9. Tormenti

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Mi sveglio di soprassalto respirando affannosamente e sbatto più volte le palpebre per capire cosa stia succedendo.
Cerco di calmare un po' il respiro e realizzo di aver appena avuto un incubo, anche se non mi ricordo per niente come fosse.
Sospiro e mi metto seduta sul letto, voltandomi verso il comodino e fissando la sveglia che segnava le 4:47 per secondi che sembravano infiniti, finché decido di distogliere lo sguardo.
Rimango per diversi minuti a fissare il vuoto indecisa se alzarmi o provare a riprendere sonno, anche se conoscendomi non sarebbe possibile, così alla fine opto per alzarmi.
Vado nel bagno che avevo in camera e mi sciacquo la faccia, cercando di svegliarmi un po', per poi uscire e andare nel corridoio.

Mi volto a destra e sinistra per vedere se ci fosse qualcuno, ma tutto tace così mi dirigo verso le scale e scendo i gradini cercando di non fare rumore.
Arrivo in cucina e prendo un bicchiere dalla credenza in cui verso dell'acqua, mi siedo su una delle sedie della piccola isola e bevo lentamente, immersa nei pensieri.
Realizzo solo ora che tra un paio d'ore avremmo dovuto essere pronti per partire, cosa che mi fa perdere un battito e mi crea un attimo di agitazione, ma poi mi calmo, pensando che manca ancora del tempo.
«Come mai sei già sveglia?»
Sussulto sentendo una voce alle mie spalle e rovescio un po' di acqua sul bancone, voltandomi poi per vedere se era veramente chi pensavo che fosse e mettendomi una mano sul petto per calmare i battiti del mio cuore.
«Scusa, non volevo spaventarti»
Mi dice Bucky, alternando lo sguardo tra me e il bancone, ora un po' bagnato dato che avevo rovesciato quasi mezzo bicchiere.
«Non preoccuparti» rispondo nonostante la mia agitazione «Hai avuto un altro incubo?»
Gli chiedo e dal suo sguardo assente capisco di avere ragione.
Bevo un altro sorso di acqua finché la finisco e appoggio il bicchiere sul bancone alle mie spalle, tornando poi a fissarlo e alzandomi.
«Mi dispiace»
«E tu?»
«Io... avevo sete»
Cerco di sviare il discorso, ma lui alza un sopracciglio e capisco che non mi crede affatto.
«Non hai anche tu il freezer in camera?»
Distolgo lo sguardo, maledicendo me per non averci pensato e Tony per aver messo tutta quella cianfrusaglia in ognuna delle nostre camere.

«Avevo finito l'acqua»
Questa volta risulto più credibile, ma lui continua a squadrarmi con il suo sguardo pungente, tanto che mi costa molta fatica sostenerlo.
Alle fine lascia perdere e si avvicina un po' a me, facendomi trattenere il respiro per qualche secondo e realizzare quanto mi stia comportando in modo strano davanti a lui.
Ma che cazzo sto facendo?
«Non è vero... in realtà ho avuto un incubo»
Confesso tutto d'un tratto, facendolo rimanere un po' sorpreso.
Appena dico questa frase, mi rendo conto di quanto quel sogno mi abbia impressionato, nonostante non mi ricordo quasi nulla, ma da quando mi sono svegliata mi è rimasta in corpo una strana ansia, come se da un momento all'altro potesse succedere qualcosa di brutto.
«Stai bene?»
«Si, si... voglio dire, non mi ricordo nemmeno cosa ho sognato» dico, sorridendo per smorzare la tensione «E tu?»
«Si»
Risponde lui dopo qualche secondo con un grande sospiro, ma il suo atteggiamento diceva tutto il contrario.
«Di cosa parlava il tuo sogno?»
Chiedo con un po' di titubanza e lui mi fissa per secondi che sembrano interminabili, facendo quasi contorcere il mio stomaco tra agitazione e confusione.
«Di me»
Corrugo la fronte, non sicura di voler sapere il resto della storia e non riuscendo a replicare.

«L'Hydra... rivivo ogni cosa perché sono nella mia testa»
Rimango a fissarlo ammutolita, deglutendo pesantemente e vedendo quanta fatica stesse facendo a sostenere il mio sguardo.
«Ogni.. notte. Ogni. Notte. Sempre lo stesso incubo. Che si ripete ancora e ancora»
Scandisce bene ogni parole, separandole come se volesse provare di avere il controllo su qualcosa, anche se quelle sue stesse parole sembravano schiacciarlo sotto il loro peso.
Una lacrima solitaria scende dalla sua guancia ma lui non piega ciglio, rimane lì a fissarmi con uno sguardo vuoto e la sua anima che mi pregava di aiutarlo.
Mi avvicino fino ad arrivare a pochi centimetri da lui, sentendo il suo respiro farsi sempre più agitato per i singhiozzi che cercava di trattenere e poi faccio un ultimo passo fino a toccare il suo petto e mi alzo in punta di piedi, avvolgendo le mie braccia intorno al suo collo e stringendolo a me come per fargli capire che non era solo.
Lui dopo qualche secondo ricambia e avvolge le braccio intorno al mio busto, nascondendo la testa nell'incavo del mio collo e sfogandosi in un pianto sincero.
«Non sei da solo Buck, non sei più con loro e sei più forte. Ci libereremo di quei bastardi»
Sussurro al suo orecchio cercando di consolarlo, per poi trattenere per qualche secondo il respiro quando il freddo del suo braccio di metallo mi stringe con un po' più di forza, come se avesse paura che lo abbandonassi lí.

Un'anima distrutta || Bucky Barnes ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora