Esseri umani (seconda parte)

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Mattia iniziò a narrare una strana storia.
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Era il 1932 il caldo afoso di agosto appiccicava le membra in una morsa micidiale. Le sue labbra erano bollenti, come d'altronde anche le sue mani.
Mi piaceva un mondo stare con lei, e semplicemente standole accanto mi sentivo perfetto.
"Mattia ti amo.."
Lei mi sorrise. Dio solamente sapeva quanto era morbido il suo sorriso.
La baciai nuovamente, sotto l'ombra di quell'enorme faggio che spiccava nella distesa terra di qualche povero contadino.
I cereali, oramai secchi, solleticavano le nostre gambe.
Restammo lì tutto il giorno a chiacchierare, ridere, semplicemente ad amarci.
Era bella Celeste, Il più bel petalo di pace, in mezzo ad un mazzo di rose corrotto.
Aveva sempre le gote rosse, rosse come la passione più forte.
Il nostro amore era sempre stato..complicato. Lei era come Angelo, una semi-oscura e come tale aveva sia un protettore puro , sia, purtroppo un demone, scelto secoli prima.
E si sa come sono i demoni, se non ottengono ciò che vogliono..beh semplicemente l'ottengono.

Io e Celeste avevamo deciso di fuggire.
Già, fuggire da quell'inferno, scappare da tutte quelle persone geometriche, che si permettevano ancora di dire "vogliamo solamente la tua felicità.."
Così una sera, anzi quella sera, semplicemente fuggimmo.
Lei era tutt'altro che preoccupata, sorrideva e mi stringeva il braccio, come una bambina fa per farsi comprare qualcosa. Celeste, però, mi chiedeva molto più di una semplice caramella, lei mi chiedeva la libertà, regalandomi il suo cuore.
Volammo alti nel cielo, solcando tutto ciò che ci sottostava, deridendo tutte quelle luci che di puro avevano ben poco, lodando le stelle che illuminavano i nostri volti, salutando la luna che in tutta la sua immensità, in tutto il suo dolore era comunque rimasta lì, in quella notte ad osservarci, finché il sole non le avrebbe dato il cambio.
Ci fermammo solamente quando trovammo una vastissima prateria, con qualche ulivo sparso qua e là.
Con il solito sorriso morbido mi prese le mani e mi trascinò tra le sue braccia.
Eravamo vicinissimi, soprattutto eravamo felici, e liberi; liberi dal mondo e dalle sue ossessioni, liberi da tutti.
Un applauso ritmato, spezzò quel bellissimo legame che si era creato.
Mi voltai all'istante, e appena vidi la figura che stava applaudendo, con un braccio allontanai Celeste.
"Che ci fai tu qui!"
Urlai al demone che avevo di fronte.
"Vengo a riprendermi ciò che mi appartiene, colombina"
Con quella sua solita faccia tosta, sorrise, con quel suo solito sorriso volpino, stampato sul viso, uno di quelli che sa sempre come andrà a finire, sempre. Le si avvicinò.
"Non toccarla! Lurido..bastardo"
Sfoderai le mie ali e mi misi tra lei e lui, il mio sguardo era furioso. Il suo tranquillo e sereno.
Dopo sai benissimo cosa successe. Ci scontrammo. Devi sapere Cris, che ero giovane, molto giovane, e quando un angelo trova la sua metà (sempre che la trovi) fa di tutto per proteggerla, per rassicurarla, delle volte semplicemente per amarla. Poi, quando accade, come ti stavo dicendo, che un angelo trovi finalmente la sua anima, deve rimanerci finché non li separi il sottilissimo filo della morte. Forse lui era troppo forte, o magari fui io a non essere pronto.
Non sai quante volte mi diedi del codardo.
Ero all'estremo delle mie forze, erano ore che mi martoriava. Colpo su colpo, fendente su fendente, in un attimo semplicemente tutto si fermò, permettendomi di osservare inorridito ciò che stava per accadere..
L'affilatissima lama nera venne guidata scorrettamente contro il mio petto, la mano assassina, contorta in una morsa micidiale, colpiva l'impugnatura della spada come a farla andare più veloce.
E io semplicemente osservavo.
-è finita-
Pensavo, e ne ero quasi convinto, tanto che aprii le braccia e alzai il volto sorridendo.
Almeno lei sarebbe stata salva. Una volta che il suo angelo sarebbe morto, lei avrebbe ottenuto l'incolumità. Avrei finalmente potuto avverare il suo desiderio di libertà.
Aspettai, e mentre aspettavo, e sorridevo, molto semplicemente non sentii nulla. Nessun dolore, nessun dannatissimo sorriso, nessun urla di gioia, nulla.
Una macchia di sangue caldo mi schizzò il viso, abbassando lo sguardo vidi il volto di Celeste contorto in un espressione di dolore, ma non stava soffrendo, lo si vedeva dal suo dolcissimo sorriso, imbevuto dal più bel colore rosso, come quello dei suoi bellissimi occhi.
Un urlo assordante, il mio, ruppe la perfetta atmosfera che aveva popolato i miei più bei sogni.
Nello stesso attimo in cui estrassi quell'orribile lama dal petto di lei, mi diressi furioso verso il mio avversario.
Le lacrime mi offuscarono la vista, il singhiozzo bloccò la mia voce, e mentre le mie ali, volavano roboticamente come degli automi, verso quel demone, lo vedevo sorridere, incrinare la testa, e colpirmi, colpirmi e massacrarmi.
Svenni più volte.
Quando mi svegliai, stavo immerso in una pozza di sangue.
Strisciando come un verme, raggiunsi Celeste.
Le sorrisi, piansi, la baciai, l'accarezzai.
Cercavo di convincermi che era quella l'ultima mia sera di felicità, cercavo di convincerla, in quei nostri ultimi istanti, che tutto sarebbe andato bene.
Osservammo la luna.
Quella luna che silenziosamente, che comportandosi da madre buona, e giusta, ci aveva osservato.
Ci aveva tristemente affidato al fato. Lasciando alle stelle del nostro cammino di spegnersi, per dare vita alle più luminose comete che mai si sarebbero viste nell'universo.
Il calore della sua mano pian piano perdeva calore. Quel suo calore che per anni mi aveva scaldato l'anima.
Le sue dolcissime labbra, non ne volevano sapere di arrendersi.
Era inutile, il suo coraggio batteva di gran lunga il mio..
I suoi bellissimi occhi, mi osservavano, di tanto in tanto liberando una triste lacrima d'amore.
L'ultima immagine che vidi fu quella del suo paradisiaco sorriso.
Svenni, e credetti di essere morto. Sfortunatamente non lo ero..
Anna e Giosuè mi trovarono dopo qualche ora.
Il sole splendente aveva dato il cambio alla luna, e al contrario di essa, lui portava a galla i più profondi segreti, illuminando però il mio volto, come solamente una persona riusciva a fare.
Passarono molti giorni, prima di svegliarmi, e quando lo feci ero fuori di me.
Anna riuscì a colmare quel vuoto opprimente che nuotava libero nella mia anima. Riuscì a curare, oltre il mio corpo, anche il mio cuore..
E ricordo, che odiavo i loro sguardi pieni di compassione, e allo stesso tempo li amavo così tanto da voler scattare miriadi di istantanee ai loro occhi, tutt'altro che vitrei..
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Mattia si asciugò una vecchia lacrima, che sgorgava lenta e zoppa, percorrendo quel giovane viso e solpassando velocemente, quel suo bel sorriso triste, che oramai avevo imparato ad osservare, e che da sempre si portava dietro dolore, gioia e amore.
Mi alzai e andai ad abbracciare Mattia.
Niente parole. Niente pensieri..
Come può, buon dio; un uomo, un angelo, un qualunque essere continuare a vivere, senza un pezzo del proprio cuore..?
Come può, buon dio, sopportare il dolore, mostrarsi immune, lodare l'oggettività, quando essa è un inutile falsità..?
Forse bestemmiavo, forse la terra mi aveva reso soggettivo.
E quale male c'è nella soggettività, se non quello di vivere.
Vivere come un qualunque essere umano.


Allora ragazzi, lo so lo si sono mooolto indietro con the ELF..
E mi dispiace moltissimo. In questo periodo ho cercato un po' di perfezionare la storia di ARCHANGEL..
Mi farò perdonare, giuro.
Se il capitolo vi è piaciuto stellina in alto!
A presto Saiph03.

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