3. Primi passi

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Il moro abbassa e alza la testa come se stesse riflettendo intensamente, per poi spostare lo sguardo su di me, assumendo un'espressione accigliata.
Nel momento esatto in cui i suoi occhi incontrano i miei, la strana sensazione che avevo provato quando stavamo combattendo riemerge e provo una forte compassione per lui, quasi mi sento in dovere di aiutarlo perché sento che non si merita ciò che gli sta succedendo.
Lui mi squadra da capo a piedi, per poi soffermarsi su un punto un po' sotto alla mia spalla, così guardo nella sua stessa direzione e noto un piccolo taglio sulla mia uniforme, che aveva trafitto anche la mia pelle.
«Sei ferita»
Alzo nuovamente lo sguardo, colpita dal cambiamento di tono della sua voce, ora più profondo e calmo, per poi tornare a guardare il taglio sul mio braccio.
«Non è niente»
«Sono stato io?»
Guardo Steve non sapendo cosa rispondere e soprattutto perché si stesse così preoccupando, ma poi Clint ci interrompe.
«Ragazzi mancano due minuti»
Tutti annuiscono, poi il capitano si gira verso Stark.
«Tony, le manette non servono più»
«Come scusa?»
Chiede lui fingendo di non aver capito, anche se sono sicura che abbia sentito benissimo.

«Togli le manette»
«Rogers, capisco che sia tuo amico, ma è anche uno degli uomini più ricercati al giorno d'oggi»
«Pericoloso? Ti sembra pericoloso?»
Risponde Steve indicandolo.
«Prima lo sembrava»
«Steve»
Li interrompe l'uomo, facendo calare il silenzio.
Il biondo si gira immediatamente, immobilizzato dal fatto che si era ricordato il suo nome senza neanche  che glielo avesse detto, e il moro abbozza un sorriso.
«Va bene così»
Alla fine il capitano si arrende e fulmina con lo sguardo Tony, per poi andare a sedersi nel sedile accanto all'amico e iniziare a parlare con lui.
«Incredibile, non credi?»
«Già»
Rispondo, avvicinandomi a Nat e guardando con lei i due.
«Non so cosa farei se fossi in Steve. Non oso immaginare quanto abbia sofferto»
«Tutti abbiamo la nostra storia, no?»
Affermo posando lo sguardo su di lei, che ricambia lo sguardo e sorride.
«Però non ci hai mai raccontato la tua»
«Magari un'altra volta»
Rispondo, sedendomi sul sedile accanto a me mentre lei fa lo stesso.
In realtà li avevo fatto, ma nella stanza c'erano solo Steve e Tony, gli unici a conoscenza di tutto.
«Ci siamo»
Ci avvisa Clint, per poi far planare il jet una volta che tutti si erano seduti.
Continuo a guardare Steve e il moro che parlavano e si sorridevano, come se si fossero visti fino a ieri, e mi scappa un sorriso, che quasi mi fa dimenticare della sensazione di pressione per essere in volo, cosa che io detesto.

Occhio di falco fa atterrare il jet e apre il portellone, così ci alziamo e Tony va verso il nuovo arrivato, toccando un pulsante sulla sua armatura.
Dopo qualche secondo, le manette del moro si aprono e lui, confuso, alza lo sguardo su Tony.
«È una pessima idea, ma forse finché sei tu, non crei così tanti problemi»
«Grazie»
Risponde il moro con un po' di imbarazzo, mentre io mi incammino verso l'uscita.
Il compound si innalza davanti ai nostri occhi ed io continuo a camminare, ma mi giro dopo poco percependo che gli altri non mi stavano seguendo.
Erano infatti un po' indietro, avvolti nei loro pensieri.
Steve e l'uomo scendono insieme e una volta a terra si abbracciano, dandosi qualche pacca sulla spalla e sorridendo una volta separati.
«Mi sei mancato, Buck»
«Anche tu, Steve»
Sento dire dai due, mentre Nat e Clint mi raggiungono.
«Tu stai bene?»
Mi chiede quest'ultimo, alternando lo sguardo tra i miei occhi e la piccola ferita che avevo sul braccio.
Esito un po' prima di rispondere, non sapendo nemmeno il perché.
In realtà quest'incontro improvviso mi aveva destabilizzata. Quando la sua pistola mirava alla mia testa, quegli occhi azzurri mi avevano trasmetto talmente tanta sofferenza, che quasi mi avevano fatto provare un po' del loro dolore e non sapevo più che cosa stavo facendo.
Era come se mi implorassero di aiutarlo, nonostante il pericolo di morire.

«Si, sto bene»
Riprendo a camminare ed entro nella base seguita dagli altri, così mi dirigo subito verso il bagno più vicino ad apro lo sportello del mobiletto accanto allo specchio, dove teniamo un kit di pronto soccorso.
Mi slaccio la parte superiore della mia divisa, una felpa in pelle nera piuttosto aderente, togliendola e restando con il reggiseno sportivo.
Il taglio era abbastanza lungo, ma poco profondo e non mi faceva quasi per niente male, infatti riesco a medicarlo in poco tempo.
Prendo il disinfettante, intingo un dischetto di cotone e lo tampono sulla mia pelle, per poi prendere una piccola parte di garza e avvolgerla intorno al braccio.
Poso tutto sul lavandino e mi appoggio con le braccia, abbassando un po' la testa e sospirando.
Sentivo il cuore pesante, come se pra fossi io a dover affrontare quel tormento che quelle iridi azzurre mi avevano trasmesso.
Qualcuno però bussa alla porta e interrompe i miei pensieri, lasciandoli a metà.
«Avanti»
«Ehi»
Steve spalanca la porta e alza lo sguardo su di me, voltandosi di scatto non appena mi vede, cosa che mi fa sorridere.
«Pensavo avessi detto di entrare, scusami»
«Infatti l'ho detto, non fa niente Steve»
Gli dico con un sorriso, così lui lentamente si gira e alterna lo sguardo tra i miei occhi e il mio braccio.
«Stai bene? Pensavo ti servisse aiuto»
«Ho già fatto e si, sto bene»

Un'anima distrutta || Bucky Barnes ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora