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La stanza era talmente silenziosa da risultare soffocante. Sembrava la camera di un ospedale a mezzanotte, dato anche il clima freddo e umido e il singolo fascio di luce bluastra ad illuminare la zona.
«Inizio. Numero 45, arrestato per omicidio. Tokyo, diciassette anni, nome: Akaashi Keiji». Dopo che la guardia fece un cenno col mento al ragazzo, quest'ultimo cominciò a parlare.
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«Il suo sangue...era così soddisfacente averlo tra le mie dita. Aveva lo stesso odore del rancore, o forse terrore, mettendo in secondo piano quello metallico. Chissà, magari lei si aspettava una reazione del genere da parte mia, anche se improbabile.Osservare quel fluido cremisi scorrere velocemente sulle mie braccia, coperte fino al gomito con una semplice camicia blu notte, era qualcosa come un antistress...davvero, non avrei mai pensato che piccole gocce rosse avrebbero potuto generare una sensazione simile. L'adrenalina ancora in corpo, la felicità nata dalla percezione di libertà del momento, e l'atto appena compiuto, fuorilegge e "fatale"...il bello, è che non è stato fatale per me.
La trovai a letto con un altro...lei, che mi aveva promesso che ci sarebbe sempre stata per me in ogni istante, lei che aveva promesso di amarmi come se fossi l'ultimo uomo sulla Terra, lei che mi ha sempre mostrato un modo di amare tutto suo, pieno di sorrisi e...le sembra giusto, che una sera qualsiasi, il solo odore di alcool la porti a spogliarsi e a lasciarsi toccare da mani che non siano le mie? Lei che mi aveva promesso che avremmo passato una vita più bella di quelle nelle favole, da un momento all'altro mi abbandoni, lasciandomi solo, me stesso contro il mondo quando saremmo dovuti essere in due, le sembra corretto?
Anche se, devo ammettere, che non riesco a trattenere il ghigno che si forma sulle mie labbra quando ripenso al suo sangue, al suo corpo rovinato tra le mie braccia, privo di vita e di calore.
Adesso ho le spalle scoperte, e probabilmente, per questa stupida legge ingiusta e indegna, non avrei dovuto ucciderla...ma non mi pento minimamente di aver provato quel piacere così immenso, quando la lama fredda impugnata dalle mie dita decise, ha fatto il primo taglio sulla sua pelle umida e fredda.
Ho continuato a osservare la scena in prima persona con occhi spenti ma allo stesso tempo curiosi, le piccole goccioline di sangue che uscivano dalle sue carni erano ipnotizzanti, ero così preso e così affascinato che non mi sono nemmeno accorto che aveva perso i sensi. Ero come accecato da tutte quelle emozioni, che dovrebbero essere sconosciute ad un ragazzo semplice come me.»
Raccontò il tutto, con un tono quasi apatico, tradito però da un sorrisetto quasi maniacale sul suo volto. I suoi occhi sembravano illuminarsi di rosso, talmente era evidente la follia che aveva preso possesso di lui.
"D'accordo. Verrà trasferito in un carcere minorile, tra cinque minuti arriverà il furgone. Anche se per te credo che non basti nemmeno il manicomio..." azzardò l'uomo arrivando addirittura a dargli del tu, sicuro di sé dato lo spesso vetro che li separava e le manette che immobilizzavano Keiji, costretto a rimanere seduto su una sedia metallica pulita, ma cigolante.
Le iridi del ragazzo si spostarono sull'espressione ironica della guardia, che appena incontrò il suo sguardo cambiò completamente, e come se avesse visto un fantasma il suo volto sbiancò visibilmente, e si affrettò ad andarsene da quella stanza improvvisamente diventata troppo piccola per due.
Eppure, Akaashi non capiva il senso della registrazione appena interrotta dall'uomo, visto che aveva confessato tutto al giudice qualche ora prima.
Quando sentì la porta sbattere con urgenza al muro, capì di essere rimasto solo, uno scontro tra lui e i suoi pensieri. Il silenzio era troppo rumoroso per lui in quel momento.
L'ha sempre amata...ma provava indifferenza al pensiero di averle tolto la vita, nemmeno un briciolo di rimorso, anzi, per lui avrebbe dovuto provarlo la sua, oramai, ex.
La mano del ragazzo, ormai pulita dal sangue che lo affascinava tanto, formava un pugno, tanto era il fastidio di rimanere fermo in quell'ambiente con un leggero odore di muffa. Sul piano liscio del tavolo di plastica davanti a lui, erano specchiati i suoi occhi, blu luminoso, tendente al verde, ma soprattutto, era in evidenza quella scintilla di follia, accesasi troppo presto.
Era impaziente di vedere quel misterioso carcere minorile...il suo avvocato gli disse che era speciale, che era comodo, moderno e con molti suoi "simili", come se fossero le peggiori tra le bestie, un branco disgustoso quanto pericoloso.
Per le altre persone poteva aver perso la testa, per le persone che non erano a conoscenza delle sue ragioni poteva essere pazzo, ma lui non era mai stato meglio di così, e avrebbe ucciso tutti pur di riprovare quella meraviglia, quella sensazione che ormai per lui era una droga, che era l'unica cosa a farlo sentire vivo.
Iniziava a nutrire quasi una sua personalità, che lo avrebbe portato ai suoi scopi.
Akaashi, pensando a questo, si riteneva diverso, forse quasi speciale, perché lui aveva una mente talmente diversa che nessuno riusciva a comprenderla.
All'improvviso la porta di ferro pesante e rumorosa si aprì di nuovo, con un movimento deciso. Un poliziotto entrò, iniziò a guardarlo, e Akaashi capì che era l'ora di andare verso la nuova tappa.
"Non vedo l'ora" pensò, quasi ridacchiando.
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𝖱𝖤𝖬𝖮𝖱𝖲 - |𝖡𝗈𝗄𝗎𝖺𝗄𝖺|
Fanfiction𝗦𝗼𝗰𝗶𝗼𝗽𝗮𝘁𝗶̈𝗮 [𝘤𝘰𝘮𝘱. 𝘥𝘪 𝘴𝘰𝘤𝘪𝘰- 𝘦 -𝘱𝘢𝘵𝘪𝘢] 𖨆 - 𝖼𝗈𝗇𝖽𝗂𝗓𝗂𝗈𝗇𝖾 𝗆𝗈𝗋𝖻𝗈𝗌𝖺 𝖼𝗁𝖾 𝗌𝗂 𝗋𝗂𝗉𝖾𝗋𝖼𝗎𝗈𝗍𝖾 𝗌𝗎𝗅𝗅𝖺 𝗌𝗈𝖼𝗂𝖾𝗍𝖺̀ 𝖾 𝖼𝗁𝖾 𝗍𝗋𝖺𝖾 𝗈𝗋𝗂𝗀𝗂𝗇𝖾 𝖽𝖺 𝖿𝖺𝗍𝗍𝗈𝗋𝗂 𝗌𝗈𝖼𝗂𝖺𝗅𝗂__ . . . . . ...