Ade E Persefone

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!!! Istruzioni!!!
Chiunque può leggere questa storia, senza limitazioni.

Contesto del what if: una riproposizione del mito di Ade e Persefone. I personaggi nei dialoghi conservano i loro nomi americani, mentre nella narrazione quelli propri della cultura classica.
Non serve conoscere già il mito in quanto mi sforzo di rendere la storia comprensibile anche a chi non è pratico di mitologia greca.

Nel caso ci dovessero essere problemi o incomprensioni sono sempre a disposizione!

Personaggi: Ade/Ian, Persefone/Alexa, Ermes/Brian

Ci sono veramente tante versioni di questo mito e nonostante i miei studi e le mie ricerche alcuni dettagli potrebbero non essere esatti. Vi ricordo che il mio intento non è quello di fare un trattato sulla cultura classica, ma di darvi un what if carino sulla vostra ship preferita.
La storia, come nel capitolo precedente, verrà modificata dal carattere dei protagonisti e dalle esigenze narrative.

Questo è tutto, buona lettura~

Il caldo afoso aveva costretto le fanciulle a interrompere la passeggiata nella radura per ritirarsi sulla riva del fiume. Persefone osservava in silenzio le ninfe giocare tra le acque cristalline, rannicchiata in modo da abbracciarsi le ginocchia.
Apprezzava l'allegria delle figlie di Oceano e le piaceva notare come i loro corpi fendevano le onde, con la grazia propria di quelle creature marine.
Alcune volte il loro incontenibile entusiasmo esplodeva in una scarica di schizzi impazziti, per questo la dea preferiva restare in disparte, bagnando appena le punte dei piedi.
Le risate delle fanciulle riuscivano a lenire in parte lo sconforto che covava dentro, tenuto nascosto a sua madre, la divina Demetra, come un vergognoso segreto.
Da quando lo ricordava, Persefone era sempre stata segregata in quel posto, per volere della stessa madre, saggia senza dubbio, ma terribilmente apprensiva. Viveva in una gabbia splendida, circondata dai migliori frutti che la natura potesse partorire.
Gli alberi erano sempre rigogliosi, come i prati, il bosco poco distante, il ruscello vitale e i campi per il raccolto. Il suo intero mondo era presieduto dalla somma madre dispensatrice, che accudiva le sue creature con tutto l'amore di cui era in possesso.
La dea dell'agricoltura era di sicuro una genitrice premurosa e caritatevole, ma tendeva a trattare sua figlia come parte della vegetazione del suo fiorente regno.

-Oh, Alexa, perché non ci fai compagnia in acqua?- esclamò una delle sorelle, Calliroe.
-Non oggi, figlia del mare- le rispose educatamente, cercando di non ferire il suo fragile umore, mutevole come l'elemento naturale che le dava vita.
-Avanti! Non essere la solita musona!- la frase scatenò le risate limpide delle altre.
Sarebbe piaciuto molto a Persefone ridere insieme a loro, ma non riusciva a lasciare andare il senso di profondo sconforto che la animava. Si sentiva spesso a disagio in compagnia delle dolci ninfe Oceanine, si ritrovava spesso ad invidiare la loro spensieratezza. Non condivideva nulla con loro se non la terra natia, il luogo da cui non poteva scappare.
Alcune volte si soffermava ad osservare i loro corpi minuti, leggeri come foglie, e si chiedeva perché lei fosse diversa, perché anche lei non possedesse quei lineamenti dolci e raffinati delle ninfe.
I loro capelli diventavano di seta una volta immersi in acqua, facendo risaltare il loro color rame.
Sua madre invece le aveva donato i capelli scuri come la terra fertile che coltivava, ed erano lunghi e spessi come i rami di una quercia.

All'improvviso scomparvero tutte, richiamate dalle profondità dell'abisso. La loro compagnia non era mai duratura, spesso si ricongiungevano con la loro natura marina, seguendo le correnti impetuose.
Persefone si ritrovò immersa nella sua solitudine, a guardare la superficie dell'acqua incresparsi sotto il tocco del vento.
Non le rimaneva altro che attendere il ritorno delle ninfe, o tornare dalla divina Demetra, solitamente occupata nella cura della vegetazione.
Quasi per ripicca iniziò a strappare l'erba rigogliosa che la circondava, afferrando ogni piccolo filo che le si impigliava tra le dita.
La perfezione di quel posto la opprimeva, si sentiva l'unico elemento sbagliato di quel dolce quadro idilliaco.

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