Prologo

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C'era una volta una bambina, vestita di sogni, speranze, domande e incertezze.
Non era né bella, né brutta.
Viveva in una famiglia né troppo ricca, né povera.

La sua casa era la fotocopia di quella alla sua destra, e di quella alla sua sinistra.
I cortili erano piccoli rettangoli dall'erba curata, dello stesso verde sgargiante.
Le finestre erano quattro, tutte delle stesso colore, tutte nella stessa posizione rispetto alle vicine gemelle.
Le facciate erano di un bianco splendente, i tetti di un rosso mattone vivo, e i balconi erano in pietra vista.
L'aria era asettica, senza profumi particolari, e il colore del cielo era di un azzurro terso spennellato da nuvole senza forme distinte.

La piccola bambina, dai lunghi capelli castani lasciati sciolti e liberi di danzare con il vento, stava giocando in giardino, creando mucchietti di sabbia sopra al marciapiede, dove si muovevano alcuni gruppi di formiche.
La bimba si divertiva a sommergere di sabbia le piccole creaturine, aspettando per vedere poi se, e quante formiche, riuscissero a uscire dalla torre di sabbia da lei creata, per poi ripetere nuovamente l'operazione.

La mamma stava stendendo le lenzuola, usando la stessa cura e premura che solitamente utilizzava per qualsiasi operazione che eseguiva normalmente.
La sua figura esile e longilinea era rassicurante e gentile al tempo stesso.

Il suo fratellino giocava nell'erba, cercando di gattonare al meglio delle proprie possibilità, cadendo di tanto in tanto di faccia e mettendosi a ridere dei propri goffi ruzzoloni. I ciuffetti biondi erano tutti disordinati, e il body a righe rosse e bianche era ormai macchiato dello stesso verde dell'erba su cui stava rotolando da diversi minuti.

La quiete di quel pomeriggio era palpabile: una giornata come mille altre già vissute.

D'un tratto, uno strano rumore iniziò a scuotere il cielo, una sorta di rombo assordante, che sembrava avvicinarsi con il passare dei secondi.
La bimba, alzò d'istinto gli occhi color caramello verso il cielo, curiosa di individuare la fonte di quel suono a lei sconosciuto.
Il fratellino, iniziò ad emettere mezze paroline confuse, cercando con le manine di richiamare l'attenzione della madre.
Quest'ultima, nel mentre, stava a sua volta coprendo gli occhi con la mano, riparandoli dalla luce accecante del sole, per provare a scrutare l'orizzonte in cerca di risposte alle mille domande che le stavano affollando i pensieri.

Improvvisamente, un boato squarciò quel momento di incertezza, sovrastando qualsiasi altro suono, perfino il grido della madre e il pianto del fratello.

La piccola, confusa, iniziò a sentire il terrore crescerle nel petto, e d'istinto, iniziò a correre verso la madre, che a sua volta si era affrettata ad abbracciare il più piccolo membro della famiglia.

Fu un attimo, un solo interminabile istante.
Non appena la bimba si gettò nel caldo abbraccio della madre, riparandosi in esso insieme al fratellino, una luce accecante spense tutti gli altri colori e tutte le immagini che poco prima riempivano il suo piccolo mondo di certezze.

Riuscì a scorgere i volti sconvolti della madre e del fratello, e a sentire il profumo di casa in quell'abbraccio così famigliare,  soltanto poco prima di concepire la pelle bruciare e il dolore irradiarsi in ogni fibra del proprio fragile corpicino.
Fece in tempo a notare come il suo vestitino giallo si stesse velocemente disgregando, e a capire che stava per morire, pochi attimi prima della fine.

C'era una volta, una bambina come tante altre: potrebbe essere la vicina di casa di chiunque, la propria sorella, figlia, o nipotina...

Potrei essere io, potresti essere tu.

C'era una volta, una bambina vestita di sogni, con un futuro davanti e mille possibilità a venire, finché un giorno, di quella bambina, non rimase più nulla.

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