Capitolo 8

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E' quasi l'alba. Le luci del cielo stanno cambiando, il sole sta crescendo e ferisce i nostri volti sdraiati sullo stesso cuscino che lo guardano senza proferire parola. Le mie braccia sono avvolte attorno al suo corpo, il mio capo bacia il suo collo e le sue labbra sono fra i miei capelli.

La notte sta diventando fredda e i nostri anelli sembrano perdere la brillantezza di sole poche ore prima. Mentre il sole cresce, io chiudo gli occhi stringendomi più fortemente a lei. Leonard Cohen e Tracy Chapman continuano a pregare per noi e Monet ci dipinge ancora affacciate sul ponte giapponese a contemplare le ninfee, eppure tutto comincia ad assumere una piega irreale.

«Mi sembra di non aver mai vissuto prima di stanotte.» le rivelo sottovoce baciandole l'anulare, dove ancora resiste la fede nuziale.

Col pollice e l'indice solleva il mento per baciarmi «Ordiniamo la colazione, vuoi?» Si protende verso il comodino al lato del letto e stringendo la cornetta tra la spalla e l'orecchio ordina una colazione abbondante con succo d'arancia fresco e uova e tè e caffè e fette biscottate e pane e marmellata e croissants da portare nella stanza centocinque.

«Sei affamata!»

«Lo sarebbe chiunque dopo la prima notte di matrimonio, no?» Ride riagganciando la cornetta e poi scivola di nuovo a baciarmi con tenerezza «Mi sembra di essere la protagonista di un film; mi sento così ogni volta che ci vediamo, come se la vita potesse avere veramente la magia dei film. Forse è per questo che ho sempre voluto fare l'attrice, per poter illudermi che quella magia fosse reale.»

«Noi siamo reali.»

«Finché non usciremo da quella porta.»

«Potremmo esserlo anche una volta fuori da questa stanza.» Alza lo sguardo al soffitto bianco e il suo capo oscilla in un no senza voce mentre l'alba cresce e noi sembriamo più lontane ad ogni centimetro che il sole invade nella stanza centocinque.

Bussano alla porta e lei ha fretta di alzarsi dal letto, si aggiusta prima l'accappatoio poi i capelli prima di scomparire dietro l'angolo dove la sento sorridere al cameriere che trascina il carrello della colazione davanti al letto, dove si ferma a guardare me lì distesa e guardare lei che è in piedi accanto alla parete, prima di congedarsi con un misto di malizia e imbarazzo che colora il suo volto appena sbarbato.

Lei si siede al tavolino e si versa una tazza di caffè. Non mi guarda neanche quando mi siedo di fronte e prendo la zuccheriera dalle sue mani. Raccoglie i capelli in un'unica ciocca che si sistema a lato, tiene gli occhi bassi sulla tazza di caffè e sul croissant al cioccolato. Le sue mani e le sue gambe sono attente a non incontrare le mie. E' distante come quelle dive del cinema, come quei personaggi famosi che sembrano inarrivabili, come quei sogni che svaniscono al mattino.

Noto la sua fede nuziale accanto alla zuccheriera e la mia si sta sciogliendo fra le mani. Il sole è nel cielo e il mondo è entrato nella stanza centocinque.

Mi sfilo la fede nuziale e allontano lo sguardo da lei.

C'è il sole fuori: siamo state svegliate.  

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Foto di Polina Tankilevitch da Pexels

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