Capitolo 6

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Quando apro gli occhi lei non c'è.

Le coperte mi sono state rimboccate, sento ancora la pressione di un bacio sulla nuca e c'è un piano che suona in sottofondo, da lontano. Metto i piedi fuori dalla nuvola e il gelido pavimento mi pare possa scricchiolare a ogni passo. Mi aggiro per la stanza tendendo l'orecchio al minimo rumore estraneo, affannata dal terrore di non trovare più alcuna sua traccia: temo avesse così fretta di andarsene dalla stanza centocinque, da me, da abbandonare persino i suoi oggetti personali. Spingo gli occhi da una estremità all'altra aspettandomi di trovare una sua lettera di addio o di non poter avere nemmeno della calligrafia disordinata a cui aggrappare il ricordo. Scorro la mano sul bordo della scrivania fermandomi sul libro aperto: è fermo alla pagina settantasei dove c'è una sottolineatura a matita Non si può vivere tutto, l'importante è vivere l'essenziale e ciascuno di noi ha il "suo essenziale".

Un rumore da dietro la porta del bagno. Spingo la porta appena socchiusa e la trovo completamente immersa nella vasca; lei adagia il capo sul bordo della vasca e mi sorride «Avevo paura di svegliarti, sembrava stessi sognando. Sorridevi.»

«Come ora?»

«Quindi cosa stai aspettando?»

Mentre mi avvicino lei allunga il braccio per accompagnarmi nell'acqua calda, a tratti bollente, tra le sue gambe. Mi insapona la schiena, le braccia, l'addome, il seno e mi sciacqua con una lentezza e accuratezza che ha del rituale. Ogni tanto si ferma per baciare la mia pelle e ogni volta sorrido lasciando navigare le mie dita sulle sue gambe lunghe che mi avvolgono. «Vorrei un bambino con la tua carnagione.»

«Però con i tuoi occhi azzurri.»

«E i tuoi capelli neri e mossi. Lo sai che i miei sarebbero castano chiaro?»

«Cosa?» mi volto andando ad abbracciare il suo corpo con le gambe, la guardo incredula accarezzando i suoi lunghi capelli che io ho sempre conosciuto neri «Non riesco a immaginarti con un altro colore.»

«Erano orribili.»

«La parola orribile non può essere associata a te.»

«La mia bellezza è nei tuoi occhi,» mi ferma la mano «ti assicuro che non tutti la pensano come te.»

«Ci sono un sacco di idioti là fuori!» lei incurva le labbra in un sorriso che io bacio «Se anche avesse i capelli castano chiaro, sarebbe il bambino più bello del mondo.»

«E se fosse una bambina?»

«Come la vorresti chiamare?»

«Nicole o Charlie!»

«Non è un nome da maschio?»

«Noi lo usiamo anche per le bambine. E tu? Quali nomi ti piacciono?»

«Mi piace Sara o Ilaria; sai che mi piace anche Charlie? Sui nomi femminili ho sempre avuto gusti difficili, anzi impossibili. Forse potremmo chiamarla Addolorata come mia nonna?»

«Cosa? Non ci pensare nemmeno!» Finge sconcerto schizzandomi dell'acqua addosso e giochiamo infantili finché stringo le sue mani alle mie e lei dice «Non oso immaginare che nomi hai in testa per un maschietto.»

«Cosa ne dici di Daniele?»

«Mi piace.» Mi stringe a sé accarezzando il mio profilo «Vorrei che conoscesse due lingue, già da piccolo, perché lo aiuterebbe per quando diventerà grande.»

«Come te. Per il resto, però, non voglio forzarlo - sai quei genitori che iscrivono i figli a mille corsi e non gli lasciano il tempo di capire cosa gli piace?»

«Sì, ma non voglio nemmeno che stia in casa tutto il giorno davanti alla televisione!»

«Nemmeno a vedere la sua mamma?»

«Soprattutto quello! Mi domando se il mio lavoro possa diventare un peso... Non appena diventi famoso, la gente crede che tu sia diverso – speciale – e non si rendono conto che siamo delle persone comuni. A volte perfino più banali di loro.»

«Dovremo insegnargli a sopportare l'invidia, ma sono sicura che adorerà venirti a trovare sul set: diventerà il cocco della troupe. Però promettimi che non farà nessun lavoro da baby star, per favore!»

«Vorrei avesse un'infanzia normale, come l'abbiamo avuta noi; vorrei facesse l'università come te.»

«Vorrei seguisse i suoi sogni, come hai fatto tu. Anche se ha tutto il mondo contro.»

«Questo è quello che dobbiamo insegnare a nostro figlio.»

E' nel momento in cui pronuncia nostro figlio che ci rendiamo conto di quanto sia assurdo tutto il discorso fatto, che realizziamo di essere due donne che per quanto si stringano e si desiderino non potranno mai concepire un figlio che abbia la mia carnagione olivastra e i suoi occhi azzurri e allora scivoliamo ai lati opposti della vasca da bagno. Passano nella mia testa tutti gli insegnamenti cattolici ereditati dai miei genitori e dalle catechiste e da Suor Rosa e dalle ore di religione a scuola e passano le immagini dei dibattiti politici che sono a favore e di quelli che lo giudicano un abominio e di famiglie diverse e di violenza su ciò che è diverso e tutti quei discorsi su quello che è diverso e quello che è normale. Ritorna potente il domandarmi quello che siamo e so che anche lei se lo sta domandando, ma evitiamo i nostri sguardi e i nostri corpi riescono a non sfiorarsi nonostante immersi in così poco spazio. Siamo cadute in errore, è stato un errore, siamo un errore? Posso sentire la razionalità ferirmi, posso sentire la voglia di fuggire assalirmi e so che se fuggissi lei non mi fermerebbe perché capirebbe; fuggirebbe anche lei, lei che sta cercando di dare una definizione all'addizione che insieme creiamo.

Sento che la paura fuoriesce dai miei occhi e mi paralizza appannando i suoi movimenti che nuotano verso di me e mi cingono. Mi accarezza il volto sussurrandomi di stare calma, mi stringo a lei, la bacio e mi bacia fissandoci con occhi grandi che trovano respiro gli uni negli altri. Continuiamo a baciarci perché siamo a casa e perché se potessimo questa notte noi un figlio insieme lo faremmo, ma non ce lo diciamo e continuiamo a stringerci.

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Foto di Yaroslav Shuraev da Pexels

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