[Libro 2 della trilogia di Entropy]
Passato e presente appaiono più vicini di quanto l'umanità non abbia mai temuto.
Giugno 1945: sono trascorsi due mesi da quando Vittoria è scappata dal campo di prigionia nella quale era rinchiusa, ma qualcosa di...
Troverai la traduzione dei brevi dialoghi in inglese nelle note successive a pie' di pagina. Ricordati che i capitoli su Vittoria affrontano tematiche delicate. Buona lettura!
PROLOGO.
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Giugno 1945 – Italia
- L'Italia è libera, - lesse tentativamente, - l'Italia risorgerà.
Il soldato stringeva tra le mani la prima pagina di un giornale, ficcandosela sotto il naso come se tenerne il testo incollato a livello degli occhi potesse trasferire l'inchiostro e marchiarlo indelebilmente nella sua memoria. La data sull'angolo sinistro del quotidiano risaliva al 25 Aprile, ma tutte le edicole ambulanti, perfino quelle dei minuscoli paesi di Montagna, se ne erano procurata qualche copia: le distribuivano ancora, quasi fossero fresche di stampa, regalandole alle signore per festeggiare la fine dell'occupazione.
Steve Crowford non aveva fatto altro che leggerlo ad alta voce da quando la sua Divisione aveva sorpassato i picchi innevati delle Alpi, marciando in direzione delle basi militari nel centro-sud del Paese: il sudore sui suoi polpastrelli ne aveva sbavato alcune righe e i fogli erano tutti stropicciati e pieni di orecchie, eppure il ragazzo non se ne separava mai.
Di tanto in tanto, tra uno spostamento dell'esercito in mezzo alle campagne e una sosta notturna nei loro accampamenti di fortuna, il soldato barattava scacchi di cioccolato in cambio di spiegazioni su questa o quella parola: se non era troppo assorta nei propri pensieri o sfinita dalla gravidanza, la ragazza sopravvissuta si accoccolava al suo fianco, sforzandosi di insegnargliela.
Durante le loro prime settimane di marcia, dopo che Dachau era stato liberato e gli Americani si erano messo in marcia verso i porti e le grandi stazioni del Vecchio Continente, la giovane italiana non aveva nemmeno fiatato. Si era limitata a rimanere vigile e a fare come le veniva suggerito, con una coperta intorno alle curve vistose del corpo e l'appetito di un lupo, senza accettare la possibilità di allontanarsi in autonomia, come avevano fatto tutti gli altri prigionieri soccorsi nelle celle di Monaco.
La Germania aveva deposto le armi e il Führer era morto; le tasche di resistenza si erano arrese e le nazioni alleate erano già pronte ad accaparrarsi i brandelli del terzo Reich. Rimaneva solo l'Atlantico, troppo lontano da Stephen Crowford per renderlo insonne, ma abbastanza vicino da fargli venire gli incubi e risvegliarlo nel bel mezzo della notte tra brividi violenti di terrore.
Era stato in guerra troppo a lungo, concluse quella sera.
Aveva visto troppe cose.
La sola possibilità di dover rimbracciare il fucile lo faceva sentire come se tutto lo sporco del Mondo gli si fosse incollato alla pelle bruciata dal sole. Ne sentiva la puzza e il peso sui vestiti logori, indelebile come una vernice tossica e appiccicosa.