassi la mascella mentre con il volto basso cercavo di mantenermi statico, di non avere nessun pensiero nella mente e, istintivamente, nella mia testa andò disegnandosi l'immagine di Irene.
Sgranai gli occhi, come diamine faceva quella ragazza ad essermi entrata nella mente. Mi scappò un sorriso.
"Ehi bro"
Mattia mise il braccio dietro la mia spalla, mentre con l'altra mano mi scompigliava i capelli. Sorrisi.
"Ciao"
"Com'è andato il tuo primo giorno d'inferno?"
Sorrisi apertamente.
"ehi ciao ragazzi"
Angelo fece il suo ingesso da dietro, togliendo il braccio di Mattia dalla mia spalla.
"È andata."
I miei fratelli si guardarono.
Sapevo perfettamente quello che stavano cercando di fare. Volevano mettermi al mio agio, farmi sentire..quasi un essere umano, anche se di umano avevo ben poco, forse nulla.
"Ehi ragazzi! Sveglia sto scherzando è andata da urlo, è fantastico qui!" Loro mi sorrisero, poi Mattia mi puntò l'indice al petto, e mangiando varie schifezze sussurrò "però, diciamocelo, la prof. Di fisica di fantastico ha ben poco.."
Ridemmo fin quando non fummo fuori dalla scuola.
Era stata una mattinata faticosa, dolorosa, ma sicuramente molto educativa. Avevo appreso che la vita è una e non si può mai, Mai, aspettare che ciò che davvero vuoi ti venga servito in un vassoio d'argento pronto per essere gustato. No. Bisogna camminare, correre. Correre veloce, la prima cosa che impari lassù; corri veloce. Quaggiù ho capito che correre è simile a correre in cielo con una differenza: quaggiù si saltano gli ostacoli, si suda, delle volte puoi crollare dal dolore, ma la vita, la vera vita è una sola e sicuramente, anche per un immortale come me, è solcata da un destino profondo chilometri, e chissà, magari sono sceso in questa terra per aiutare gli uomini, per migliorare il mio essere.
Come prova personale.

Arrivammo a casa verso l'ora di pranzo.
Il mio ottimo umore fu devastato da ciò che stava accadendo nella nostra nuova casa.
Eravamo appena arrivati, e dalle enormi finestre si intravedeva Anna, che con viso preoccupato e allo stesso tempo furioso, camminava veloce dalla cucina al salotto.
Mattia serrò la mascella. Corrugai le sopracciglia. Angelo abbassò lo sguardo e con movimenti veloci sfoderò le sue enormi ali nere volando nella sua camera.
"Ma.." Stavo cercando di fermarlo quando Mattia mi bloccò.
"Lascialo, ha bisogno di stare solo..vieni entriamo"

L'aria fresca di novembre, iniziava a devastare la natura, così come la gente, ma rafforzava i sogni. Rafforzava quella voglia di sopravvivere, la voglia della sofferenza, per vivere poi una stagione nuova con la forza reduce dell'inverno.
La luce fioca che penetrava da quel cielo grigio ghiaccio e illuminava il salotto, facendo il suo ingresso dalle enormi imposte, creava un'atmosfera calma ma fredda.
Il silenzio assordante, spaccava i timpani.
Io e Mattia eravamo davanti l'uscio, stavamo per entrare, quando Anna ci bloccò.
"Ragazzi..andate nelle vostre camere.."
"Anna è qualcosa di grave..?" chiese mio fratello.
"Abbastanza Mattia..abbastanza"
Anna era molto preoccupata, lo si vedeva dai suoi atteggiamenti: una mano sorreggeva il mento, mentre teneva una spugna macchiata da un liquido roseo, mentre l'altra mano era assicurata al fianco destro.
Cercai di entrare.
"Cris sali in camera.."
"Ma io.."
"Sali!" Anna bloccava l'uscio, ma riuscivo ad intravedere cosa stava succedendo lì dentro.
In uno degli enormi divani, bianco come la neve più candida, era disteso un ragazzino, poteva avere qualche anno in meno di me..
Del volto tumefatto si intravedevano solamente gli occhi, lo specchio dell'anima, azzurri come il cielo, che mi osservavano e chiedendo pietà cercavano di reprimere il dolore.
Prima che Mattia mi portasse via notai che la parte del divano dove si trovava il giovane era tinto di un colore bellissimo..eppure così terrificante, il più bel colore rosso.
Sgranai gli occhi, poi venni semplicemente trascinato da Mattia.
La nostra nuova camera era abbastanza grande da contenere due letti, una grossa libreria, e qualche poltrona.
Su uno di questi letti, era sdraiato Mattia che ascoltava della musica ad un volume così alto, che riuscivo persino a sentirlo dal lato opposto della camera.
Io, seduto nel mio comodo letto, guardavo le mie mani che si tormentavano, irrequiete.
Le gambe non ne volevano sapere di stare ferme, e l'ansia mi stava mangiando vivo.
Avevo paura di fare "quella" domanda a mio fratello.
"Come..come fai ad essere così tranquillo"
Balbettai con un filo di voce, alzando lo sguardo.
Mattia mi guardo con compassione, e sorridendomi, tolse prima una e poi l'altra cuffia, permettendo a quelle dolci note di fuoriuscire, per disperdersi tra quelle quattro mura, finalmente libere di danzare libere.
Lui si alzò leggermente, poggiando la schiena nella spalliera del letto.
"Sai Cris, io ne ho visti molti ragazzi..angeli" si corresse "come quello che si trova proprio nel nostro salotto, e so che in quel momento non hanno bisogno di guardare volti appassiti dalla compassione, o dalla rabbia. Anche se forse lo vorrebbero..". Abbassò per un attimo lo guardo. "Ma in quel momento hanno solamente bisogno di occhi che hanno già visto, occhi che hanno salvato e che sappiano guardare aldilà del dolore fisico, occhi che sappiano curare soprattutto il nostro cuore e la nostra anima.."
Un sorriso triste che gli inquadrava il viso, lo rendeva simile ad un bambino.
"Ma lui chiedeva pietà, i suoi occhi avevano bisogno anche di rabbia e di amore.."
Cercavo soprattutto di convincere me stesso; volevo davvero aiutare quel ragazzo.
"Cris ti racconto una storia.."
Mattia incrociò gambe e mani e iniziò la sua storia..

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